Handbook_Volume III

185 3. Terapie di supporto Gli autori concludono nel sottolineare come la profilassi con FC sia ancora in grado di ridurre il rischio infettivo e la mortalità nei pazienti con leucemia acuta o altre emopatie maligne in trattamento con chemioterapia intensiva ad alte dosi, mentre i dati nel trapianto di cellule staminali sono meno chiari. In particolare se ancora si osserva un effetto favorevole della profilassi sulla incidenza di sepsi da Gram negativi nel trapianto autologo di cellule staminali questo non è rilevante nel trapianto allogenico nel quale addirittura sembra esservi una tendenza ad un maggiore rischio infettivo nei pazienti in profilassi con FC. Altri due studi americani nel trapianto autologo di cellule staminali effettuati tra il 2013 e il 2016 il primo e nel 2016 il secondo mostravano efficacia della profilassi con levofloxacina nel ridurre l’incidenza di batteriemie (soprattutto da bacilli Gram negativi), febbre in corso di neutropenia e infezioni gravi (35,35). L’unico studio randomizzato di fare 3 di profilassi antibatterica in corso di neutropenia pubblicato nell’ultimo decennio è stato condotto in ambito pediatrico dal Children’s Oncology Group canadese tra il 2011 e il 2016 (36). Complessivamente 624 pazienti, 200 sottoposti a chemioterapia intensiva per leucemia acuta e 424 a trapianto di CSE, sono stati randomizzati a profilassi con levofloxacina verso non profilassi. L’obiettivo primario era l’insorgenza di batteriemie durante i primi due cicli di chemioterapia o dopo trapianto di cellule staminali. Gli obiettivi secondari includevano l’insorgenza della febbre durante la neutropenia, le infezioni gravi, le infezioni fungine, la diarrea associata a Clostridium difficile e la tossicità muscoloscheletrica. Nei pazienti con leucemia acuta la probabilità di sviluppare una batteriemia era inferiore significativamente nel gruppo levofloxacina rispetto al gruppo di controllo (21.9% vs 43.4%; differenza di rischio, 21.6%; 95%CI, 8.8%-34.4%, P = .001). Al contrario, nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali non vi era differenza significativa tra i due gruppi (11.0%vs 17.3%; differenza di rischio, 6.3%; 95%CI, 0.3%-13.0%;P = .06). Il dato del trapianto era sostenuto principalmente dai pazienti sottoposti a trapianto allogenico numericamente prevalenti. Riguardo gli obiettivi secondari, la febbre in corso di neutropenia era meno frequente nel gruppo levofloxacina (71.2% vs 82.1%; P = .002), non vi erano differenze nel rischio di infezioni gravi, infezioni fungine, diarrea da Clostridium difficile e tossicità muscoloscheletrica. I risultati di questi ultimi studi sembrano offrire alcuni strumenti per una interpretazione pragmatica del ruolo della profilassi con FC in questa era di microrganismi resistenti. Le esperienze degli ultimi anni mostrano come l’efficacia della profilassi batterica dipenda dalla fase di malattia del paziente. Queste esperienze sono concordi nel mostrare che la profilassi con FC è ancora in grado di offrire dei vantaggi in termini di riduzione delle infezioni, forse anche in termini di sopravvivenza, nelle fasi precoci di trattamento come nei pazienti con leucemia acuta all’esordio in terapia di induzione. Questi vantaggi vengono a perdersi nel trapianto allogenico di cellule staminali e permangono in parte nel trapianto autologo. La motivazione di queste differenze negli effetti della profilassi va probabilmente ricercata nelle caratteristiche della flora batterica intestinale che rappresenta il target della stessa profilassi la quale ha tra gli obiettivi la decontaminazione intestinale selettiva. E’ ragionevole pensare che all’esordio di una leucemia acuta, quando il paziente non ha alle spalle lunghi periodi di ricovero e di trattamenti con antibiotici, la flora batterica intestinale sia ancora costituita da una popolazione “naive” sensibile agli antibiotici, quindi agli effetti della profilassi. Nel trapianto allogenico di CSE il paziente viene generalmente da una storia di ospedalizzazioni multiple, infezioni, lunghi cicli di trattamenti antibiotici. In questa condizioni la flora batterica ha presumibilmente subito una pressione antibiotica tale da favorire l’emergenza di cloni resistenti non più sensibili ai FC. Nel trapianto autologo abbiamo una situazione intermedia in quanto gran parte dei pazienti che vengono sottoposti a questa procedura sono affetti da patologie quali mieloma multiplo o linfoma normalmente gestite in ambito ambulatoriale fino alla procedura trapiantologica e raramente complicate da infezioni che richiedono prolungato trattamento con antibiotici. Anche in questo caso la flora intestinale è costituita da popolazioni batteriche probabilmente ancora sensibili all’effetto della profilassi. Alla luce di queste valutazioni potremmo considerare ancora vantaggioso l’impiego della profilassi antibatterica nel trapianto autologo, mentre nel trapianto allogenico non dovremmo aspettarci effetti positivi dalla profilassi antibatterica. 3. La profilassi delle infezioni fungine nel trapianto di CSE Il rischio di infezioni invasive causate da lieviti e funghi filamentosi è elevato dopo trapianto di CSE, particolarmente dopo alcuni tipi di trapianto allogenico ad alto rischio. L’impatto delle micosi invasive sull’outcome del paziente dipende non solo dalla letalità di tali complicanze infettive, attualmente contenuta grazie ai progressi nelle strategie diagnostiche e terapeutiche, ma anche dalla interferenza di tali infezioni sulla gestione complessiva di vari fenomeni e complicanze che caratterizzano il trapianto, soprattutto allogenico, quali la GVHD, la recidiva di malattia, le sofferenze d’organo, le interazioni farmacologiche degli antifungini (in particolare i triazoli) con vari farmaci. Lo studio epidemiologico multicentrico condotto dal GITMO nel periodo 20082010 su 1858 pazienti sottoposti a trapianto allogenico di CSE ha dimostrato, in accordo con altri studi, come l’insorgenza di una micosi invasiva rappresenti una variabile indipendente di sopravvivenza ad un anno dal trapianto (37). Questo dato epidemiologico suggerisce la necessità di implementare misure di prevenzione adattate al rischio infettivo, particolarmente dopo trapianto allogenico di CSE. Come per tante altre infezioni la profilassi antimicrobica e le misure di isolamento volte a contenere il contatto dei pazienti con eventuali fonti di infezione rappresentano fondamenti dell’ “infection control” delle micosi invasive La profilassi antifungina con fluconazolo, triazolo attivo verso i lieviti, viene impiegata da decenni in corso

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