566 asi. Il conseguente difetto di clearance dei glicosaminoglicani (GAG) porta a severe manifestazioni sistemiche, incluso il deterioramento neurocognitivo e la malattia scheletrica. L’ERT viene utilizzata prima del TCSE, terapia standard per questa malattia. Il TCSE, da effettuare entro i primi 18-24 mesi di vita quando il danno neuro-cognitivo è ancora limitato, non è in grado però di correggere in maniera soddisfacente nel lungo termine il deterioramento cognitivo e scheletrico, che persistono e progrediscono nel tempo, compromettendo gravemente la qualità della vita dei pazienti [49]. Pertanto, partendo dagli ottimi risultati ottenuti con la GT per MLD, è stato avviato uno studio clinico di fase I/II di TG basata su LV in 8 pazienti con MPSIH che non disponevano di un donatore allogenico compatibile e con funzione neuro-cognitiva preservata. Con un follow-up mediano di 2.1 anni, la procedura ha presentato un profilo di sicurezza buono e tutti i pazienti hanno mostrato un attecchimento rapido e stabile nel tempo delle CSE autologhe corrette. Tutti i pazienti mostrano un'attività IDUA persistentemente soprafisiologica nel sangue e un'escrezione urinaria di GAG drasticamente diminuita, con raggiungimento di livelli normali a 12 mesi dal trattamento. L’attività IDUA è stata rilevata anche nel liquido cerebrospinale con clearance locale dei GAG. Dal punto di vista clinico, i pazienti mostrano progressiva acquisizione di capacità motorie e cognitive, miglioramento della rigidità articolare e crescita staturale normale [56]. La mucopolisaccaridosi di tipo III (MPS III) o malattia di Sanfilippo è causata da mutazioni nel gene SGSH che codifica per la lisosomiale N-sulfoglucosamina sulfoidrolasi. Questa malattia neurodegenerativa ad esordio infantile è caratterizzata da regressione cognitiva, disturbi del comportamento e del sonno, perdita della deambulazione e morte prematura. A differenza delle altre MPS, non è stata ancora approvata alcuna terapia definitiva per questa malattia. Anche per MPSIIIA è stata sviluppata una strategia di TG ex vivo con LV: la principale differenza con l'approccio adottato per l’MPSIH si basa sull'uso del promotore mieloide CD11b per consentire l'espressione specifica nelle cellule mieloidi che ripopolano il cervello dopo il trapianto. Uno studio clinico di fase I/II (NCT04201405) sta reclutando fino a cinque pazienti con MPSIIIA di età compresa tra 3 e 24mesi presso l’Università di Manchester. I dati preliminari relativi sul primo paziente trattato mostrano, a 12mesi post-TG, attecchimento persistente, elevati livelli enzimatici di SGSH nei leucociti e una rapida diminuzione dei GAG nel liquido cerebrospinale, nel sangue e nelle urine [57]. La malattia di Fabry è una LSD dovuta al deficit dell'enzima alfa-galattosidasi A (a-gal A) per la quale è disponibile ERT. Sono stati avviati studi clinici di fase I per il trattamento con GT basata su LV di pazienti affetti da malattia di Fabry (NCT02800070; NCT02800070; NCT03454893) [58]. I pazienti sono stati parzialmente mieloablati prima dell'infusione di CSE trasdotte per favorire l'attecchimento delle cellule corrette. Finora non sono stati segnalati eventi avversi gravi dovuti al trattamento e i ricercatori hanno osservato un attecchimento duraturo di CSE trasdotte con espressione normale o sovrafisiologica di α-gal A. Tre pazienti hanno potuto sospendere la terapia enzimatica sostitutiva. 2.4 Immunoterapia dei tumori con linfociti geneticamente modificati Molte strategie di isolamento, espansione e manipolazione genica dei linfociti T si sono sviluppate negli anni ’90, con l’obiettivo di ritenere gli effetti benefici antileucemici e di immuno-ricostituzione mediati dai linfociti allogenici infusi con il TCSE, e controllare la GvHD (Chabannon et al Sci Transl Med 10, 2018). Tra queste, l’uso di linfociti ingegnerizzati con geni suicida ha permesso un controllo selettivo della GvHD in contesto HLA identico e aploidentico, e rappresenta il primo prodotto cellulare ingegnerizzato approvato in Europa per malattie neoplastiche [59; 60]. Oggi, tramite metodiche di trasferimento genico e di editing genetico è possibile ingegnerizzare i linfociti al fine di renderli specifici per antigeni tumorali [61]. Oltre ai CAR-T, farmaci cellulari ingegnerizzati geneticamente e trattati nel capitolo 7.3, i linfociti T possono essere ingegnerizzati per esprimere recettori dei linfociti T (TCR) specifici per antigeni tumorali. A differenza dei CAR, i TCR riconoscono gli antigeni sotto forma di peptidi processati e presentati dalle molecole HLA. Questa modalità di riconoscimento ha conseguenze importanti: in termini di fattibilità ogni TCR può funzionare solo in pazienti che esprimono l’elemento di restrizione necessario per il riconoscimento; d’altro canto, a differenza dei CAR, con i TCR è possibile colpire anche antigeni intracellulari, oltre agli antigeni di superficie. Questo aspetto permette di ampliare molto il repertorio antigenico potenzialmente targettabile. Il primo studio clinico con linfociti ingegnerizzati con TCR è stato condotto utilizzando vettori retrovirali codificanti per un TCR specifico per MART-1. Quindici pazienti affetti da melanoma metastatico sono stati infusi con linfociti autologhi ingegnerizzati e 2 pazienti hanno ottenuto una risposta clinica [62]. Molti altri trials clinici sono poi iniziati nel contesto di neoplasie ematologiche e solide: nel 2021 sono stati registrati almeno 745 trials clinici con linfociti ingegnerizzati di cui più di 100 utilizzano linfociti ingegnerizzati con TCR [63]. Rispetto alle esperienze cliniche ottenute con l’immunoterapia adottiva con linfociti naturali, infiltranti i tumori (TILs), la tecnica di TCR gene transfer ha mostrato alcuni limiti [64]. Innanzitutto l’aggiunta di un TCR anti-tumorale a linfociti maturi, che già esprimono un proprio TCR, induce una mutua diluizione dei due TCR, con conseguente espressione subottimale del transgene antitumorale. Inoltre, essendo il TCR un eterodimero, sono possibili appaiamenti inappropriati tra le catene endogene e le catene del TCR antitumorale, con conseguente generazione di nuove specificità, che potrebbero rivelarsi reattive e tossiche per il paziente. Questi limiti sono superabili attraverso le tecniche di editing genetico. 3. Editing genetico L’editing genetico è un sofisticato insieme di procedure, basate sull’uso di nucleasi specifiche per regioni selezionate nel DNA, che permettono non solo di ag-
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