Handbook_Volume III

69 1. Aspetti Generali interesse che renderà l’iter di valutazione del donatore di CSE specifico ed esaustivo. Nella pratica clinica, la mobilizzazione con la sola somministrazione di G-CSF alla dose di 10μg/Kg/die per 5 giorni consecutivi, consente di ottenere un’adeguata mobilizzazione e raccolta di CSE nella quasi totalità dei donatori sani (30). La fallita mobilizzazione e raccolta di un numero non adeguato di CSE nel donatore familiare o da registro rappresenta, per quanto rara, una severa criticità per il ricevente sottoposto a trapianto allogenico. Il donatore poor mobilizer vero esiste, rappresenta circa il 2% delle casistiche ed un fattore genetico alla mancata risposta al G-CSF può avere un ruolo (31). Dal 5 al 10% dei donatori sani (a seconda del target atteso) non raggiunge inoltre la dose richiesta per la procedura trapiantologica. Nel contesto allogenico non esistono algoritmi condivisi come nel setting autologo per la previsione di una cattiva mobilizzazione anche se ampie casistiche evidenziano alcuni possibili fattori associati come l’età avanzata, il sesso femminile, il basso peso corporeo e la conta di WBC o PLT bassa al baseline (32). Al fine di poter prevedere l’efficace mobilizzazione di CSE nel donatore, la determinazione delle CD34+ basali prima della stimolazione con G-CSF, può rappresentare un utile strumento in tal senso. Lo studio prospettico osservazionale condotto da Martino M. et al. su 128 donatori familiari consecutivi, ha infatti evidenziato la possibilità di predire la mobilizzazione come variabile indipendente (33). GITMO in accordo con le società scientifiche del mondo trasfusionale (SIDEM, SIMTI), con IBMDR e con l’autorità competente (CNT/CNS) ha stilato una procedura operativa relativa all’ impiego di plerixafor “in salvataggio” (34). Viene definita come fallita mobilizzazione di CSE nel donatore la presenza di un numero di CD34+ circolanti su sangue periferico in 5^ giornata di stimolazione granulocitaria inferiore a 20/μL oppure la raccolta aferetica valutata dopo la prima seduta aferetica inferiore a 2.0 x106/kg peso del ricevente. Nel caso di donatore familiare inserito in protocolli/programmi trapianto che richiedano una dose più elevata di CD34+ (superiori a 5x106/kg) la fallita mobilizzazione può essere inoltre determinata dalla presenza di un numero di CD34+ circolanti su sangue periferico in 4^ giornata di stimolazione granulocitaria inferiori a 20μL. 6. Leucaferesi La raccolta di CSE periferiche per un programma trapianto autologo o allogenico è un processo ben stabilito (35). La durata di ogni singola procedura aferetica non dovrebbe superare le 4 ore ed il numero totale di sedute leucaferetiche non dovrebbe mai superare le 3 procedure. La raccolta di CSE si è dimostrata più efficace quando si processano larghi volumi (4.0 / 5.0) soprattutto nei pazienti con alto rischio di fallire mobilizzazione e raccolta ed in quelli con alti target di raccolta richiesti. I pazienti vengono collegati al separatore cellulare tramite accessi vascolari con una via di prelievo, dedita a portare il sangue dal paziente al separatore, e una via di ritorno. Il sangue raccolto viene centrifugato e, formato il buffy coat, vengono sottratte le sole CSE. I restanti componenti del sangue vengono restituiti al paziente attraverso la via di ritorno. Questa seconda via può essere utilizzata per la somministrazione di liquidi, elettroliti ed eventualmente emocomponenti e farmaci. 7. Gestione degli accessi vascolari Il successo di una procedura aferetica dipende anche dalla disponibilità di adeguati accessi vascolari che garantiscano un elevato e costante flusso ematico (3070ml/min) (36). Sono quindi necessari ottimi accessi venosi. In caso di accesso periferico si procederà ad incannulare grosse vene del braccio (cefalica o basilica) con ago cannule corte della grandezza di almeno 16 gauge, eventualmente con guida ecografica. Va ricordato che l'anatomia e le dimensioni delle vene possono variare da individuo a individuo. Gli accessi periferici sono da preferire, ma se ciò non fosse possibile sarà necessario posizionare un catetere venoso centrale. Generalmente, per limitare le complicanze dovute al posizionamento, verrà posizionato in vena femorale un dispositivo a doppio lume in modo da garantire una via per il prelievo e una via per il ritorno. Di seguito la flow-chart organizzativa per la gestione del donatore non mobilizzante

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