Handbook_Volume III

538 6.4 Qualità di vita post trapianto Paola Garau1*, Sara Scalise1, Marco Cioce1 1UOC SITRA - Fondazione Policlinico Universitario A. Email address: Paola.garau@policlinicogemelli.it *Corresponding author Abstract: Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è una tecnica molto diffusa che offre ottime possibilità di cura in pazienti con una prognosi altrimenti infausta. A fronte di tale vantaggio ci sono numerose sfide da affrontare soprattutto nel caso del trapianto allogenico, cioè da donatore HLA compatibile. Il disagio fisico e psicologico dei pazienti e delle loro famiglia è sicuramente molto profondo, tanto più in coloro che sviluppano complicanze relative al trapianto stesso ed è della durata anche di molti anni. La qualità della vita di questi pazienti e delle persone che vivono con loro si riduce in maniera inversamente proporzionale all’aumento della fatigue sconvolgendone tutte le attività lavorative e del vivere quotidiano. È quindi necessario che il paziente che entra in ambito trapiantologico venga preso in carico nel suo insieme data l’entità del distress psicofisico che si trova ad affrontare. Keywords: Fatigue; Quality of Life; Hematopoietic stem cell transplantation; Cargiver; Distress 1. Introduzione Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (HSCT) è una tecnica molto diffusa e che offre una elevata probabilità di guarigione in caso di malattie ematologiche quali leucemie, linfomi, mieloma, immunodeficienza primitiva, aplasia midollare, mielodisplasia. Il HSCT può essere di tipo autologo, utilizzando le cellule del paziente stesso, o di tipo allogenico; quest’ultimo consiste nella infusione di cellule staminali emopoietiche di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo essere stato “condizionato”, cioè trattato con somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia. Il midollo osseo, il sangue periferico ed il sangue del cordone ombelicale sono le sorgenti di cellule staminali emopoietiche. Il sangue periferico ha largamente sostituito il midollo osseo come fonte di cellule staminali, specialmente in caso di trapianto autologo, perché il prelievo è più facile e le conte di neutrofili e piastrine risalgono più rapidamente. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale è riservato principalmente ai bambini perché il numero di cellule staminali nel cordone ombelicale è spesso troppo esiguo per un adulto [1]. Nel trapianto allogenico occorre che il donatore sia compatibile con il ricevente, ovvero che condivida sulle sue cellule analoghe proteine appartenenti al cosiddetto sistema di istocompatibilità maggiore (human leukocyte antigen, HLA). La ricerca di un possibile donatore viene sempre iniziata nel nucleo familiare, in particolare dai fratelli, anche se recentemente è stato introdotto il trapianto aploidentico, nel quale il donatore condivide con il paziente solo parte del sistema HLA e che risulta disponibile ogniqualvolta esista una coppia vivente genitore-figlio. Nel caso in cui in famiglia non sia disponibile un donatore idoneo, quest’ultimo viene cercato all’esterno attraverso registri internazionali di volontari “sani” e attraverso network di banche di sangue di cordone ombelicale. Il trapianto allogenico, rappresenta ancora oggi un trattamento “impegnativo” per il paziente e per il suo caregiver; alcune narrazioni paragonano il paziente ad una sfera di cristallo che va protetta tutelata da qualsiasi aggressione esterna” [2]. La Qualità della vita (QdV) e la fatigue, aspetti importanti del percorso di cura di pazienti affetti da patologie onco-ematologiche, sono rimasti inesplorati per molti anni, fino a quando si è riusciti ad ottenere un migliore controllo e gestione dei sintomi acuti più comuni quali nausea, emesi e dolore. Un certo numero di fattori correlati al trattamento e alla malattia possono contribuire

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