Handbook_Volume III

182 Le due procedure antinfettive che hanno impattato principalmente sul rischio e sulla prognosi delle infezioni sono state la profilassi e la terapia antibiotica empirica (4-6). In questo articolo verranno illustrati i fondamentali concetti di profilassi antibatterica, antifungina e antivirale nel trapianto di CSE con particolare attenzione alla evoluzione delle strategie di prevenzione antinfettiva alla luce dei cambiamenti epidemiologici che hanno caratterizzato le infezioni ospedaliere e comunitarie e grazie alla disponibilità di nuove molecole antimicrobiche. 2. La profilassi antibatterica nel trapianto di cellule staminali emopoietiche In considerazione dell’elevato rischio di infezioni batteriche, soprattutto durante la fase di grave neutropenia nelle fasi precoci post trapianto, negli anni sono stati adottati vari interventi volti alla riduzione del rischio infettivo quali l’isolamento dei pazienti, la decontaminazione intestinale, l’uso di fattori di crescita granulocitari e la somministrazione di antibiotici orali o endovenosi in profilassi. Alla luce di numerosi studi l’uso della profilassi antibiotica durante il periodo di neutropenia durante la fase di attecchimento ha rappresentato per decenni lo standard in molti centri ematologici. Il riconoscimento della correlazione tra neutropenia e aumentato rischio infettivo fin dagli anni ’60 (7) è stato di stimolo a numerosi trial clinici di profilassi antimicrobica (8). I primi studi di profilassi delle infezioni degli anni ’70, riconoscendo l’importanza dell’intestino quale porta di ingresso per gran parte dei patogeni batterici, hanno riguardato l’uso di antibiotici orali non assorbibili (quali polimixine, gentamicina, vancomicina, neomicina, paronomicina) al fine di decontaminare l’intestino dai microrganismi potenzialmente patogeni. Tali studi e la successiva esperienza nella “real life” hanno dimostrato una variabile efficacia di questo modello di profilassi, tuttavia con vari problemi di intolleranza e scarsa compliance oltre al rischio di ri-colonizzazione intestinale da parte di patogeni multiresistenti causa di gravi e difficilmente trattabili infezioni (9,10). Vari studi effettuati negli anni ’70 e ’80 hanno valutato l’impiego del trimetroprim-sulfametossazolo (TMP-SMX) in alternativa alla decontaminazione intestinale con antibiotici non assorbibili ipotizzando un effetto più equilibrato sulla flora intestinale e vantaggi derivanti dall’assorbimento intestinale del farmaco con conseguente attività antibatterica di tipo sistemico (11). L’uso del TMP-SMX, inizialmente promettente anche nella popolazione pediatrica, è stato tuttavia abbandonato dopo pochi anni a causa di varie problematiche tra cui l’emergenza di germi resistenti, alcuni fenomeni di ipersensibilità e tossicità quale la mielosoppressione durante la fase di attecchimento. Tuttavia, il vero motivo dell’abbandono dell’uso del TMP-SMX è derivato dall’avvento degli antibiotici fluorochinoloni (FC) che, fin dalle prime esperienze, hanno mostrato vantaggi in termini di efficacia e tollerabilità. Il contributo dei ricercatori italiani nello studio della profilassi con FC in corso di neutropenia è stato importante (12-17). Una meta-analisi pubblicata nel 2012 ha analizzato 109 studi pubblicati tra il 1973 e il 2010 (18). Quando comparata con il placebo o il non intervento la profilassi antibatterica (soprattutto impiegando un FC) era in grado di ridurre gli episodi febbrili, le infezioni clinicamente documentate, le infezioni microbiologicamente documentate e il rischio di morte per qualsiasi causa e per causa infettiva. Gli autori concludevano con la raccomandazione all’impiego di un FC in profilassi nei pazienti neutropenici. Un gruppo di esperti, in rappresentanza delle principali società scientifiche europee (ECIL, EBMT, EORTC, ICHS, ELN), ha valutato nel 2018 la validità delle raccomandazioni 2005 dell’ECIL che confermavano l’indicazione all’uso della profilassi con FC in pazienti neutropenici ad alto rischio alla luce dell’emergenza dei batteri MDR (19,20). Lo studio si basava su una valutazione meta-analitica degli studi pubblicati dal 2006 al 2014. In particolare è stato valutato l’impatto della profilassi con FC sul rischio di colonizzazione e infezione da batteri resistenti. L’analisi di due studi randomizzati e 12 studi osservazionali confermava che la profilassi con FC non impattava sulla mortalità complessiva (Odds Ratio, 1,01) ma si associava a ridotto rischio di batteriemie (OR 0,57) e di episodi febbrili in corso di neutropenia (OR 0,32). Non è stato riscontrato alcun effetto della epidemiologia di germi resistenti ai FC sulla efficacia della profilassi anche se in alcuni studi è stato osservato un aumento di colonizzazione e infezione da germi resistenti ai FC o MDR. La più recente revisione sistematica pubblicata nel 2019 (21) ha considerato 113 studi di profilassi antibatterica in corso di neutropenia includendo studi pubblicati fino al 2018 (18). L’analisi confermava la capacità della profilassi con FC di dimezzare circa (rischio relativo 0,56) il rischio di batteriemie. La profilassi con FC non si associava con un aumento significativo delle infezioni da Clostridium difficile o da patogeni fungini ma i germi isolati in corso di profilassi con FC erano più frequentemente resistenti a tale classe di antibiotici rispetto al controllo (rischio relativo 3,35). La profilassi con FC non determinava una riduzione della mortalità anche valutando singole sottopopolazioni di pazienti. 2.1 Raccomandazioni sulla profilassi antibatterica alla luce del fenomeno delle multiresistenze agli antibiotici Le raccomandazioni delle Società Scientifiche Internazionali emanate negli ultimi 10 anni relativamente alla profilassi antibatterica in corso di neutropenia sono sintetizzate nella tabella 1 (22-29). In generale le linee guida americane (IDSA, ASCO, NCCN) ed europee (NICE, DGHO,ECIL) continuano a raccomandare l’uso della profilassi antibatterica con FC nei pazienti adulti con neutropenia grave (< 100 PMN/ mmc) e prolungata (> 7 gg), come i pazienti sottoposti a trapianto allogenico e autologo di CSE. Tutte le linee guida sottolineano l’importanza dell’attento monitoraggio delle resistenze ai FC e ad altre classi di antibiotici senza però indicare in maniera esplicita comportamenti alternativi di prevenzione antibatterica in caso di alta incidenza di resistenze. Questo atteggiamento pru-

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