Handbook_Volume III

14 In generale, un trapianto contiene una dose satura di cellule staminali e progenitori, chiamate collettivamente cellule CD34+, che assicurano un recupero emopoietico tempestivo e la stabilità dell’emopoiesi a medio e lungo termine. Nella maggior parte dei casi, esiste una correlazione tra la funzione delle cellule progenitrici e delle cellule staminali, suggerendo una stretta connessione tra questi compartimenti cellulari. Questo rappresenta il motivo per cui le diverse fasi della ricostituzione ematopoietica, cioè quella guidata dalle cellule progenitrici e quella guidata dalle cellule staminali, sono spesso clinicamente indistinguibili. Tuttavia, uno squilibrio tra cellule staminali e progenitrici diventa evidente in alcune situazioni, in cui una delle due componenti è insufficiente. Ad esempio, quando si trapiantano cellule CD34+ del cordone ombelicale, si osserva un ritardo nell’attecchimento rispetto a un trapianto effettuato con cellule CD34+ da sangue periferico mobilizzato, mentre l’emopoiesi a lungo termine è solitamente robusta. Ciò si spiega con il fatto che le cellule CD34+ provenienti dal sangue del cordone ombelicale sono almeno cinque volte più ricche di cellule staminali, coinvolte nell’attecchimento a lungo termine, ma non di progenitori, responsabili dell’attecchimento a breve termine [4], [5]. La situazione inversa si verifica in alcuni casi di graft failure secondario, in cui un’apparentemente normale attecchimento iniziale delle cellule trapiantate, sostenuta dai progenitori, è seguita da una cosiddetta poor graft function, che può portare fino alla perdita completa del trapianto quando la componente di cellule staminali è insufficiente. Per interpretare correttamente tali situazioni, è necessaria una conoscenza di base dell’organizzazione e funzionamento del comparto staminale e progenitore ematopoietico umano. 2. Organizzazione dell’emopoiesi umana 2.1. Modello gerarchico classico Più di 100 anni fa è stata postulata un’organizzazione gerarchica dell’emopoiesi, con la cellula staminale ematopoietica in vertice alla gerarchia [6]. La prima prova sperimentale è arrivata nel contesto della ricerca radiobiologica negli anni ‘50, quando Lorenz et al. dimostrarono che i topi irradiati letalmente, che solitamente morivano per insufficienza del midollo osseo, potevano sopravvivere quando veniva loro somministrato per via endovenosa il midollo osseo di un topo singenico [7]. Questi studi hanno stabilito con certezza l’esistenza di cellule staminali in grado di rigenerare il sangue e hanno segnato l’inizio del trapianto di midollo osseo come terapia cellulare per curare o prevenire l’insufficienza ematopoietica dopo alte dosi di chemioterapia o irradiazione [8]. Lo sviluppo di saggi funzionali, a partire dal CFU-S (Colony Forming Unit-Spleen) Assay, che misura il ripopolamento clonale nella milza di topo dopo l’infusione di cellule del midollo osseo, ha dimostrato l’esistenza di HSC multipotenti [9]. Il perfezionamento dei saggi funzionali in vitro e in vivo, in particolare lo xenotrapianto, ha permesso di tracciare una roadmap del lineage commitment dell’emopoiesi umana e di isolare Figura 1. Modello classico dell’emopoiesi in modo prospettico gli intermedi cellulari mediante una combinazione di marcatori fenotipici [10], [11]. I risultati di questi sforzi decennali sono riassunti nella Figura 1, dove sono riportati i profili dei marcatori di superficie più caratteristici per ogni stadio di differenziazione. Questi marcatori sono utili ancora oggi, in quanto consentono di isolare sottopopolazioni di cellule progenitrici ematopoietiche all’interno delle cellule CD34+ con determinate caratteristiche funzionali. Va notato, tuttavia, che il gating rigoroso durante la citometria a flusso si concentra generalmente sugli estremi (popolazioni con marcatori alti e popolazioni con marcatori bassi), lasciando spesso fuori dai saggi funzionali le popolazioni con livelli di espressione intermedi. Questo può portare a una separazione un po’ artificiale delle sottopopolazioni di progenitori, che in realtà rappresentano piuttosto un continuum di stati cellulari. Un altro artefatto può essere generato quando i saggi funzionali non vengono eseguiti rigorosamente a livello di singole cellule. Ad esempio, modelli precedenti hanno sostenuto che esiste un progenitore mieloide ed eritroide comune, denominato CMP (Common Myeloid Progenitor), che è posizionato a monte dei progenitori eritroidi-megacariocitari (Megakaryocyte-Erythroid progenitor; MEP) e dei progenitori di granulociti/macrofagi (Granulocyte-Macrophage Progenitor, GMP), un dato che è stato poi messo in discussione e revisionato [12], [13]. Curiosamente, sembra che gli eosinofili, i basofili e i mastociti abbiano una relazione ontogenetica più stretta con la linea megacariocitaria/eritroide rispetto ai neutrofili e ai monociti. 2.2. Nuove conoscenze dalle tecnologie “single cell” Un’importante innovazione tecnologica è arrivata dalla disponibilità di piattaforme tecnologiche per il sequenziamento dell’RNA di singole cellule (single-cell RNA sequencing, scRNAseq), che oggi consentono di ottenere il trascrittoma di migliaia di cellule in poche settimane [14]–[16]. Applicato ai progenitori ematopoietici,

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