23 ti, costituendo nell’insieme un sistema di cooperazione unico a livello internazionale. • Il Trapianto ad intensità ridotta (NMA) Nel 1997, dal gruppo dell’MD Anderson di Houston venne riportata la prima positiva esperienza di trapianto allogenico impiegando un condizionamento non mieloablativo (NMA), che, pur permettendo una ricostituzione ematopoietica totalmente chimerica, non fosse gravato da una tossicità eccessiva e mantenesse comunque l’effetto di immunoterapia cellulare (GVL) esercitato dai linfociti del donatore [60].Si offriva così la possibilità di applicazione del trapianto anche ad una elevata proporzione di pazienti di età avanzata o affetti da comorbidità. A seguito di questa nuova politica trapiantologica, la variabilità dei regimi di condizionamento è stata tale che nel 2009 si sentirà l’esigenza di trovare un consensus sulla definizione di un regime di condizionamento in base alla sua intensità [61]. • Il Trapianto Aploidentico E’ alle ricerche di Reisner et al. che si devono i primi tentativi di trapianto HLA incompatibile mediante deplezione linfocitaria con abolizione del rischio di GVHD [62]. I principi derivati da queste ricerche trovarono sistematica applicazione clinica presso il Centro di Perugia, che, particolarmente impegnato nel settore del trapianto T-depleto, nel 1998 sul NEJM riporta la propria, positiva esperienza relativa al trapianto aploidentico in 43 pazienti leucemici [63].Da tale esperienza deriveranno numerose e importanti implicazioni biologiche, come la definizione di caratteristiche, funzione e ruolo delle cellule NK post trapianto [64], mentre, sul piano clinico, considerato che la grande maggioranza dei pazienti dispone di un donatore aploidentico familiare, la prospettiva che il trapianto allogenico fosse possibile anche al di là della barriera dell’incompatibilità HLA è stata un’ulteriore apertura verso la sua estensiva applicazione. Tuttavia, una serie di problematiche, tra cui non ultima la disponibilità di laboratori in grado di applicare sofisticate procedure di manipolazione cellulare, hanno limitato la diffusione di questa pratica presso altri Centri. La pratica del trapianto aploidentico si è ampiamente estesa dopo che altri gruppi hanno pubblicato le prime promettenti esperienze di procedura trapiantologica non includente la T-deplezione [65, 66, 67], tra queste quella che prevede l’uso della CTX post-trapianto secondo quanto proposto dal gruppo di Baltimora è divenuta pratica corrente nel trapianto aploidentico T-repleto. Dal 2010 a Oggi L’ultimo decennio di questa Storia è sotto i nostri occhi in uno sviluppo che si presenta altrettanto ricco e forse ancor più tumultuoso rispetto ai decenni precedenti. Possiamo limitarci ad indicare solo le linee essenziali del suo divenire: • Profilassi dell’infezione da Citomegalovirus La dimostrata efficacia del Letermovir per la profilassi dell’infezione da citomegalovirus post-trapianto [68] indurrà a modificare in modo radicale la strategia trapiantologica in termini di monitoraggio e gestione terapeutica antinfettiva, politica di selezione del donatore, disegno di uno studio prospettico, analisi dei risultati. • Effetti del Trapianto Aploidentico Nel campo del trapianto aploidentico, altri sistemi di selezione cellulare sono stati introdotti, che, senza perdere l’effetto GVL, sono in grado di prevenire efficacemente l’insorgenza della GVHD [69, 70], mentre si è assistito ad una ancor più frequente applicazione del trapianto aploidentico T-repleto con uso o meno della CTX post-trapianto [71, 72, 73]. Pertanto, la pratica sempre più diffusa del trapianto aploidentico ha comportato una serie di problematiche, che rimangono tuttora in sospeso: 1. Ad esclusione del Giappone, nel resto del mondo il trapianto aploidentico ha significativamente ridotto, ma non escluso, l’impiego del sangue di cordone ombelicale come fonte di CSE. Questa evidenza comporta, oltre ad una modifica, già in atto, degli algoritmi di scelta trapiantologica, una seria problematica di natura economico-sanitaria per quanto riguarda la pratica di raccolta del sangue placentare, lo sviluppo e mantenimento delle Banche di unità cordonali. 2. Tutte le analisi di comparazione, sia unicentriche che da Registro, del trapianto aploidentico con le altre modalità trapiantologiche, donatore familiare HLA identico o non correlato, concordano generalmente per una equivalenza dei risultati. Conseguentemente, questo induce a ripensare i criteri di scelta del donatore non più necessariamente basati sulla compatibilità HLA. • Le Nuove Terapie L’introduzione dei farmaci biologici, della terapia target e degli studi molecolari della malattia, unitamente alla esuberante proposta dell’armamentario terapeutico oggi disponibile e in continuo arricchimento, determina che l’indicazione al TCSE vada ridefinita per ogni singola patologia e per la sua fase. Il trapianto non potrà più essere inserito nella storia clinica del paziente senza in prospettiva tener conto, a partire dalla diagnosi, del suo percorso terapeutico pre-trapianto e della eventuale strategia di trattamento post trapianto. • L’Immunoterapia Cellulare Il panorama è divenuto ancor più complicato di fronte all’emergere prepotente della immunoterapia cellulare (CAR-T, CAR-CIK, CAR-NK). I risultati che vanno rapidamente accumulandosi con i costi ad essa correlati sono tali che, già da oggi, richiedono responsabilmente un grande sforzo di cooperazione multicentrica, con il quale siano definite per patologia e fase di malattia le indicazioni di trattamento secondo una visione e un disegno di confronto e di combinazione tra immunoterapia cellulare e TCSE. ……….e la Storia del Trapianto continua ! 1. Aspetti Generali
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