15 è emerso il concetto di scenari differenziativi continui con transizioni fluide che seguono una moltitudine di traiettorie con punti di diramazione poco definiti (Figura 2). Questa metodologia ha eliminato il bias dovuto alla selezione di un insieme limitato di marcatori per definire uno stato di differenziazione. Tuttavia, dipende da complesse analisi bioinformatiche che, per definire lo stato di differenziamento ematopoietico in un determinato momento temporale, prende in considerazione l’espressione di migliaia di geni per ogni singola cellula. Queste analisi hanno evidenziato la predominanza di progenitori unipotenti, piuttosto che oligo- o multipotenti, nella parte centrale del cosiddetto albero ematopoietico, suggerendo che le decisioni sul destino del lignaggio cellulare (lineage priming) sono già prese in uno stato di differenziamento più precoce, possibilmente nelle HSC [17], [18]. Queste ultime farebbero parte di un continuum di cellule staminali e progenitrici ematopoietiche indifferenziate a basso priming (Continuum of Low primed UnDifferentiated, “CLOUD”-HSPCs), in uno scenario per lo più piatto con limitata eterogeneità trascrizionale [19]. Inoltre, il scRNAseq ha contribuito alla definizione di nuovi stati cellulari, ad esempio nel lignaggio delle cellule dendritiche [20]. Un ulteriore sviluppo della tecnologia scRNAseq combinata al rilevamento simultaneo di proteine e sullo stato della cromatina, migliorerà ulteriormente la nostra comprensione del compartimento delle HSC. 2.3. Istantanee sull’ematopoiesi umana dagli studi di terapia genica La maggior parte delle nostre conoscenze sull’emopoiesi deriva da modelli murini. Una domanda importante è quindi quanto questi dati sperimentali riproducano fedelmente quanto avviene nell’uomo. A questo proposito, gli studi clinici che testano la terapia genica delle HSC ex vivo su pazienti con disordini monogenici stanno iniziando a fornire alcune indicazioni [21]. Una caratteristica intrinseca dei vettori retro-e lentivirali, le tecnologie di trasferimento genico utilizzate in questi studi, è la loro integrazione semi casuale all’interno del genoma delle HSC. Questo fa sì che ogni clone che contribuisce all’emopoiesi contenga un marcatore genetico unico, cioè una giunzione vettore-genoma caratteristica, che può essere rilevata con tecniche molecolari e analizzata con opportune pipeline computazionali [22]. I primi studi hanno mostrato integrazioni condivise tra progenitori CD34+ e cellule mature dei lignaggi mieloide e linfoide, la cui percentuale aumentava nel tempo, indicando l’autorinnovamento e la multipotency delle HSC trasdotte e trapiantate [23], [24]. Analisi più approfondite hanno poi evidenziato diverse ondate clonali di ricostituzione emopoietica: un primo gruppo di cloni che domina i primi 6 mesi dopo il trapianto, seguito dalla comparsa di un secondo gruppo di cloni che assume il controllo dell’emopoiesi a lungo termine, la prima dimostrazione dell’esistenza di LT-HSC con caratteristiche di latency nell’uomo [25], [26]. Questo controllo “disciplinato” del ciclo cellulare così caratteristico per le HSC garantisce la resilienza dell’emopoiesi anche in situazioni di stress, inclusa la chemioterapia. Alcuni dei circuiti molecolari che regolano questa latency sono in via di chiarimento [27]. Inoltre, gli studi sui siti di integrazione nei pazienti sottoposti a terapia genica hanno evidenziato la presenza di HSC con un bias di lignaggio, verso il lignaggio mieloide o linfoide [26], [28]. L’analisi dettagliata dei siti di integrazione ha permesso anche di stimare la dimensione della popolazione di HSC che contribuisce all’emopoiesi dopo trapianto autologo a circa diverse migliaia di cloni. Ciò significa anche che meno dello 0,005% delle cellule CD34+ ottenute dal midollo osseo o dal sangue mobilizzato sono effettivamente HSC, almeno nel contesto di un trapianto con condizionamento sub-mieloablativo. Sono disponibili meno dati sull’attività delle HSC in un contesto fisiologico, cioè in assenza di trapianto. Il sequenziamento ultra-profondo e le ricostruzioni dell’albero filogenetico dalle mutazioni somatiche su un numero certamente basso di cellule prelevate da un donatore sano non-trapiantato hanno stimato una dimensione del pool di HSC attive di 50.000-200.000 cellule, che è ben 10 volte superiore a quella vista negli studi di terapia genica [29]. Con tutte le limitazioni, questi dati possono suggerire che una procedura di trapianto riduca il pool di HSC in modo significativo. 3. La nicchia emopoietica 3.1. Anatomia delle nicchie ematopoietiche Le HSC risiedono nel midollo osseo in un particolare microambiente noto come “nicchia”, che si ritiene sia fondamentale per regolare attivamente il loro equilibrio tra quiescenza, autorinnovamento e differenziazione [30]–[33]. Questa complessa regolazione avviene tramite fattori solubili secreti localmente dalle cellule della nicchia, fattori a distanza, interazioni cellula-cellula o cellula-matrice e caratteristiche fisico-chimiche del microambiente locale, sotto forma di comunicazione bidirezionale tra le HSC e la loro nicchia. L’evidenza accumulata nei topi suggerisce che le HSC risiedono in una nicchia perisinusoidale del midollo osseo [34], [35], una posizione particolarmente ipossica [36]. La nicchia HSC comprende anche cellule endoteliali specializzate e sottotipi specifici di cellule stromali mesenchimali (MSC), caratterizzate nei topi dall’espressione del reFigura 2. Modello continuo di differenziazione emopoietica 1. Aspetti Generali
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