549 7. Oltre il Trapianto e la positività della malattia minima residua (MMR). La persistenza di un chimerismo misto dopo trapianto o la riduzione progressiva dello stesso sono un’indicazione per le DLI, a meno che il chimerismo del donatore non sia inferiore al 50%, condizione in cui non è raccomandato procedere con le DLI per l’elevato rischio di aplasia midollare secondaria. La persistenza di una MMR positiva o la ricomparsa dopo una iniziale completa “clearance” rappresentano una frequente situazione clinica di utilizzo “pre-emptive” delle DLI e presuppongono il monitoraggio di un marker fenotipico, citogenetico o molecolare della malattia ematologica per cui è stato eseguito il trapianto. Una ulteriore indicazione alla somministrazione delle DLI è quella profilattica, ovvero la somministrazione in pazienti in remissione completa con MMR negativa (nei casi in cui la stessa sia determinabile) ad alto rischio di ricaduta post-trapianto. Il tempo tra il trapianto e la prima DLI varia a seconda dell’indicazione e, nel caso di DLI profilattiche, la somministrazione è precoce, generalmente dopo 60-90 giorni dal trapianto. 3. Le patologie ematologiche Dal momento che i due terzi dei trapianti sono eseguiti in pazienti con leucemia acuta, è facilmente comprensibile che quest’ultima sia la patologia più frequentemente trattata con DLI post-trapianto ed oggetto del numero maggiore di studi clinici. Alcuni studi retrospettivi dell’European Bone Marrow Transplantation (EBMT) hanno valutato l’efficacia delle DLI nelle leucemie acute sia dopo ricaduta ematologica sia nell’uso preventivo. Nella ricaduta ematologica conclamata della leucemia mieloide acuta dopo un primo trapianto allogenico, la somministrazione delle DLI prolunga la sopravvivenza rispetto ai controlli che non le ricevono [8]; inoltre, in uno studio successivo di confronto tra DLI e secondo trapianto, le DLI conferiscono un beneficio clinico non inferiore al secondo trapianto [9]. Tuttavia, bisogna ammettere che il beneficio delle DLI dopo ricaduta ematologica nei due studi sopracitati è modesto in quanto la sopravvivenza a lungo termine è del 21% e del 25%, rispettivamente. Nel contesto della profilassi, uno studio caso-controllo ha dimostrato che la somministrazione profilattica delle DLI migliora in modo significativo l’outcome nella leucemia mieloide acuta ad alto rischio, ma non ha un beneficio sulla sopravvivenza né nella leucemia mieloide a rischio standard né nella leucemia acuta linfoblastica [10]. Inoltre, in un recente studio EBMT che ha analizzato 318 pazienti con leucemia acuta in remissione completa che hanno ricevuto DLI per profilassi, chimerismo misto o MMR positiva, la sopravvivenza libera da ricaduta e la sopravvivenza globale a 5 anni dalle DLI sono risultate pari al 58% e al 65 %, rispettivamente [11]. Anche nella mielofibrosi l’uso pre-emptive delle DLI in caso di persistenza della mutazione V617F del gene JAK2 a 3 e/o 6 mesi dopo il trapianto ha permesso di raggiungere la remissione molecolare nel 38% dei pazienti trattati [12] Una revisione sistematica della letteratura che aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia delle DLI nella ricaduta clinica post–trapianto nelle malattie linfoproliferative ha compreso 39 studi e ha riportato i seguenti tassi di remissione completa ematologica: 55% (95%CI 15-92) nella leucemia linfatica cronica, 52% (95%CI 33-71) nei linfomi non Hodgkin, 37% (95%CI 20-56) nei linfomi di Hodgkin, 27% (95%CI 16-40) nella leucemia linfoblastica acuta e 26% (95%CI 19-33) nel mieloma multiplo [13]. 4. I donatori Le DLI possono essere raccolte da un donatore familiare HLA identico, da un donatore da registro oppure da un familiare parzialmente identico. Il maggior grado di diversità HLA tra donatore e ricevente nel donatore familiare aploidentico potrebbe far supporre un maggior rischio di GVHD acuta e/o cronica dopo infusione delle DLI. Tuttavia, la maggior parte degli studi nel trapianto T- repleto con la piattaforma della ciclofosfamide post trapianto non ha evidenziato un aumento significativo di complicanze immunologiche e di mortalità post-trapianto [14], anche se le dosi somministrate sia nella prima infusione che globalmente erano in genere inferiori di un logaritmo rispetto a quelle somministrate nel trapianto familiare HLA identico (vedi capitolo sottostante). Nel contesto del trapianto aploidentico bisogna sottolineare che le DLI potrebbero essere del tutto inefficaci nei casi di ricaduta di una leucemia, le cui cellule presentino la perdita dell’aplotipo non condiviso (“mismatched HLA haplotype loss”), che è un meccanismo di “escape” immunologico presente in circa un terzo delle ricadute dopo trapianto aploidentico [15]. Inoltre, è necessario distinguere nettamente gli effetti delle DLI da donatore aploidentico dopo trapianto T-repleto, sostanzialmente non molto diversi rispetto al trapianto da altri donatori HLA-compatibili, rispetto alla piattaforma del trapianto T-depleto, in cui la ricosituzione immunologica è parziale e più tardiva e che verosimilmente richiedono un protocollo sperimentale “ad hoc”. 5. Dosi e schemi di somministrazione Sin dai primi studi clinici nella leucemia mieloide cronica è apparso evidente che la somministrazione di più infusioni frazionate a dosi crescenti (“escalating schedule”) era più efficace e più sicura rispetto alla infusione di un’unica dose (“bulk schedule”). L’intervallo di tempo tra una dose e l’altra è generalmente di 4-6 settimane ed ha lo scopo di valutare l’insorgenza di eventuali complicazioni immunologiche e di permettere, se necessaria, la valutazione della risposta della malattia ematologica di base. La dose della prima infusione e delle dosi successive dipendono da 2 fattori fondamentali: 1) l’indicazione delle DLI; 2) il grado di disparità HLA (mismatch) tra ricevente e donatore. Innanzitutto, la dose raccomandata è più elevata in caso di indicazione terapeutica (malattia ematologica conclamata) rispetto ad una indicazione preventiva (chimerismo misto, positività della MMR o alto rischio di recidiva in pazienti in remissione completa), in quanto in caso di ricaduta clinica è urgente ottenere subito una risposta e si ipotizza di non avere il tempo sufficiente per somministrare più dosi ad intervalli crescenti. In secondo luogo, si ritiene che tanto più elevato è il mismach tra donatore e ri-
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