Handbook_Volume III

606 minale; pertanto le cure palliative dovrebbero essere integrate alle cure attive della malattia di base fin dalla diagnosi, se essa coincide con una fase della malattia ad ampio corredo sintomatico. Purtroppo il termine “cure palliative” è talvolta usato in maniera impropria, per descrivere esclusivamente le cure di fine vita, ma queste ne rappresentano solo una parte [15]. La concezione più attuale delle cure palliative ne prevede l’introduzione già nelle fasi iniziali (addirittura alla diagnosi) di una malattia a prognosi potenzialmente infausta; in questa accezione le cure palliative vengono definite simultanee o precoci, con un naturale sviluppo lungo il decorso della malattia e un’intensità crescente nelle fasi di progressione e di malattia avanzata. Le Cure Palliative Simultanee, in associazione alle cure finalizzate alla guarigione o all’allungamento della sopravvivenza, rappresentano una misura di tutela della qualità della vita e garantiscono una minor sofferenza complessiva per il paziente e la sua famiglia. E’ stato dimostrato che l’introduzione precoce delle cure palliative influenza positivamente anche la sopravvivenza dei pazienti, anche se le ragioni sottese a queste osservazioni non sono ancora completamente chiarite [16]. Le Cure Palliative Simultanee possono quindi attuarsi in ogni ambito del percorso di cura di un paziente, anche in contesti dove il primo obiettivo rimane la guarigione, come ad esempio in ambito trapiantologico. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche, nonostante il miglioramento della sopravvivenza osservato negli anni, è ancora una procedura associata ad una significativa morbilità, che talvolta compromette il recupero completo e ha un impatto nell’assetto fisico, psicologico e sociale. E’ infatti stato riportato un ruolo positivo dell’integrazione delle Cure Palliative nella cura dei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche, sia nelle fasi precoci del trapianto, sia nella gestione delle complicanze a lungo termine [17,18]. Negli ultimi anni il panorama epidemiologico è profondamente mutato: il decorso delle malattie oncoematologiche si è prolungato, con traiettorie spesso variabili. I bisogni di Cure Palliative di un paziente possono avere un andamento fluttuante, con fasi di malattia associate a maggiori bisogni, e fasi di maggior benessere, dove il controllo sintomatico non è una necessità primaria. La sfida principale è quella di riuscire a riconoscere ogni fase di transizione della storia clinica di un paziente, in modo da identificarne tempestivamente i bisogni. I principali momenti di transizione sono rappresentati dalla progressione di malattia, dalla acquisizione della consapevolezza dell’inguaribilità della patologia, dalla perdita dell’autonomia, spesso associata all’intensificazione dei sintomi, dal decadimento psico-fisico, e infine dalla morte e dall’elaborazione del lutto [19,20]. Ogni momento di transizione deve essere associato all’individuazione di specifici obiettivi di cura, costantemente rimodulati nel corso dell’assistenza fino alla fase più avanzata della malattia e nel fine vita [21]. Le cure palliative nel fine vita sono l’ambito più conosciuto di questa disciplina, essendo dedicate ai pazienti con bisogni e sintomatologia ingravescenti, prognosi infausta nel breve/medio termine e non candidabili a terapie che hanno come scopo la guarigione. Nella pratica clinica non è sempre facile riconoscere i pazienti che si avviano al fine vita e che potrebbero beneficiare di un percorso palliativo, ed è quindi utile ricorrere a strumenti di valutazione che ci possono orientare, fra i quali: la “domanda sorprendente” e il NecPal. La “domanda sorprendente” è probabilmente lo strumento di valutazione più immediato, essendo basato sulla risposta alla domanda: “sarei sorpreso se il paziente che ho davanti morisse entro i prossimi 12 mesi?”; in caso di risposta negativa, è appropriato porre l’indicazione all’inizio di un percorso palliativo di gestione del fine vita [22]. Il NecPal è un questionario che analizza gli indicatori generali di deterioramento delle condizioni cliniche e di incremento dei bisogni, esplorando le volontà del paziente e della sua famiglia: indagando gli indicatori specifici per patologia, costituisce uno strumento utile per aiutare ad orientare nella scelta verso le cure palliative [23]. Il paziente che accede alle Cure Palliative di fine vita è portatore di una complessità clinico-assistenziale, famigliare e sociale che influenza la scelta del percorso di cure da intraprendere: esso può svolgersi in Ambulatorio, in Day Hospice, in Assistenza Domiciliare, o in Hospice. Spesso tale complessità si modifica nel tempo, con la necessità di adeguare il percorso di cura alla mutata condizione del paziente. La possibilità di modificare in maniera fluida e continua il livello di assistenza e il luogo di cura permette di attuare rapide risposte ai bisogni che il paziente sviluppa nella traiettoria verso il fine vita. E’ nel fine vita che spesso si incontrano i sintomi più difficili o refrattari da alleviare: tra questi il dolore, l’anoressia-cachessia, la nausea, il vomito, la dispnea, il delirium, e le convulsioni. Quando un sintomo è resistente alla terapia in atto ma potenzialmente responsivo ad altri trattamenti che non compromettano lo stato di coscienza è definito difficile; quando invece un sintomo non recede con un trattamento farmacologico adeguato ed è necessario intervenire sullo stato di coscienza per abolirlo, esso viene definito refrattario [24]. In presenza di sintomatologia refrattaria, può essere posta indicazione alla sedazione palliativa, che è un atto terapeutico finalizzato alla riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la percezione;. I sintomi che più spesso portano ad una sedazione palliativa sono la dispnea, il delirium, il dolore, il vomito incoercibile, lo stato di male epilettico, la sofferenza globale, l’emorragia severa, il singhiozzo incoercibile, e il distress psicologico [25]. E’ nell’alveo di un percorso di cura e di scelte condivise, nella continuità assistenziale garantita dall’equipe multidisciplinare di Cure Palliative, che si sviluppa la possibilità di intervenire in maniera puntuale e soddisfacente sui bisogni crescenti che il paziente e la famiglia sviluppano nel percorso del fine vita. Includere i principi delle Cure Palliative nell’esercizio quotidiano della professione di ogni medico, ci permette di soddisfare meglio le esigenze “multidimensionali” di quei pazienti che andranno incontro ad un deterioramento del proprio stato di salute nel breve/medio termine. Gli specialisti in Cure Palliative possono fornire il proprio supporto, fare formazione, dare consigli aggiuntivi ed essere coinvolti in prima persona nelle situazioni più complicate o instabili [26].

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