Handbook_Volume III

51 1. Aspetti Generali minima alloreattività, necessaria per un effetto GvL, prevenendo tuttavia la GvHD derivante da un’alloreattività maggiore. Il primo modello di permissività, chiamato T Cell Epitope (TCE3), suddivide gli alleli HLA-DBP1 in tre gruppi TCE differenti sulla base del loro polimorfismo strutturale: alleli appartenenti allo stesso gruppo TCE stimolano una minima alloreattività (mismatch permissivo) a differenza di alleli in gruppi TCE diversi (mismatch non permissivo). I mismatch permissivi TCE3 sono associati a una riduzione del rischio di relapse rispetto ai match per HLA-DPB1, con una GvHD acuta e una non-relapse mortality meno severe rispetto ai mismatch non permissivi, migliorando globalmente la sopravvivenza [32]. Entrambi i tipi di mismatch, tuttavia, si accompagnano ad un incremento della GvHD cronica [33]. Il modello a 3 gruppi rappresenta lo standard attuale, anche se a breve potrebbe essere soppiantato da un modello a 4 gruppi TCE. Esistono degli strumenti informatici on line per la valutazione della permissività del mismatch (https://www. ebi.ac.uk/ipd/imgt/hla/dpb.html). La permissività del mismatch per HLA-DPB1 può riflettere, secondo un modello alternativo, il livello di espressione della molecola sulla superficie cellulare, che può essere predetto sulla base di un’analisi per singolo polimorfismo nella regione non tradotta 3’: la presenza di un allele ad alta espressione si associa a un rischio più elevato di GvHD acuta [27]. E’ interessante notare come questi modelli siano in parte sovrapponibili [34] e come possano integrarsi a vicenda: un paziente con un mismatch in HLA-DP1 a bassa espressione, è associato a un rischio aumento di GvHD se il mismatch non è TCE-permissivo [35]. Un altro approccio per predire l’impatto immunologico del mismatch è il calcolo, tramite algoritmi on line, del numero di epitopi riconoscibili che possono derivare dalla molecola HLA mismatched e che, presentati dalle molecole HLA di classe I e II, possono generare un’alloreattività T indiretta, i cosiddetti PIRCHE [36]. Infine, è rilevante considerare la direzione del mismatch: se il ricevente o il donatore esprimono un singolo allele per un locus, ad esempio in caso di omo o emizigosi, ci troveremo di fronte a un mismatch unidirezionale. Questi possono essere di due tipi: se il ricevente è omozigote, mentre il donor è eterozigote, allora il mismatch sarà nella direzione Host versus Graft (HvG); al contrario, se il donor è omozigote e il ricevente è eterozigote, il mismatch sarà nella direzione Graft versus Host (GvH). Nel caso in cui sia il ricevente che il donatore siano mismatched omozigoti oppure entrambi eterozigoti con un match 7/8, allora il mismatch sarà bidirezionale. I pazienti trapiantati 7/8 con mismatch HvG presentano un rischio significativamente inferiore di GvHD acuta rispetto ai pazienti 7/8 con mismatch bidirezionale o GvH, anche se questo, in una casistica retrospettiva, non si è tradotto in una differenza significativa in termini di sopravvivenza [28]. 6. Fattori non HLA Tra i fattori immunologici non HLA coinvolti nell’istocompatibilità, un ruolo prominente è giocato dall’alloreattività NK. Fisiologicamente, le cellule NK partecipano alla difesa contro infezioni, neoplasie e allo-antigeni. La loro attività è mediata da recettori che comprendono i Killer Immunoglobulin-like Receptors (KIR) e i recettori lectina-like, che interagiscono rispettivamente con l’HLA e con molecole di derivazione HLA classe I, i MHC class I Chain-related, i MICA. Il locus dei geni KIR mappa sul braccio lungo del cromosoma 19, presenta un elevato polimorfismo e viene ereditato come aplotipo. La variabilità riguarda non soltanto la sequenza nucleotidica, ma anche il numero di diversi geni KIR, con aplotipi che codificano per recettori prevalentemente attivatori a breve durata di azione o inibitori long-acting, coespressi stocasticamente sulle cellule NK [37]. Gli antigeni HLA di classe I recano epitopi specifici di legame per i KIR e si ritiene che le cellule NK possano andare incontro ad un processo di educazione simile a quello delle cellule T, in maniera dipendente dalla presenza o dalla assenza di ligandi KIR self. L’effetto inibitorio o attivatorio della interazione del KIR (o della mancata interazione) con il ligando di classe I è un processo complesso che dipende dal numero relativo di KIR inibitori o attivatori e dallo stato di educazione delle cellule NK. Queste cellule, infatti, derivanti da individui che esprimono il rispettivo ligando HLA, sono fortemente reattive nei confronti delle cellule che non presentano il medesimo ligando. Il “missing self” è alla base dell’effetto GvL attribuito a queste cellule nel contesto del trapianto aploidentico. Il ruolo dei KIR nel trapianto da donatore non familiare rimane tuttavia controverso e rispecchia l’influenza di altri fattori, come la T-deplezione in vivo [3]. Anche a questo proposito, esistono anche degli strumenti on line per la determinazione dell’aplotipo KIR del donatore più favorevole (https://www.ebi.ac.uk/ipd/kir/ donor_b_content.html). I MICA, come anticipato, legano recettori NK alternativi, lectin-like, con bassa avidità, risultando in una attivazione NK debole [38]. Il mismatch per MICA-129 è stato associato a una riduzione significativa della sopravvivenza e ad un incremento della GvHD severa [39], anche se altri studi riportano dati contrastanti. Infine, la regione dell’MHC di classe III è anche descritta come gamma block e contiene geni codificanti per varie proteine regolatorie del sistema immune, come i componenti del complemento C2 e C4, citochine o chemochine: l’applicazione di tecniche di biologia molecolare ha rilevato una elevata frequenza di polimorfismi per singolo nucleotide per le sequenze codificanti o per i micro-RNA con funzioni regolatorie di questa regione, senza tuttavia che tali polimorfismi abbiano dimostrato una significativo impatto sull’outcome del trapianto [40].

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