597 8. Miscellanea una parte cospicua di risorse all’ambito trapiantologico sottrae inevitabilmente l’utilizzo delle stesse verso altri settori: in un’epoca in cui la “coperta” economica appare piuttosto corta, tirarla da una parte porta inevitabilmente a lasciare scoperti altri ambiti. Risulta impossibile riuscire a sopperire e rispondere a tutti i bisogni di salute e di cura. Allora è necessario agire secondo due prospettive diverse: la prima, avente come obiettivo favorire l’aumento del numero donatori e la facilitazione del percorso trapiantologico; la seconda, che si impegna a valutare in maniera attenta, trasparente e proporzionata i pazienti da trapiantare. Se i principi guida sono la giustizia e l’equità, la preoccupazione morale principale dovrebbe essere orientata a trovare metodi accettabili ed efficaci per aumentare la disponibilità di donatori e facilitare la procedura trapiantologica [17]. Fondamentale è inoltre selezionare in maniera equa e giusta i candidati al trapianto. Il ragionamento economico non può e non deve essere il criterio discriminante principale per decidere se scegliere o meno un percorso trapiantologico; i due criteri principali devono restare l’indicazione clinica adeguata e proporzionata e la volontà favorevole del paziente. La valutazione della giustizia legata agli aspetti economici è comunque un fattore importante, che potrà aumentare il suo peso in situazioni di grande incertezza clinica e qualora le probabilità di successo risultassero scarsissime: un giudizio etico adeguato risulterà da un corretto bilanciamento tra tutti i fattori in gioco, con lo scopo di favorire sempre e comunque il bene/salute per la persona. In taluni casi, se la situazione fosse molto complessa e dilemmatica, e la decisione non così chiara, il professionista ha la possibilità di rivolgersi anche ai servizi di consulenza etica, laddove esistenti, o ai Comitati Etici, allo scopo di avere un parere e un aiuto nella scelta decisionale. 5. Comunicazione e collaborazione interprofessionale Un ulteriore aspetto importante dal punto di vista etico, un punto peraltro fondamentale in tutti gli ambiti sanitari, riguarda la comunicazione e la collaborazione interprofessionale. Il successo di un percorso trapiantologico dipende non solo dalla adeguatezza del protocollo di cura e dalla compliance del paziente ai trattamenti, ma anche da una collaborazione efficace, aperta e rispettosa tra tutti i professionisti coinvolti [18]. Le figure del medico e dell’infermiere, in particolare, sono interdipendenti: essi lavorano quotidianamente fianco a fianco e il risultato del loro lavoro è frutto di sinergia e collaborazione e deve essere basato sul reciproco rispetto [19]. Se ciò non avviene le ripercussioni sul paziente possono essere importanti [20]. La mancata comunicazione interprofessionale può avere ripercussioni anche sul benessere degli operatori sanitari, in particolare degli infermieri, ma anche nei medici [21]. Laddove non c’è sintonia di intenti tra professionisti, soprattutto in ambiti così delicati e impattanti per il paziente come nel caso del trapianto, può instaurarsi nell’operatore una vera e propria situazione di moral distress. Il moral distress, definito come una sensazione dolorosa e/o squilibrio psicologico, può insorgere quando l’infermiere o un altro professionista sanitario, in base alle proprie convinzioni morali, vorrebbe intraprendere delle azioni che sono in contrasto o con le decisioni intraprese, o con le consuetudini, o con l’organizzazione e/o le politiche istituzionali della struttura sanitaria in cui presta servizio [22]. Gli effetti di uno stress causato da una mancata condivisione tra professionisti della scelta del percorso ricadono in primis sulla qualità della cura del paziente (conflittualità più o meno palese, scarsa convinzione, atteggiamento poco incoraggiante, tentativi di ostruzione e rallentamento), ma anche sul benessere del professionista (situazioni di burnout, con tutte le conseguenze più o meno gravi che ne derivano, come rischio di allontanamento, cambio reparto, depressione) [23]. Da un punto di vista etico, per evitare situazioni di stress morale è necessario che la comunicazione tra professionisti avvenga in maniera franca e condivisa. È auspicabile che l’infermiere venga coinvolto nei colloqui pre-trapianto, allo scopo di capire in maniera chiara tutti gli aspetti clinici e gli aspetti emozionali e psicologici del paziente. Lo stesso infermiere, che spesso ha condiviso importanti tratti di strada insieme con il paziente nel percorso di avvicinamento al trapianto, conosce molto bene e approfonditamente il paziente, conosce il tessuto sociale, le risorse psicologiche, la capacità di adattamento. L’apporto infermieristico può risultare molto utile nella fase decisionale e informativa e non può venire trascurato [1]. 6. Conclusioni Il percorso trapiantologico presenta moltissimi aspetti di carattere etico e deontologico, che meritano di essere affrontati ed analizzati. I professionisti sanitari sono chiamati non solo a riflettere e a valutare la appropriatezza clinica e la proporzionalità etica del percorso che intendono proporre, ma devono sforzarsi anche di aiutare il paziente a prendere una decisione pienamente libera e autentica. Dal punto di vista etico, deontologico e legale, diventa dirimente la decisione del paziente, che deve essere rispettata anche nel caso di un disaccordo con quanto proposto dai clinici. Sia che si decida di non intraprendere un percorso trapiantologico, sia in caso di fallimento di un percorso già intrapreso, è importante che vengano proposte e garantite in alternativa delle cure palliative di accompagnamento e di sollievo dai sintomi. Pre-condizione per la realizzazione di un percorso trapiantologico è la disponibilità di organi da trapiantare: per tale ragione è importante sia incentivare la cultura e l’impegno della donazione, sia utilizzare in maniera equa e giusta gli organi attualmente a disposizione. Garanzie, infine, di una buona riuscita del percorso trapiantologico sono una comunicazione e una collaborazione interprofessionale autentiche, rispettose. Tale aspetto ha un impatto positivo non solo sulla salute delle persone che vivono il percorso trapiantologico, ma anche sul benessere degli operatori coinvolti, riducendo il rischio di moral distress e di burnout.
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