Handbook_Volume III

57 1. Aspetti Generali La raccolta richiede pochi minuti e viene effettuata senza interferire con il fisiologico svolgimento del parto, dopo che il cordone ombelicale è stato reciso e dopo che il bambino è stato allontanato dal campo operativo, posto a contatto pelle a pelle con la mamma e affidato alle cure che gli sono dovute. La procedura di raccolta non comporta pertanto alcun rischio né per la madre né per il neonato e prevede il recupero in un’apposita sacca del sangue rimasto nel cordone ombelicale. La sacca e tutti i materiali utilizzati sono sterili e validati per l’uso specifico; le procedure attuate garantiscono il rispetto di elevati livelli di sicurezza e sono strettamente monitorate, come rappresentato nell’Allegato A-SCO [29]. Il sangue del cordone ombelicale contiene una percentuale significativa di cellule CD34+ (0,5-1%) ma dato lo scarso volume delle unità raccolte (30-100 mL) il numero assoluto di cellule nucleate totali (TNC) e di cellule staminali CD34+ in esso contenute può essere molto scarso. Secondo gli standard e la normativa attualmente in vigore l’unità raccolta è idonea al bancaggio se il contenuto in cellule nucleate totali è pari almeno a 160×107 TNC totali oppure tra 160 e 120×107 TNC con un contenuto di cellule CD34+ superiore a 2×106. Questo si verifica nel 5-7% delle unità raccolte, il che comporta che oltre il 90% delle unità raccolte non raggiunge la cellularità richiesta e non può essere utilizzata a scopo di trapianto. Tale limite di cellularità è dovuto alla necessità di bancare e rendere disponibili per trapianto unità con elevata cellularità, per rispondere alle richieste dei Centri Trapianto che selezionano unità sia per pazienti in età pediatrica che pazienti in età adulta [31,32,49]. Il sangue del cordone ombelicale rappresenta una fonte preziosa di cellule staminali emopoietiche grazie alla relativa “immaturità” immunologica che consente di selezionare unità compatibili per il sistema HLA per un numero di antigeni più limitato di quanto sia necessario per le CSE adulte ottenute da sangue midollare o da sangue periferico, ovvero per 6/6 o 5/6 antigeni HLA invece che 10/10 o 9/10 antigeni: questo aumenta la probabilità teorica di reperire unità compatibili per HLA con il ricevente, ma l’unità compatibile potrebbe non avere un contenuto cellulare adeguato al peso del ricevente. Questa relativa “immaturità” immunologica può correlare con la minor incidenza di GVHD nel ricevente, e questo è un vantaggio per il ricevente se il trapianto viene effettuato per malattia non neoplastica, ma allo stesso tempo con la più elevata probabilità di recidiva di malattia, se il trapianto viene effettuato per malattia neoplastica. Inoltre l’impossibilità di chiedere una seconda donazione o una donazione di linfociti per infusione di DLI (Donor Lymphocytes Infusion) può rendere questo prodotto cellulare meno appetibile per un Centro Trapianti, al di fuori di limitate e specifiche indicazioni cliniche [29,35,49]. 3. Aspetti assistenziali: relazione donatore-ricevente e tipo di trapianto A seconda della relazione esistente tra donatore e ricevente, indipendentemente dalla fonte di cellule staminali utilizzata, il trapianto di cellule staminali può essere così classificato: • Autologo: donatore e ricevente coincidono: il paziente è al tempo stesso donatore di cellule staminali emopoietiche e ricevente delle sue stesse cellule. Le cellule staminali emopoietiche raccolte vengono criopreservate, conservate in azoto per il tempo necessario, secondo il piano di cura del paziente e reinfuse in un momento successivo, quando il paziente completa il programma di cura con il trapianto autologo. In questo caso il termine “donatore” viene utilizzato con il significato di “donatore autologo”. • Allogenico: donatore e ricevente sono individui diversi, appartenenti alla stessa famiglia (donatore familiare) oppure no (donatore non familiare). In questo caso il grado di compatibilità immunologica è dato dallo studio dell’HLA. Nel caso di donatore familiare, a seconda del grado di compatibilità immunologica distinguiamo • Donatore familiare HLA identico (“sibling”) : è tale un fratello che abbia in comune con il ricevente entrambi gli aplotipi ereditati dai genitori. In questo caso si parla di compatibilità completa 10/10 • Donatore familiare singenico: è tale un fratello gemello omozigote, che ha ereditato dai genitori l’intero patrimonio genetico. Immunologicamente può essere considerato come una forma particolare di trapianto autologo perché il patrimonio genetico è del tutto identico, ma giuridicamente è un trapianto allogenico perché donatore e ricevente sono individui diversi • Donatore familiare aploidentico: è tale un familiare che condivide con il ricevente solo un aplotipo, mentre l’altro aplotipo è del tutto diverso. Può essere un fratello, un genitore, un figlio oppure un cugino se i genitori sono tra loro consanguinei e hanno a loro volta ereditato il medesimo aplotipo nella medesima linea familiare. In questo caso si parla di compatibilità al 50% o 5/10. Un donatore con HLA parzialmente identico, con alcuni antigeni comuni ed altri no (mis-match per 1, 2 o 3 antigeni) è sempre da considerarsi un donatore aploidentico, che risulta omozigote per gli antigeni comuni: gli aplotipi infatti vengono ereditati “in blocco” dai genitori. Nel caso di donatore NON familiare a seconda del grado Figure 1. SANGUE CORDONE OMBELICALE: Frequenza CD34+: 0.5- 1%

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