535 6. Complicanze tardive vano nel liquido seminale fino a ventiquattro ore dopo l’infusione; è opportuno l’uso del profilattico solo durante questo periodo.[11] 3.2. GvHD genitale Una citazione a parte merita la GvHD genitale in quanto specifica per chi effettua il TCSE allogenico. Per approfondimenti si rimanda alla sezione 6.7 del presente Handbook. 4. Fertilità e trapianto di CSE La fertilità è un processo complesso che coinvolge fenomeni endocrini, meccanici, fisici e psicologici. L’accordo Stato-Regioni del 2017 [12] ha definito un percorso diagnostico assistenziale per i pazienti oncologici che desiderino preservare la fertilità. La discussione degli aspetti legati alla preservazione della fertilità devono essere parte integrante della valutazione specialistica e del colloquio medico-paziente. Una chiara e corretta comunicazione tra le figure coinvolte è la chiave del processo decisionale del paziente. [13] L’infertilità nei pz affetti da malattie oncologiche è spesso iatrogeno e può essere la conseguenza di un danno diretto sull’asse neuroendocrino, oppure di un danno (diretto o indiretto) alle gonadi dovuto a chirurgia, chemio o radioterapia, come nel caso di pazienti con linfoma, leucemia linfoblastica e localizzazione testicolare, o sarcomi mieloidi nella stessa sede. 4.1 Eziopatogenesi Il danno gonadotossico, che può essere transitorio o irreversibile, è influenzato da: • Sesso del pz: - Maschio: il testicolo pre-puberale è molto più sensibile al danno iatrogeno del testicolo maturo; infatti le cellule spermatiche primordiali sono le più suscettibili agli effetti tossici di chemio e radioterapia. Quello maturo invece contiene cellule spermatiche aploidi in fase di maturazione, che sono più resistenti al danno tossico, ma che a seguito dei trattamenti possono subire alterazioni del DNA. (12) - Femmina: la corticale ovarica è popolata da un numero definito di cellule germinali primordiali che diminuiscono nel corso della vita come risultato dell’atresia e dell’ovulazione, fino a raggiungere un 25% della quota iniziale alla pubertà. L’aggressività della chemio-radioterapia condiziona notevolmente la funzionalità ovarica. (13)(14) • Età del paziente: mentre nel maschio il testicolo maturo è più resistente al danno, nella femmina l’ovaio è più sensibile al danno all’aumentare dell’età della pz poiché la riserva ovarica diminuisce con l’età a seguito della riduzione fisiologica delle cellule germinali. (15) • Tipo e dose del trattamento: è dimostrato che l’incidenza e l’entità del danno sono direttamente proporzionali alla dose chemio e radioterapica somministrata. (11) - Radioterapia: le radiazioni hanno un effetto dannoso sulle gonadi a qualunque età e l’intensità del danno dipende dalla dose, dal tempo di esposizione e dallo stadio di sviluppo delle cellule germinali. Dosi di radiazioni comprese tra 5-20 Gy sono in grado di danneggiare irreversibilmente le gonadi, indipendentemente dall’età del paziente. (16) - Chemioterapia: oltre la dose, influiscono anche il tipo di farmaco somministrato e le associazioni di più farmaci all’interno dei vari protocolli. Il maggior rischio di infertilità iatrogena è dovuto all’utilizzo di alchilanti (ciclofosfamide, ifosfamide, busulfano, melphalan) e le nitrosuree (carmustina, lomustina). Seguono i derivati del platino e la doxorubicina.. (17) In entrambi i sessi, il maggior rischio di infertilità iatrogena è associato agli agenti alchilanti. Un basso rischio è associato a metotrexate, fluorouracile, vincristina, vinblastina, bleomicina e dactinomicina. I dati relativi al rischio da taxani non sono ancora conclusivi. Il tamoxifene comporta un rischio di menopausa precoce basso e correlato all’età; la reversibilità della soppressione ovarica con LHRH analoghi dipende fortemente dall’età della paziente. [13] Attraverso un approccio multidisciplinare ed una comunicazione efficace, dovrebbe essere attuata una corretta informazione, sui rischi di infertilità iatrogena e sulle terapie disponibili per ridurne l’incidenza, a partire dalla diagnosi e durante le successive fasi di trattamento. • Quando i pazienti accedono alle unità di TCSE, il percorso terapeutico è già stato impostato e le decisioni sulla preservazione della fertilità già prese ed attuate; ma il personale sanitario può svolgere comunque un ruolo importante di sostegno ai pazienti, attraverso la conoscenza dell’argomento ed interventi di counselling efficace, volti a fugare dubbi e perplessità sul futuro genitoriale del paziente. 4.2 Tecniche di preservazione della fertilità La complessità maggiore delle metodiche di conservazione della fertilità nelle donne, può portare ad un ritardo nell’inizio dei trattamenti, quindi va attentamente valutata la metodica e discussi con la paziente la decisione ed i rischi per la sua salute. Nel maschio la tecnica è più semplice e non prevede ritardi nell’inizio della terapia. Se la tematica relativa alla fertilità non è stata affrontata durante la fase di induzione della malattia, il medico nel corso del colloquio informativo che precede il consenso al trapianto, deve informare il paziente sui potenziali rischi di sterilità connessi con la terapia e conseguentemente illustrare le possibili opzioni di preservazione della funzione endocrina e riproduttiva sulla base dell’età, del sesso e dei trattamenti chemio e radioterapici già effettuati. 4.2.1 Fertilità maschile • Criopreservazione del liquido seminale: il congelamento del liquido seminale consente di preservare gli spermatozoi per un tempo indefinito sospendendo in modo reversibile le attività biologiche di queste cellule. A causa degli effetti mutageni di vari trattamenti antineoplastici nelle cellule germinali maschili, risulta fondamentale che il prelievo e il congelamento del liquido seminale avvengano prima dell’inizio del trattamento,
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