595 8. Miscellanea sulla vita dei pazienti che decidono di sottoporvisi, e indirettamente anche sui loro familiari, ha numerose e importanti implicazioni di tipo etico e deontologico. Nella presente trattazione verranno analizzate e discusse le principali questioni etiche riguardanti il percorso trapiantologico, evidenziando le differenze e peculiarità emergenti nelle varie fasi della procedura. 2. Le indicazioni cliniche al trapianto Il primo aspetto che merita essere oggetto di riflessione dal punto di vista etico è la questione delle indicazioni cliniche al trapianto. Il TCSE è una procedura che ha importanti ripercussioni sulla vita del paziente, essendo molto gravosa dal punto di vista sia fisico che psicologico. Spesso arriva dopo una serie di cicli di terapia che hanno sortito risultati molto scarsi e sicuramente parziali, laddove la malattia presenta sacche di resistenza difficilmente espugnabili. Il paziente giunge al trapianto fisicamente e psicologicamente molto provato: fisicamente, in quanto ha un corpo che in molti casi ha già subito gli “assalti” delle chemioterapie e il peso degli effetti collaterali; psicologicamente perché spesso il trapianto rappresenta l’ultima possibilità, e quindi il carico di aspettativa mista a paura e preoccupazione è davvero molto gravoso [1]. In questo contesto non è facile per il medico decidere di incamminare una persona ad un TCSE: se da un lato sa che questa potrebbe essere la chance ultima e decisiva per il suo paziente, dall’altro è consapevole che il trapianto comporta una serie di rischi e di effetti collaterali notevoli, che potrebbero impattare significativamente sulla sua qualità della vita e in alcuni casi provocare gravi menomazioni e disabilità, finanche la morte prematura. L’eticità della decisione clinica di intraprendere una procedura trapiantologica deriva da tre criteri fondamentali che devono guidare sempre le decisioni cliniche, come viene indicato anche nel Codice Italiano di Deontologia Medica: l’efficacia clinica, la sicurezza e la appropriatezza (Art. 13) [2]. Se il trattamento trapiantologico per una serie di ragioni risultasse non essere clinicamente appropriato, efficace e sicuro, non dovrebbe essere proposto, anche se sentimenti di compassione e di umanità potrebbero suggerire il contrario. Il rischio di prescrivere un trattamento inadeguato e inappropriato potrebbe non solo non garantire il bene autentico al paziente, ma potrebbe anche impattare significativamente sulla sua qualità della vita residua, non salvaguardando la vita ed eliminando la malattia, ma sortendo l’effetto di procrastinare la morte e le sofferenze che la accompagnano. La valutazione dell’efficacia clinica deve sempre accompagnarsi alla valutazione della proporzionalità etica delle cure, ossia del rapporto tra rischi e benefici delle cure proposte [3]. In alcune circostanze, pur essendoci una giustificata indicazione clinica a procedere, l’alto rischio di gravi effetti collaterali e la compromessa situazione di partenza del paziente, potrebbero portare a considerare sproporzionato il trattamento proposto. La medicina non ha interesse soltanto a stimare l’efficacia della terapia in termini di durata e di prolungamento del tempo di vita, ma anche di considerare la qualità della vita residua. La qualità della vita è da un lato un parametro che misura il grado di efficacia della terapia ed è quindi un elemento in grado di aiutare l’indicazione medica al trapianto [4] e di valutare la bontà di un trattamento oncologico [5]; dall’altro, essendo essa definita come l’effetto funzionale su un paziente di una malattia e la sua conseguente terapia, come viene percepita dal paziente stesso, è una valutazione individuale e personale [6]. Un trattamento connotato da inappropriatezza clinica e da sproporzione etica, avrebbe le caratteristiche delle cure inadeguate ed eccessive, ed andrebbe assolutamente evitato, sia per ragioni etiche, che deontologiche (vedi quanto riportato a tale proposito nel Codice Italiano di Deontologia Medica (Art. 16) [2] e nel Codice Deontologico italiano delle Professioni Infermieristiche (Art. 36) [7]). La decisione clinica di non intraprendere un percorso trapiantologico, non equivale ad abbandonare il paziente, lasciandolo solo nella lotta contro la malattia, ma significa offrire un percorso di cura alternativo, volto alla presa in carico globale, al controllo dei sintomi e alla gestione del dolore. Il percorso delle cure palliative non rappresenta una sconfitta della medicina, ma una visione complementare: la medicina non ha soltanto lo scopo di guarire, ma anche quello di prendere in carico la persona nella sua globalità, soprattutto quando le terapie attive non sono più efficaci. Anche qualora fosse stato deciso di intraprendere il percorso trapiantologico, potrebbero ravvisarsi ad un dato momento delle circostanze per cui il trattamento debba essere interrotto a causa del presentarsi di effetti collaterali molto gravi e invalidanti. Si renderà quindi necessario attivare anche in questo caso un percorso di cure palliative di supporto e accompagnamento. Per tale ragione si sta considerando sempre più la possibilità di attivare precocemente, anche in ambito trapiantologico, le cure palliative, in maniera simultanea e concomitante alle cure attive [8]. Ciò permetterà di evitare che i pazienti trapiantati si trovino poi a sopportare un importante carico di bisogni non soddisfatti [9]. Il TCSE e il programma di cure palliative dovrebbero iniziare ad integrarsi armoniosamente, allo scopo di garantire un significativo miglioramento dell’accompagnamento della persona in tutte le fasi della malattia [10]. 3. La decisione del paziente Il secondo aspetto etico fondamentale che deve essere oggetto di attenzione è strettamente connesso al precedente e riguarda la libertà di scelta del paziente. La libertà di scelta, estesa all’ambito delle cure e della salute, è uno dei diritti fondamentali dell’uomo, ed è oggetto di tutela e rispetto all’interno di molteplici ordini costituzionali dei diversi Stati [1]. Anche dal punto di vista etico è diventato uno dei cardini della riflessione bioetica degli ultimi trent’anni, rappresentando un elemento rivoluzionario fin dal suo sorgere. Per certi aspetti, si può anche dire che la libertà di scelta rappresenti la vera e propria rivoluzione dell’etica medica moderna, sancendo il passaggio dal paternalismo medico alla medicina dell’autonomia.
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