Handbook_Volume III

596 Anche in ambito trapiantologico tale principio è sacrosanto. Lo strumento essenziale per garantire una scelta veramente libera è il consenso informato, che deve avere alcune caratteristiche etiche e deontologiche universalmente riconosciute, come la chiarezza, l’autenticità, la semplicità e la completezza. Nel caso della medicina dei trapianti è ancor più necessario informare in maniera corretta ed esauriente i potenziali candidati, per dissipare l’ignoranza, i fraintendimenti e i preconcetti, mitigare diffidenze e paure ancestrali, e così dare la possibilità a ciascuno di decidere consapevolmente [11]. Se il paziente per le ragioni spiegate in precedenza, ma anche per motivazioni strettamente personali, decidesse di non accettare la proposta terapeutica del trapianto, deve essere rispettato nella sua legittima scelta autonoma. Il compito del medico, dal punto di vista etico e deontologico, nei riguardi di questo aspetto è triplice: anzitutto ascoltare e accogliere la richiesta del paziente, cercando di capire le ragioni di un eventuale rifiuto; in secondo luogo cercare di verificare che il consenso prestato dal paziente sia autenticamente libero e che sia valido; infine, provare a far riflettere il paziente sui possibili rischi e benefici di un eventuale rifiuto, cercando di convincerlo sulla bontà del percorso proposto e sulle eventuali chance di successo, senza nessuna forma di costrizione e forzatura, non omettendo peraltro gli ipotetici effetti collaterali. Il medico non dovrebbe mai assumere una posizione neutrale o indifferente: il paziente ha bisogno che il professionista, verso il quale nutre piena fiducia, lo sappia consigliare sul percorso più adeguato e su tutte le possibilità di successo e insuccesso, in maniera trasparente e sincera [12]. Non è facile per il paziente decidere: pur essendo consapevole che forse questa rappresenta probabilmente l’ultima o l’unica possibilità di cura e di salvezza, potrebbe sentirsi quasi obbligato, come se si trattasse di una scelta inevitabile ed ineluttabile [13]. Egli dovrebbe invece sentirsi libero di esprimere le proprie paure e angosce e di decidere in verità quello che ritiene il meglio per la propria vita. Spesso la scelta del trapianto avviene in una sorta di “stanza affollata”, dove numerosi attori suggeriscono e consigliano il loro punto di vista e sollecitano il paziente in un senso o in un altro [3]. Il carico di stanchezza determinato dalle esperienze passate e l’incertezza e la paura di provare ancora tanto dolore e sofferenza, potrebbe determinare anche una scelta rinunciataria. Il ruolo del medico e dei professionisti sanitari è, anche in questo caso, quello di essere presenti accanto al paziente, in rispettoso ascolto e silenzio. Importante è che il paziente possa avere al suo fianco le persone care, i familiari e gli amici: il non sentirsi soli e la consapevolezza di essere importanti per qualcuno e che qualcuno ti sta aspettando è un elemento decisivo che favorisce la scelta del trapianto, mentre al contrario il sentirsi abbandonati porterebbe a negarla [3]. La presenza di aspetti psicologici condizionanti, come aspettative troppo positive, opinioni poco realistiche o pregiudizi di qualsiasi genere, qualora fossero avvertite nei pazienti dai professionisti sanitari, dovrebbero suggerire, con il consenso del paziente, la possibilità di un accompagnamento psicologico da parte di professionisti esperti e preparati [14]. Sarebbe auspicabile che la figura dello psicologo e, se necessario, in taluni casi anche dello psichiatra, entrassero in maniera costante in ogni équipe trapiantologica, laddove la loro presenza non fosse ordinariamente prevista. La decisione finale resterà comunque nelle mani del paziente, al quale verrà lasciato il tempo e lo spazio per decidere serenamente e autonomamente, con la possibilità anche di cambiare idea sempre in ogni momento. Tale decisione deve essere alfine rispettata e accompagnata [15]. Una nota particolare merita la questione dell’informazione e del consenso per i pazienti pediatrici. In tale contesto la situazione appare più complessa, non solo perché la decisione è nelle mani di qualcuno che non riceverà direttamente i benefici o che non subirà gli effetti collaterali derivanti dal trapianto, ma anche perché molte delle complicanze sono difficili da quantificare e impossibili da predire con ragionevole accuratezza [16]. I professionisti della salute hanno una grande responsabilità, in quanto il loro punto di vista potrebbe essere decisivo e influenzare in maniera profonda la scelta dei genitori: l’attenzione deve essere rivolta non solo alla scelta finale e all’ottenimento di un particolare obiettivo terapeutico, ma anche a rafforzare la capacità decisionale dei genitori per il miglior bene dei minori e quando possibile, in aperta discussione con loro, guidarli ad una scelta ponderata e consapevole [1]. Se dal punto di vista legale in molti Paesi i minori non hanno potere decisionale legale al di sotto di un certo limite di età, è anche vero che dal punto di vista etico e deontologico sempre più si ha la tendenza, soprattutto quando si tratta di decisioni cliniche che riguardano questioni importanti di salute, di interpellare il minore e di coinvolgerlo nel processo decisionale [2, 7]. Ciò è possibile previo accertamento del grado di capacità di comprensione del minore, dell’età e della maturità neurologica e psicologica. La decisione del minore non potrà essere dirimente dal punto di vista giuridico, stante i limiti suddetti, ma dovrà senz’altro essere tenuta in debita considerazione sia dai genitori/tutori decisori ultimi, sia dai medici, soprattutto in quelle situazioni di conflittualità decisionale o di incertezza clinica. 4. Giustizia e allocazione delle risorse Un terzo aspetto importante riguarda il valore della giustizia relativo all’allocazione delle risorse. La giustizia è un principio che oggi, visti i costi sempre più alti della sanità e delle cure mediche, ha acquisito un valore fondamentale, spesso anche determinante. Se da un lato la decisione di alcuni Paesi come il nostro di garantire cure gratuite a tutti, rappresenta dal punto di vista etico e valoriale una scelta straordinariamente apprezzabile, non possiamo dimenticare che la limitatezza delle risorse a disposizione impedisce concretamente che questo ideale possa essere esteso indiscriminatamente a tutti. Nel caso della procedura trapiantologica sono noti i pesanti costi economici, dovuti sia ai tempi di ospedalizzazione, ma anche all’utilizzo di farmaci, risorse, personale e trattamenti avanzati, tanto da poter essere definita in taluni casi una delle più dispendiose terapie standard disponibili [16]. La scelta di dedicare

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