Handbook_Volume III

536 che potrebbe interferire con la spermatogenesi e creare un danno al genoma. Gli spermatozoi sono cellule estremamente resistenti, per cui l’unico danno che si può riscontrare a seguito del processo di congelamento è una riduzione della motilità spermatica del 20 %. Ad oggi non esistono parametri che permettano di predire l’entità del danno genomico e quindi quanto questo possa influire su fertilità e progenie. Un aspetto prioritario nella crioconservazione è la conoscenza dello status infettivologico del campione per escludere la presenza dei virus epatite B, C, HIV e Citomegalovirus che teoricamente possono sopravvivere all’interno delle cellule congelate nell’azoto liquido di conservazione. La raccolta deve avvenire presso la Banca del Seme. [13] 4.2.2 Fertilità femminile • Crioconservazione degli embrioni: si tratta della metodica più sperimentata e di maggiore efficacia clinica: richiede che la pz sia sessualmente attiva, che abbia un partner fisso e che faccia una stimolazione ormonale, non sempre indicata per la patologia di base (es. malattie autoimmuni), sia per i farmaci impiegati, sia per il tempo necessario. In Italia, con l’entrata in vigore della Legge 40/2004, [14] la crioconservazione degli embrioni è rigidamente regolamentata. Il decesso della paziente pone ulteriori limitazioni dal punto di vista etico. • Criopreservazione degli ovociti: sebbene la resa clinica di questa metodica sia inferiore al congelamento embrionario, essa è ormai entrata in uso nei centri di procreazione assistita in quanto risolve molti dei problemi etici, morali e religiosi legati allo stoccaggio degli embrioni. Anche in questo caso è necessario che la paziente sia sessualmente attiva e ritardi l’inizio del trattamento anti-neoplastico di 2-3 settimane a favore della stimolazione ormonale, ammesso si possa fare. Altro problema di grande rilevanza è l’estrema sensibilità del gamete femminile allo scongelamento, per cui si sta cercando di mettere a punto diversi protocolli di congelamento (slow-freezing, vitrification ecc.) che hanno scopo di ridurre al minimo il danno prodotto sull’ovocita dai cristalli di ghiaccio. Il prelievo di ovociti immaturi rappresenta una tecnica “emergente” che permette di ridurre il tempo di preservazione e non comporta la fase di stimolazione. [13]. L’ovocita criopreservato dopo scongelamento verrà fecondato con tecnica ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo). • Soppressione ovarica con LHRH analoghi o antagonisti: La soppressione ovarica temporanea ottenuta mediante la somministrazione di LHRH analoghi (triptorelin, goserelin, leuprolide) in concomitanza alla chemioterapia è stata sviluppata specificamente come strategia per ridurre la gonadotossicità chemio-indotta ed il conseguente rischio di insufficienza ovarica prematura. I meccanismi di messa a riposo del tessuto ovarico agiscono in diverse maniere, proteggendolo così dall’aggressione dei chemioterapici ai danni di cellule ad alto turn-over cellulare [15] • Crioconservazione del tessuto ovarico: tecnica sperimentale che prevede un intervento in laparoscopia per il prelievo di frammenti di corticale ovarica; è applicata in quei casi in cui non sia possibile ricorrere alla stimolazione per crioconservare gli ovociti o gli embrioni, a causa dell’età della paziente o per le tempistiche di inizio del trattamento. Non richiede un partner o la stimolazione ormonale. Può essere eseguita in qualsiasi momento del ciclo mestruale, in donne di età inferiore ai 38 anni, è controindicato in patologie ad alto rischio di metastasi ovariche [16] 4.3 Gravidanza e TCSE Per quanto riguarda la gravidanza, viene ragionevolmente consigliata alle pazienti un’attesa di circa 2 anni dal trattamento prima di fare un tentativo. [2] Questo è legato al fatto che in caso di trapianto allogenico il trattamento con immunosoppressori viene interrotto dopo 6 mesi (se non presentano segni di GvHD), e che le recidive solitamente si potrebbero manifestare in questo lasso di tempo. Comunque l’intervallo di tempo ideale tra il termine dei trattamenti ed il concepimento non è stato ancora definito in maniera univoca. Non sono state evidenziate associazioni statisticamente significative tra malattie genetiche o malformazioni registrate nei nuovi nati ed i trattamenti antiproliferativi subiti. [2] [17]

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