141 comuni propri della sanità pubblica e del sistema sanitario nazionale ed hanno, per natura, proprie peculiarità di struttura e di funzionamento. Ci sono tuttavia alcune specificità comuni rappresentate da: I. l’aspetto regolatorio: le reti sono regolate da specifici provvedimenti normativi riferibili a direttive europee che, dalla fine degli anni 90, hanno determinato il trasferimento delle competenze chiave dalle legislazioni nazionali all’Unione Europea, determinando poi, attraverso i recepimenti nazionali, un’armonizzazione della normativa europea; II. l’articolazione delle competenze: ciascuna rete prevede un’articolazione di competenze su diversi livelli: quello centrale compete al Ministero ed al Centro Nazionale Trapianti, quello locale, di carattere organizzativo ed assistenziale, alle Regioni e provincie autonome. Relativamente all’aspetto regolatorio, oltre al recepimento delle Direttive europee che davano già indicazioni comuni in termini di qualità e sicurezza per i programmi di trapianto di organi, tessuti e cellule [1], [2], [3], [4], si è cercato di intervenire introducendo modelli organizzativi e standard comuni di riferimento, sia per quanto riguarda il percorso della donazione che per quello del trapianto, al fine di al fine di armonizzare il sistema e di ridurre le differenze territoriali. Per quanto riguarda il percorso donativo, nell’ambito della donazione degli organi, ad esempio, è stato definito un Programma Nazionale di Donazione di Organi, poi adottato nell’Accordo Stato Regioni del 14 dicembre 2017 [5] nel quale vengono definiti standard minimi organizzativi e metodologici per un sistema regionale sostenibile ed efficiente, con l’obiettivo di incrementare il livello di donazione di organi in tutte le regioni e province autonome. Anche nell’ambito della donazione di CSE, si è cercato di disciplinare l’attività di reclutamento e ricerca dei donatori, prima attraverso il riconoscimento del Registro Nazionale dei Donatori di Midollo Osseo (IBMDR – Italian Bone Marrow Donor Registry) con la Legge n. 52 del 6 marzo, 2001 [6] e con l’Accordo Stato Regioni n. 281 del 5 ottobre 2006 [7] e successivamente con l’Accordo Stato Regioni n. 57 del 29 aprile 2010 [8], con la finalità di omogeneizzare sul territorio nazionale le funzioni e le attività dei poli funzionali IBMDR, rappresentati dai Registri regionali ed interregionali, dai Centri Donatori e dei Poli di reclutamento. Per quanto riguarda invece l’attività di trapianto, l’obiettivo è stato quello di costituire delle reti assistenziali, con modelli tipo Hub e spoke, come ridefinite dall’applicazione del D.M. 02.04.2015, n. 70 [9], e la realizzazione di percorsi per la presa in carico del paziente con una modulazione del sistema, che potesse garantire un passaggio da livelli assistenziali più semplici a quelli sempre più complessi e specialistici. Il trapianto, in quest’ottica, non può e non deve essere una prestazione scollegata dal precedente percorso clinico del paziente e questo è realizzabile solo attraverso la definizione di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) di cui il trapianto fa parte. Lo scopo dei PDTA è infatti quello di incrementare la qualità dell’assistenza percepita ed effettivamente erogata, migliorando i risultati e promuovendo la sicurezza del paziente attraverso l’utilizzo delle giuste risorse necessarie. Vari atti normativi emanati in questi anni hanno inoltre cercato di definire percorsi assistenziali specifici per le gravi insufficienze d’organo [10], [11] e per il trapianto di rene da donatore vivente [12]. Sempre nell’ottica della realizzazione di reti, a garanzia della sicurezza del paziente, sono stati definiti requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture deputate al trapianto di organo solido [13]e di CSE [14]. Per un efficiente ed efficace funzionamento delle reti assistenziali complesse, è tuttavia necessario stabilire regole per il governo delle attività, con livelli di competenza diversa. Nell’ambito del Sistema di donazione e trapianto, i livelli di competenza sono essenzialmente due: quello centrale in capo al Ministero della Salute ed al Centro Nazionale Trapianti e quello territoriale, che compete alle Regioni e provincie autonome. Questo tipo di organizzazione viene ben esplicitata nella Legge n. 91 del 1° aprile 1999 [15] e nel successivo decreto 19 novembre 2015 [16]. 2.2. La Qualità e la sicurezza 2.2.1 La Qualità Il tema della qualità in ambito sanitario negli ultimi anni ha assunto un ruolo ed un riconoscimento sempre maggiore, in quanto presupposto necessario ad importanti aspetti quali la centralità del paziente nella terapia, la trasparenza, l’analisi costi-benefici di un Sistema Sanitario e la ricerca clinica e scientifica. Il concetto di qualità applicato alla sanità in generale ed ai trapianti in particolare, è rappresentato dal rapporto tra i miglioramenti di salute ottenuti e i miglioramenti massimi raggiungibili, sulla base delle conoscenze più avanzate e delle risorse disponibili. Da ciò discende la necessità di valutare la qualità della prestazione erogata non solo dal risultato finale, ma anche dal processo che la genera. Quindi il concetto di qualità dovrebbe essere esteso alla struttura (qualità organizzativa), al processo (qualità gestionale) e infine all’esito (qualità percepita). 2.2.1.1 La Qualità organizzativa Quando si parla di struttura (qualità organizzativa) si fa riferimento alle risorse disponibili, al personale, alle attrezzature, agli edifici, ecc., ed alle modalità organizzative delle stesse. In ambito trapiantologico, tale concetto può essere applicato a tutte le strutture coinvolte nel percorso di donazione e trapianto, compresi i coordinamenti locali e regionali. La qualità organizzativa può essere valutata in termini di conformità ai requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi definiti a livello normativo, ma anche all’aderenza a standard internazionali, come il Jacie (Joint Accreditation Committee ISCT-Europe -International Society Cell & Gene Therapy- & EBMT -European Group for Bone Marrow Transplant) per quanto riguarda i Programmi Trapianto di CSE, l’EFI (European Federation for Immunogenetics) per quanto riguarda i laboratori di im2. Qualità ed elementi regolatori
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