Handbook_Volume III

67 1. Aspetti Generali raccomandata è quella di filgrastim 10µg/kg die per 4-6 giorni consecutivi (4). La disponibilità del biosimilare del G-CSF, con profilo di sicurezza ed efficacia dimostrato in numerosi studi (5-6), ha portato alla sua approvazione da parte di EMA ed AIFA anche nel contesto della mobilizzazione di CSE. Anche il Peg-filgrastim ha dimostrato una cinetica di mobilizzazione prevedibile e giorni di aferesi paragonabili al G-CSF (7) ma non può essere impiegato nel contesto della mobilizzazione steady state. I maggiori vantaggi di una mobilizzazione senza l’uso della chemioterapia sono la relativa bassa tossicità, la somministrazione domiciliare del farmaco, la predittività della raccolta ed i costi ospedalieri ridotti. Il plerixafor è un antagonista selettivo reversibile del recettore CXCR4; agisce bloccando il legame del suo legando SDF-1 incrementando così il rilascio di CD34+ nel sangue periferico in combinazione con il G-CSF al dosaggio di 10µg/kg/die (8). L’utilizzo del plerixafor “on demand” è approvato nei pazienti “poor mobilizer” secondo position paper EBMT (9) e permette una predittività del picco di CD34+ circolanti (circa 6 ore dopo la somministrazione) riducendo così le fallite mobilizzazioni rispetto all’utilizzo del G-CSF da solo. Esistono (10) studi prospettici che abbiano comparato costo-efficacia di schemi di mobilizzazione chemo-free con utilizzo di G-CSF e plerixafor on demand verso schemi di mobilizzazione con chemioterapia. Nel contesto del mieloma multiplo un’esperienza multicentrica Italiana (11) ha valutato prospetticamente 20 pazienti mobilizzati con G-CSF e plerixafor on demand verso un braccio di confronto retrospettivo di 30 pazienti con medesime caratteristiche mobilizzato con ciclofosfamide (CY) 4g/mq. Obiettivo dello studio era il successo di mobilizzazione valutato come numero di CD34+ raccolte ≥4x106/kg per paziente. Lo studio non ha dimostrato differenze significative tra i due schemi di mobilizzazione registrando un 93.3% di successi nel braccio CY verso il 90% del braccio G-CSF + plerixafor (p=0.36) anche se il braccio di pazienti mobilizzati con chemioterapia è risultato significativamente superiore nel raccogliere target ottimali (8x106/kg) rispetto a quello mobilizzato con strategia chemiofree (60% vs 15% con p=0.0003). • Mobilizzazione con chemioterapia Il maggior vantaggio nell’utilizzare la chemioterapia in mobilizzazione, al di là dell’efficacia nel controllo della malattia di base, consiste nell’aspettativa di raccolte maggiori con minor sedute aferetiche rispetto alla chemio-free. Lo svantaggio più significativo è la tossicità correlata alla chemioterapia, la necessità di una ospedalizzazione nella maggior parte dei casi, la tossicità midollare che può pregiudicare eventuali successive mobilizzazioni ed i maggior costi. Inoltre il picco di mobilizzazione non è esattamente prevedibile e richiede un monitoraggio giornaliero delle CD34+ contestualmente allo sblocco midollare post chemioterapia (12). Nei pazienti affetti da mieloma multiplo (MM), la terapia di mobilizzazione utilizzata e rappresentata dalla CY come regime stand-alone a dosaggi compresi tra 2 e 7 g/m (13). Per quanto sia descritto in letteratura che la CY sia associata a rese cellulari piu elevate, inferiori tassi di fallimento e migliore cinetica di attecchimento, allo stesso tempo e responsabile di maggiore tossicita, neutropenia febbrile, fabbisogno trasfusionale, ospedalizzazioni e quindi costi piu elevati rispetto alla mobilizzazione chemofree con G-CSF (14); inoltre, sebbene la chemo-mobilizzazione favorisca il passaggio nel sangue periferico di un piu alto numero di cellule CD34+ rispetto al solo G-CSF, a questo non segue un outcome migliore per il paziente e tantomeno e stata dimostrata una significativamente maggiore percentuale di risposta (15-17). Sebbene la mobilizzazione delle cellule staminali in pazienti con linfoma, soprattutto in recidiva, sia ampiamente diffusa, le strategie terapeutiche utilizzate non sono standardizzate; ne risulta una significativa variazione tra i centri. I regimi di mobilizzazione piu diffusi, possono essere distinti in: protocolli contenenti Platino (e.g. DHAP, ESHAP, ICE); protocolli con Citarabina (senza -Platino, ma con Citarabina da sola e/o in combinazione con Methotrexate, Antracicline, Ciclofosfamide); regimi con Ifosfamide (in combinazione con Gemcitabina, Antracicline, Methotrexate, Etoposide ma senza – Platino e Citarabina); alte dosi di Ciclofosfamide da sola. Infine, nelle malattie autoimmuni il regime di mobilizzazione raccomandato dall'EBMT, e la Ciclofosfamide (2-4 g/m2), seguita dalla somministrazione di G-CSF (5-10 μg/kg). • I poor mobilizer Nonostante la maggiorparte dei pazienti sia in grado di mobilizzare e raccogliere un numero sufficiente di CD34+ per almeno una singola procedura trapiantologica, approssimativamente il 15% fallisce la mobilizzazione e viene definito “poor mobilizer”. Il poor mobilizer è definito come il paziente con una raccolta di CSE inferiore a 2x106/kg di CD34+ oppure quello che mobilizza meno di 10-20 cellule per microlitro (18). Alcune caratteristiche dei pazienti identificabili nella fase di pre-mobilizzazione, sono state spesso associate ad un piu alto rischio di fallimento soprattutto in soggetti con malattie linfoproliferative. Alcuni di questi fattori sono indicati come predittivi di scarsa mobilizzazione: espo-

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