Handbook_Volume III

543 6. Complicanze tardive gere dopo un tempo variabile dal trapianto; anch’essa ha generalmente una prognosi infausta [9]. Possiamo riconoscere in questo eterogeneo sottogruppo di patologie almeno tre entità distinte: la Malattia linfoproliferativa post trapianto (PTLD), il Linfoma tardivo del donatore (LOL) e la Leucemia del donatore (LD) [10]. La PTLD costituisce la SN più frequente nel primo anno dopo un allotrapianto, in particolare nei pazienti EBV positivi e che hanno subito deplezione T linfocitaria. Da un punto di vista morfologico è più frequentemente un linfoma diffuso a grandi cellule B, meno spesso un Linfoma di Burkitt o un Linfoma plasmoblastico [1, 11]. Il LOL è una patologia spesso associata con graft versus host disease (GvHD) estesa e cronica, che frequentemente si manifesta come un linfoma di Hodgkin a cellularità mista EBV-positivo. Ha di solito un’insorgenza più tardiva rispetto alla PTLD, attorno ai 2 anni e mezzo dopo il trapianto, e ha una prognosi migliore [1, 10]. La LD è un’entità rara, che solitamente insorge a circa trenta mesi dal trapianto e con un meccanismo patogenetico ancora non del tutto chiarito, che si articola in una sinergia tra la predisposizione genetica del donatore e il microambiente immuno-modulato del ricevente. [1, 11]. Le Neoplasie solide sono patologie oncologiche che possono interessare qualsiasi organo e dal punto di vista anatomopatologico possono essere associate a qualunque istotipo. La prognosi dipende principalmente dal tipo di tumore e l’incidenza solitamente aumenta con il follow up ematologico del paziente.[12] 2. Epidemiologia L’incidenza delle SN è variabile in base alla specifica patologia; in generale è stato dimostrato che un paziente sottoposto ad allotrapianto di cellule staminali ha un rischio di sviluppare una SN otto volte maggiore rispetto alla popolazione generale e tre volte maggiore di sviluppare in particolare un tumore solido. [1, 13] Le t-MN hanno una frequenza variabile a seconda del tipo di chemioterapia effettuato e della neoplasia ematologica primitiva e sembrano dipendere molto dalle linee di terapia precedenti al trapianto [4, 14]. Tra le patologie con più bassa incidenza di SN post trapianto, a tal riguardo, sono descritte le neoplasie mieloproliferative croniche e disordini non maligni (aplasia midollare, disordini autoimmunitari). I pazienti sottoposti ad autotrapianto per linfoma sviluppano una t-MN nell’1-2% dei casi a due anni dal trapianto e fino al 24% a 43 mesi [15]. Molto più bassa è invece l’incidenza di t-MN nei pazienti che sono stati sottoposti a chemioterapia per tumori solidi o in quelli che hanno eseguito un autotrapianto per mieloma multiplo; rarissima è l’incidenza di t-MN dopo trapianto per patologie autoimmuni, forse in considerazione del fatto che le terapie precedentemente effettuate hanno una cancerogenicità minore [13, 16]. L’Emopatia del donatore è una complicanza molto rara (incidenza cumulativa < 1% a 15 anni) e rappresenta fino al 5% delle “recidive” post trapianto, con una latenza di insorgenza solitamente molto breve, in particolare per la PTLD (incidenza massima nei primi 24 mesi) [1]. Le Neoplasie solide coinvolgono fino al 15% dei pazienti trapiantati a 15 anni da un condizionamento mieloablativo, con un’incidenza che aumenta con il passare del tempo: l’incidenza cumulativa riportata in letteratura è dell’1.2-1.6% a 5 anni, 2.2-6.1% a 10 anni e 3.8-14.9% dopo i 15 anni [13]. Per quanto riguarda la mortalità, le SN sono responsabili del 5-10% della mortalità tardiva di questi pazienti. I tumori più frequentemente descritti nei pazienti trapiantati sono il cancro della mammella (11% a 25 anni), i tumori cutanei (in particolare basalioma 6.5% a 20 anni e il carcinoma squamocellulare), il tumore tiroideo (rischio aumentato di più di tre volte rispetto alla popolazione generale). Solitamente insorgono molti anni dopo il trapianto, e maggiormente nei pazienti più anziani. [13] In letteratura sono pochi gli studi che confrontano l’incidenza di neoplasie nei trapiantati rispetto alla popolazione generale: in un recente studio, che ha confrontato l’incidenza di tumori in pazienti pediatrici sottoposti a trapianto con la popolazione generale, è emerso un rischio circa quattro volte maggiore di sviluppare un cancro nei soggetti trapiantati. [17] 3. Patogenesi e fattori di rischio La patogenesi delle SN si basa su meccanismi diversi in base al tipo specifico di neoplasia. Nella Tabella 1 sono riassunti i meccanismi patogenetici delle SN più studiati in letteratura. Un ruolo importante viene sicuramente riconosciuto alla chemioterapia e alle radiazioni ionizzanti che il paziente ha effettuato prima del trapianto. [1,18] I farmaci più significativamente associati a rischio di SN sono principalmente gli agenti alchilanti, le antracicline e gli inibitori della topoisomerasi, mentre in modo meno marcato anche gli antimetaboliti e gli analoghi delle purine [1, 18]. In uno studio pubblicato qualche anno fa, è stata studiata l’epidemiologia delle SN in una coorte di pazienti con leucemia mieloide acuta e leucemia mieloide cronica sottoposti a condizionamento mieloablativo: questi pazienti avevano un’incidenza cumulativa di SN a dieci anni dell’1.2-2.4% e sviluppavano più frequentemente tumori orofaringei, dell’esofago, del polmone, dei tessuti molli e del sistema nervoso centrale [19]. Allo stesso tempo, in letteratura sono presenti dati contrastanti sul rischio di sviluppare SN dopo un condizionamento non-mieloablativo: se infatti da un lato la minore tossicità degli schemi ad intensità ridotta potrebbe indurre meno danni genetici nelle cellule sane, dall’altro gli schemi non-mieloablativi sono frequentemente riservati a pazienti più anziani (e quindi più a rischio di seconde neoplasie), sono associati a una terapia immunosoppressiva più importante e contemplano spesso la sinergia tra chemioterapia e radioterapia, con un potenziamento dell’effetto cancerogeno [20]. In passato la fludarabina ha ricoperto un ruolo centrale nel trattamento di patologie quali leucemia linfatica cronica, linfomi indolenti. La sua aggiunta, insieme ad altri agenti chemioterapici quali agenti alchilanti che danneggiano il DNA, inibendo i sistemi di riparazione di quest’ultimo, aumenta sensibilmente il rischio di SN, HR 2.6 (p=0.026). [21]. Per quanto riguarda le radiazioni, invece, esse rivestono un ruolo cruciale nella patogenesi delle neoplasie

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