611 8. Miscellanea Il coinvolgimento del minore è espresso anche dall’Art.3 della Legge 219/2017, in cui si dichiara che “la persona minore d’età ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione”, “deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”. La comunicazione continua al bambino dev’essere sempre assicurata e i suoi desideri vanno sempre raccolti, indipendentemente dall’età, e devono guidare l’assistenza e la cura. In generale si può affermare che: -fino a 7 anni d’età il bambino dev’essere informato della situazione e di quanto viene fatto, anche se il consenso alla scelta di modalità di assistenza resta prerogativa dei genitori; -da 7 a 12-14 anni l’assenso del minore dovrebbe accompagnare quello degli adulti; -da 12-14 anni il consenso dovrebbe avere valore vincolante. La PCC ha un ruolo fondamentale nella cura in fase di terminalità e di fine vita, definendo il grado di appropriatezza degli interventi, la sospensione delle terapie, il trattamento dei sintomi, il ricorso a manovre rianimatorie. 3.La gestione del fine vita 3.1. Terminalità e fine vita Si parla di terminalità, quando ci troviamo di fronte una prognosi di vita limitata nel tempo che si basa sulla presenza, assenza, esaurimento o inopportunità di trattamenti specifici volti al rallentamento della malattia. La terminalità può durare settimane/mesi. Fine vita è il periodo che precede la morte durante il quale le condizioni cliniche sono gravemente compromesse e le modificazioni delle funzioni vitali denunciano l’imminenza dell’exitus, di solito in un periodo temporale di qualche giorno. Il fine vita rappresenta il momento di massima sofferenza per il bambino e la famiglia, caratterizzato da cambiamenti rapidi e talvolta imprevedibili. Nella terminalità e nel fine vita, l’obiettivo principale è il controllo della sofferenza. E’ fondamentale comunicare con il bambino e la famiglia per valutare i bisogni e coordinare il team multidisciplinare coinvolto nella cura in qualsiasi setting (in ospedale, a casa, in hospice pediatrico). In Italia sono molti i passi in avanti compiuti verso la tutela dei diritti del bambino morente, ed è proprio in un contesto protettivo e volto al rispetto dei diritti che si colloca un importante documento: la “Carta di Trieste” o “Carta dei diritti del bambino morente” (Tabella 4) [26]. La Carta è un decalogo che analizza i bisogni del bambino in fase di terminalità, ne definisce i diritti e per ogni diritto sono declinati i doveri che tali diritti innescano o determinano, proponendo le modalità di risposta alle necessità fisiche, psicologiche, relazionali, etiche e spirituali del bambino e di chi gli è a fianco. Il documento ribadisce la centralità del bambino, anche in questa fase così delicata, ed ha come scopo l’assicurare il rispetto, la dignità e la preparazione ad accogliere la morte, sottolineando in particolare la necessità di coinvolgere il minore per quanto possibile, in una pianificazione condivisa di cura tra paziente/famiglia/ sanitari. In tabella 5 sono riassunte alcune best practices di gestione della terminalità in ambito pediatrico [27], attraverso la condivisione fra clinici e genitori e ascoltando i pensieri e i desideri del bambino-ragazzo. 1. Essere considerato “persona” fino alla morte, indipendentemente dall’età, dal luogo, dalla situazione e dal contesto. 2. Ricevere adeguata terapia del dolore e dei sintomi fisici e psichici che provocano sofferenza, attraverso un’assistenza qualificata, globale e continua. 3. Essere ascoltato e informato sulla propria malattia nel rispetto delle sue richieste, dell’età e della capacità di comprensione. 4. Partecipare, sulla base di proprie capacità, valori e desideri, alle scelte che riguardano la sua vita, la sua malattia e la sua morte. 5. Esprimere e vedere accolte proprie emozioni, desideri e aspettative. 6. Essere rispettato nei suoi valori culturali, spirituali e religiosi e ricevere cura e assistenza spirituale secondo i propri desideri e le proprie volontà. 7. Avere una vita sociale e di relazione commisurata all’età, alle sue condizioni e alle sue aspettative. 8. Avere accanto la famiglia e le persone care adeguatamente aiutate nell’organizzazione e nella partecipazione alle cure e sostenute nell’affrontare il carico emotivo e gestionale provocato dalle condizioni del bambino. 9. Essere accudito e assistito in un ambiente appropriato alla sua età, ai suoi bisogni e ai suoi desideri e che consenta la vicinanza e la partecipazione dei genitori. 10. Usufruire di specifici servizi di cure palliative pediatriche, che rispettino il miglior interesse del bambino e che evitino sia trattamenti futili o sproporzionati sia l’abbandono terapeutico. Tabella 4 - Carta dei diritti del bambino morente (Carta di Trieste) • iniziare ad affrontare il problema precocemente (a livello sia di comunicazione sia di organizzazione) • affrontare il problema in maniera allargata in équipe e con la famiglia • condivisione continua senza ossessione • parlare con il bambino e raccogliere i suoi desideri • rispondere sempre alle domande • priorità d’intervento e di obbiettivi sulla base del percepito del paziente • utilizzo di strategie farmacologiche e non • attenzione agli effetti collaterali, che vanno preventivamente trattati • utilizzo di strumenti-presìdi meno invasivi possibile • stop a indagini-esami diagnostici che non prevedono soluzioni nell’ottica della qualità di vita del paziente • decidere di non trattare • setting tranquillo Tabella 5 - Best practices nella gestione del fine vita in ambito pediatrico
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