Handbook_Volume III

45 1. Aspetti Generali una sorgente di CSE che ha come vantaggi la pronta disponibilità e la possibilità di uso con minor livello di compatibilità grazie a un sistema immunitario vergine, che non avendo incontrato antigeni diversi dal self, determina un minor rschio di graft versus host disease (GvHD) nell’outcome trapiantologico. Di contro, questa fonte di CSE ha alcune caratteristiche che, nel tempo, ne hanno limitato in maniera crescente l’uso clinico. Tali svantaggi sono rappresentati principalmente dalla quantità limitata di CSE, causata dallo scarso volume che è possibile raccogliere, e alla impossibilità di ricorrere al donatore per ulteriori donazioni post trapianto. 1.2 Impatto dei mismatch HLA sull’outcome trapiantologico I geni HLA che hanno il maggior impatto sugli outcome trapiantologici hanno le seguenti caratteristiche: 1) sono espressi ad alti livelli (è il caso dei loci HLAA, B, C per la classe I e del DRB1 per la classe II), 2) hanno una elevata diversità allelica (geni con poche varianti alleliche hanno minor impatto), 3) contribuiscono maggiormente rispetto ad altri al legame dei peptidi derivanti dalle molecole HLA di classe II. [2] Dal punto di vista clinico i risultati delle analisi di registro degli ultimi anni hanno confermato che un singolo mismatch allelico o antigenico correla con peggiori risultati di outcome, nel trapianto da donatore volontario, caratterizzati da minore sopravvivenza globale e aumentata mortalità trapianto correlata e incidenza di GVHD. Inoltre, ogni incompatibilità aggiuntiva alla prima andrebbe evitata anche se espressa a livello del DQB1 così come i doppi mismatches in DRB3-4-5 o associati al DQB1. [3] In un ampio studio del CIBMTR che includeva pazienti con leucemia mieloide cronica non è stata evidenziata nessuna differenza nella overall survival se il mismatch HLA tra donatore e ricevente era in classe I o II [4]. Diversi studi indicano che il mismatch al locus DQB1 non è associato a un incremento della mortalità [5,6]. Tuttavia, in considerzione dell’alta priorità che si riserva al matching sul DRB1 e al forte linkage disequilibrium DRB1-DQB1, gli studi spesso non raggiungono la numerosità adeguata per evidenziare differenze statisticamente significative sul mismatch del DQB1. Ben documentato invece è il ruolo del/dei mismatch sul DPB1 [7] e l’indicazione condivisa è quella di selezionare, a parità di matching 10/10 o 9/10, i mismatch DPB1 considerati permissivi secondo l’algoritmo di Crivello et al. per ridurre il rischio di GvHD [8]. Nel 2019 il National Marrow Donor Program (NMDP) e il Center for International Blood and Marrow Transplant Research (CIBMTR) raccomandava di tipizzare ad alta risoluzione i potenziali donatori ai loci HLA-A, -B, -C, -DRB1, e -DPB1, tuttavia a partire dal 2021 il NMDP consiglia di includere nella tipizzazione anche i loci HLA-DQB1, -DRB3/4/5, -DQA1, and -DPA1 per ridurre il rischio di selezionare donatori nei confronti dei quali il paziente risulta sensibilizzato (anticorpi anti HLA) e di conseguenza per ridurre il rischio di graft failure [9]. Inoltre, alcune esperienze su dati da Registro identificano la disparità HLA-B associata a peggiore outcome soprattutto in termini di GvHD [10, 11]. Tuttavia, al momento non è chiaro quale mismatch tra i loci espressi a livelli alti (A, B, C, DRB1) sia da preferire rispetto a un altro tranne tre eccezioni:1) il mismatch allelico C*03:03 vs C*03:04, e 2) il mismatch allelico DRB1 14:01 vs 14:54; 3) paziente omozigote per un allele HLA versus donatore eterozigote sullo stesso locus e viceversa [12,13]. Relativamente alle unità di sangue placentare vale la pena sottolineare che a livello clinico è ormai noto come i risultati di outcome, anche utilizzando questa fonte di CSE, migliorino quanto più alta è la compatibilità del binomio donatore/ricevente a livello allelico, a parità di dose cellulare, soprattutto quando trattiamo patologie ematologiche neoplastiche. I migliori risultati in termini di non relapse mortality (NRM) a 100 giorni si ottengono per i trapianti allelicamente 8/8 compatibili (NRM=9%) a fronte di un 26% nei trapianti 6 o 7/8 matched e del 37%, 34% e 41% nei pazienti trapiantati con unità mismached su 3, 4 o 5 alleli, rispettivamente [14,15]. 1.3 Qual è il migliore donatore in assenza di un donatore HLA compatibile 10/10? In assenza di un donatore compatibile 10/10, consanguineo o volontario, la scelta del donatore alternativo da utilizzare dipende soprattutto dall’esperienza del centro. Studi multicentrici e da registro hanno infatti dimostrato la sovrapponibilità degli outcome trapiantologici utilizzando MMUD o donatori aploidentici [16, 17,]. Tuttavia un recente studio retrospettivo europeo che ha confrontato i risultati dei trapianti da MMUD con l’uso della ciclofosfamide post-trapianto con i risultati dei trapianti da sange placentare, ha riscontrato una più elevata mortalità trapiantologica nei riceventi di unità di sangue placentare 18]. Oltre all’esperienza del centro altre variabili che possono orientare la scelta del donatore alternativo sono la presenza nel paziente di anticorpi diretti con uno o più alleli HLA non compatibili con il donatore (anticorpi anti-HLA specifici contro il donatore, DSA) l’età del donatore, il matching di gruppo sanguigno con il paziente, la presenza o meno di anticorpi anti CMV della classe IgG, il sesso del binomio donatore/ricevente, la differenza di peso corporeo tra paziente e donatore (soprattutto in previsione di un espianto), la disponibilità del donatore alla donazione soltanto tramite aferesi o tramite espianto di midollo osseo. Tuttavia in un recente studio del CIBMTR ideato appositamente per valutare l’influenza delle caratteristiche del donatore sulla prognosi del trapianto, l’età del donatore è emersa come unica caratteristica associata alla sopravvivenza globale: per ogni incremento di 10 anni nell’età del donatore si assiste a un incremento del 5.5% del rischio di mortalità per il paziente [19]. Tale risultato conferma quanto precedentemente riportato

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