113 1. Complicanze non tumorali 1.1. Complicanze cardiovascolari Dopo il trapianto si osserva un aumentato rischio di patologie cardiovascolari: i fattori che concorrono a determinare tale rischio sono rappresentati dalle terapie ricevute (principalmente chemioterapia con antracicline e radioterapia) ma anche dalla presenza di sindrome metabolica la cui incidenza, nei soggetti trapianti, è aumentata rispetto alla popolazione generale. Uno studio EBMT ha dimostrato una incidenza cumulativa di eventi cardiovascolari a 15 anni del 6% [4]. Nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico che non presentino segni o sintomi suggestivi di cardiopatia, si ritiene appropriato un ECG ed Ecocardiogramma ogni 5 anni. Nei pazienti che presentano un rischio CV elevato (terapia in età pediatrica o avanzata, dose cumulativa di antracicline > 300 mg/mq, dose di RT > 30 Gy, trattamento RT associato a chemioterapia con antracicline, concomitante presenza d altri fattori di rischio cardiovascolare) può essere raccomandata una cadenza più ravvicinata degli esami strumentali (2-3 anni). Nei pazienti ad alto rischio per coronaropatia (RT > 30 Gy, trattamento RT associato a CT con antracicline e concomitante presenza di fattori di rischio cardiovascolari classici), consigliata esecuzione di test ergometrico 10 anni dopo il completamento della radioterapia (se età > 30 anni), poi a cadenza quinquennale. Nei pazienti a rischio di cardiotossicità tardiva sarebbe opportuno proseguire il follow-up cardiologico indefinitamente [5]. Ovviamente le indagini strumentali non sono un'alternativa all'adeguamento dello stile di vita, che rimane un elemento essenziale nella survivorship care di tutti i cancer survivors. 1.1.2 complicanze metaboliche Nel post TMO si osserva una aumentata incidenza di sindrome metabolica (SM) 31-49%) [6]: obesita’ centrale, dislipidemia, ipertensione, diabete mellito e/o insulinoresistenza che nessitano di attento follow-up [7]. Il trattamento attivo dei fattori di rischio è fortemente raccomandato, come nella popolazione generale. I soggetti trapiantati hanno un rischio di sviluppare dislipidemia di nuova diagnosi pari a 2.31 volte rispetto alla popolazione generale [5]: e’ opportune quindi valutare l’assetto lipidico complete (colesterolo totale, HDL, LDL e trigliceridi) a partire dal terzo mese post-trapianto e ripeterlo ogni 3-6 mesi nei soggetti ad alto rischio (terapia con inibitori della calcineurina o steroidi, diabetici, cardiopatici) ed annualmente nel resto dei pazienti. La gestione della dislipidemia dovrebbe seguire le line guida relative alla popolazione generale. Il primo approccio è non farmacologico e comprende modifiche dello stile di vita con dieta a basso contenuto di grassi saturi, esercizio fisico, riduzione dell’uso di alcool e astensione dal fumo. Per quanto concerne l’ipertensione, si raccomanda la valutazione della pressione arteriosa ad ogni visita ed almeno una volta all’anno. Il trattamento farmacologico ed i target pressori sono quelli previsti dalle linee guida relative alla popolazione generale (ESH 2021). Sebbene non esistano delle precise raccomandazioni a riguardo, è opportuno valutare peso corporeo, body mass Index (BMI) e circonferenza addominale ad ogni visita ed almeno annualmente, con l’obbiettivo di mantenere un BMI inferiore a 30 kg/mq ed una circonferenza inferiore a 102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna. Mentre l’iperglicemia e la ridotta tolleranza al glucosio sono delle complicanze ben conosciute nel trattamento delle neoplasie e della GVHD, i dati riguardanti il rischio di diabete mellito post-trapianto (PTDM) sono limitati [8]. I fattori di rischio per lo sviluppo del PTDM sono: l’età, l’etnia non caucasica, la nutrizione parenterale, la TBI, la terapia steroidea. Le attuali line guida per i soggetti trapiantati raccomandano uno screening per DM con glicemia a digiuno, valutazione dell’emoglobina glicata ed eventualmente test da carico di glucosio ogni 3 anni nei soggetti senza altri fattori di rischio [3] .Nei pazienti con fattori di rischio, compresi l’ipertensione o la terapia steroidea in atto, è opportune iniziare il monitoraggio dal terzo mese dopo il trapianto e proseguire ogni 3-6 mesi. 1.2. complicanze polmonari Le complicanze polmonari tardive post TMO possono essere dovute alla cGVHD (vedi capitolo apposito), a tossicita’ da farmaci (BCNU, bleomicina, busulfano, methotrexate) o ad esiti di pregresse infezioni. Anche nei casi asintomatici nel corso delle valutazioni cliniche periodiche bisogna porre particolare attenzione alla diagnosi e monitoraggio delle infezioni vie respiratorie poiche’ in questi pazienti possono residuare aree fibrotiche o di air-trapping che facilitano l’evoluzione delle infezioni delle alte vie respiratorie in polmoniti. Segnaliamo l’indicazione ad eseguire programma vaccinale (vedi capitolo dedicato) comprese le 4 dosi per SARS-COV2 come da indicazione Ministeriale. 1.3. Metabolismo osseo Il paziente sottoposto a trapianto spesso presenta plurimi fattori di rischio per lo sviluppo di alterazioni della densità minerale ossea ed osteoporosi. (cGVHD, prolungata terapia steroidea). La perdita ossea massima solitamente avviene entro i primi 6 mesi, con un successivo recupero spontaneo che in assenza di fattori di rischio avviene nell’arco di 2-3 anni. In tutti i pazienti sottoposti a trapianto è utile mantenere adeguati livelli di 25OH-Vitamina D, me1. Aspetti Generali
RkJQdWJsaXNoZXIy ODUzNzk5