Handbook_Volume III

199 3. Terapie di supporto del ricevente [13]. Il donatore deve rilasciare il proprio consenso informato alla donazione mediante aferesi stimolata con steroide o steroide + fattore di crescita Il donatore di granulociti che riceve fattore di crescita deve essere sottoposto a work up secondo il protocollo previsto per i donatori di cellule staminali emopoietiche periferiche e al successivo follow up. [14, 15] Le donazioni successive alla prima dovrebbero essere effettuate a distanza di 2-4 giorni, allo scopo di somministrare la terapia di stimolazione dopo la normalizzazione della leucometria. Le trasfusioni di granulociti trovano indicazione come terapia di supporto in pazienti neutropenici con infezioni fungine attive ad alto rischio in corso di trapianto allogenico o candidati al trapianto allogenico, che altrimenti sarebbero esclusi dal programma trapiantologico [3]. La dose terapeutica di granulociti è ≥0,6×109 granulociti/kg del ricevente per trasfusione. Prima della trasfusione l’unità di granulocitoaferese deve mandatoriamente essere irradiata alla dose di 25-50 Gy Trattandosi di un emocomponente estremamente labile e sensibile alle basse temperature che ne determinano alterazione dell’adesività alle superfici e degranulazione precoce, la trasfusione dell’unità di granulocitoaferesi dovrebbe avvenire entro 6 ore dalla donazione, a temperatura ambiente ed entro 2 ore dall’avvenuta irradiazione. La conservazione temporanea e il trasporto devono avvenire a temperatura non refrigerata (ottimale 20°C, comunque non < 10°C). All’infusione si possono manifestare effetti collaterali dovuti alla degranulazione cellulare: febbre, brividi, reazioni polmonari [3]. La trasfusione di granulociti espone il paziente ad alloimmunizzazione verso antigeni leucocitari, che potrebbero contribuire allo sviluppo di refrattarietà piastrinica di natura immunologica o al fallimento del trapianto di cellule staminali, in particolare se il donatore di granulociti è un familiare e condivide con il ricevente antigeni HLA, potenzialmente in comune anche con il donatore di cellule staminali emopoietiche, sia esso familiare o non familiare. 3. Irradiazione emocomponenti e prevenzione della TA-GVHD La Graft Versus Host Disease associata alla Trasfusione (Ta-GvHD) è una rara complicanza della trasfusione di emocomponenti sostenuta da linfociti T vitali presenti nell’unità di prodotti cellulari e di origine del donatore di sangue, capaci di montare una risposta immunitaria verso antigeni tissutali del ricevente [16]. Clinicamente presenta manifestazioni cliniche molto simili a quelle della GvHD (febbre, eruzione cutanea, diarrea, anomalie della funzionalità epatica) cui si aggiunge frequentemente pancitopenia. Poiché la mortalità è elevata (>90%), la prevenzione della ta-GvHD è fondamentale [3, 16]. Attaulmente la sola strategia di prevenzione della TE-GVHD è l’irradiazione degli emocomponenti, allo scopo di impedire la replicazione dei linfociti T eventualmente presenti nell’unità dopo filtrazione [4] Per la sicurezza del ricevente la dose di raggi gamma erogati deve essere compresa tra 25 Gy e 50 Gy [3, 4]. Non c'è consenso sulla durata dell'uso di emoderivati​ irradiati nei trapiantati. La pratica standard è la seguente [3]: • nel trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche: assegnare emocomponenti irradiati al più tardi nelle 2 settimane precedenti la raccolta delle cellule staminali emopoietiche (se non già prescritti per patologia) e proseguire con la trasfusione di emocomponenti irradiati fino ad almeno 3-6 mesi dopo il trapianto, sulla base della ricostituzione immunologica e sulla base della policy del centro • nel trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche: assegnare emocomponenti irradiati al più tardi all’inizio del condizionamento (se non già prescritti per patologia) e proseguire con la trasfusione di emocomponenti irradiati fino ad almeno 6-12 mesi dopo il trapianto, sulla base della ricostituzione immunologica e sulla base della policy del centro Tuttavia, alcuni centri raccomandano l'uso a vita dei prodotti irradiati poiché è difficile confermare la ricostituzione immunologica completa e sostenuta [3]. 4. Filtrazione emocomponenti e prevenzione della TT-CMV Il rischio più elevato di trasmissione di CMV attraverso la trasfusione (TT-CMV) è a carico di riceventi di HSCT il cui donatore è anch’esso CMV-negativo [3, 17]. Il rischio di TT-CMV può essere ridotto trasfondendo emocomponenti leucodepleti (ovvero con un contenuto di leucociti residui per unità <1 × 106 leucociti residui per unità, secondo la normativa e standard di medicina trasfusionale [4, 13] o mediante trasfusione di emocomponenti ottenuti da donatori sieronegativi per CMV [3, 18]. Tuttavia, non è chiaro se l'uso di prodotti sia a ridotto contenuto di leucociti che sieronegativi, riduca ulteriormente il rischio di TT-CMV [3, 19] Non vi è consenso sul tempo che deve intercorrere dopo il trapianto per considerare non più necessario trasfondere emocomponenti “CMV-safe”: la pratica attuale va da 100 giorni dopo il trapianto fino a tutta la vita (o fino alla sieroconversione per CMV) [19]. 5. Terapia trasfusionale nel trapianto di cellule staminali emopoietiche 5.1. Trapianto autologo Il paziente candidato a trapianto autologo deve ricevere emocomponenti irradiati e leucodepleti al più tardi a partire dalle 2 settimane precedenti la raccolta di cellule staminali emopoietiche. Se per patologia o per stato di profonda immunosoppressione documentato, o per terapia in corso con farmaci fortemente immunosoppressivi, il paziente

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