Handbook_Volume III

602 vasoattivi24. Il posizionamento di un accesso venoso centrale per la somministrazione di vasocostrittore e il monitoraggio emodinamico in continuo possibili in rianimazione permettono una gestione quanto più attenta di questa grave complicanza. Nel caso di sepsi e shock settico si è osservato che una terapia antibiotica mirata associata all’uso di vasopressori in ambiente intensivo possa ridurre la mortalità di questi pazienti25. Nella gestione dell’insufficienza d’organo avanzata, refrattaria alla terapia medica, una menzione particolare merita il supporto ECMO (Extracorporeal Membrane Oxygenation), un sistema di circolazione extracorporea capace di vicariare la funzione di ossigenazione, rimozione di CO2 nonché un supporto cardio-circolatorio. Si tratta di un supporto d’organo molto invasivo (necessita di grosse cannule di drenaggio e di re-immissione del sangue) e che espone il paziente sia a rischio infettivo che emorragico, pertanto l’indicazione a questo trattamento va valutata attentamente caso per caso. Nei pazienti adulti, sottoposti a trapianto di midollo, le indicazioni all’ECMO sono ancora molto controverse, secondo la letteratura, infatti, l’immunosoppressione è una controindicazione relativa, la fase precoce post trapianto è considerata una controindicazione assoluta, mentre una eventuale candidabilità al supporto ECMO può considerarsi solo dopo almeno 6 mesi dal trapianto26. Invece, nella popolazione pediatrica sembrerebbe che gli ultimi risultati raccolti in letteratura siano a favore di un eventuale upgrade del supporto vitale con l’ECMO, in particolare in pazienti trapiantati ben selezionati27. Tali reports suggeriscono un aumento della sopravvivenza, sino al 26-50%28, dei piccoli pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento e di supporto vitale extracoporeo29. 5. Etica: quando non ricoverare, quando non proseguire l’escalation terapeutica Il processo decisionale circa il ricovero o l’esclusione dalla terapia intensiva di un paziente critico sottoposto a TMO è molto complesso. Trattandosi di un sottogruppo di pazienti molto particolare non esiste ad oggi, in letteratura, un sistema di triage che definisca i criteri clinici che permettano di precludere l’accesso alla terapia intensiva a trapiantati in condizioni cliniche critiche30. Quando si ipotizza il ricovero in rianimazione di un paziente non si può non considerare il costo del trattamento intensivo anche in ottica di allocazione delle risorse, in relazione al fatto che tali trattamenti possono essere futili e del tutto inutili nel modificare il decorso clinico del paziente. Tra i pazienti che possono trarre beneficio dal ricovero in rianimazione e per cui un utilizzo senza limiti delle risorse delle cure intensive risultata giustificato vi sono i soggetti affetti da una singola insufficienza d’organo e la cui patologia ematologica di base è in remissione31. Certamente saranno invece da valutare con grande attenzione quei pazienti con insufficienza multiorgano, GVHD incontrollata o patologia ematologica in fase di ripresa32. La decisione diventa più difficile in tutte quelle situazioni che si trovano all’interno dei due estremi appena considerati, in cui l’indicazione all’ upgrade terapeutico va considerato caso per caso, mediante una valutazione ad hoc dei singoli aspetti sia ematologici sia di funzione d’organo. Una buona soluzione potrebbe essere il TLT ed eventuale desistenza terapeutica in caso di mancata risposta ai trattamenti intensivi massimali33. Qualora sia chiara l’esclusione dalle cure intensive è imprescindibile indirizzare il paziente a un percorso di cure palliative di alta qualità34. La decisione va comunicata al paziente e all’entourage familiare spiegando le ragioni della scelta terapeutica in ragione della gravita delle condizioni del malato.

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