Handbook_Volume III

476 paziente prima di ogni trattamento e nel follow-up a lungo termine [4], [7], suggerire ai pazienti le precauzioni necessarie al fine di limitare e prevenire i rischi correlati alla fototerapia (indossare occhiali da sole, mettere la protezione solare, evitare di esporsi al sole o a lettini abbronzanti) [4], [7]. 2.5. UVA Il trattamento attraverso i raggi UVA (320-400 nm) può prevedere la loro emissione a banda larga definiti UVA-1 (340-400 nm), a banda stretta UVA-2 (320-340 nm) oppure UVA in associazione con lo psoralene (P-UVA). La terapia con UVA-1 si riferisce agli UVA ad onda lunga (340-400 nm) [3], [7], che possono essere somministrati a basse (20-40 J/cm2), medie (40-80 J/cm2) o alte (80-120 J/cm2) dosi, da 3 a 5 volte alla settimana [3], [4]. L’irradiazione con UVA-1 attiva dei pathway sia sensibili che insensibili alla ciclosporina A nei linfociti T e B, provocando apoptosi intracellulare e riduzione del TNF alpha (e delle citochine pro-infiammatorie), inoltre, determina un cambiamento nella funzione delle cellule endoteliali; attiva l’IL-10 nei cheratinociti e determina una up-regolazione dell’attività della collagenasi (induzione della matrice metalloproteasi e inibizione della sintesi del collagene), [3], [6], [12]. Questo trattamento si è rivelato utile anche per: eczema, dermatite atopica, orticaria pigmentosa, linfoma cutaneo a cellule T, sclerodermia, malattie della pelle fibrosante e altre malattie sclerosanti della pelle [3], [7], [12]. Il trattamento può essere localizzato in un distretto corporeo, oppure, applicato a tutto il corpo, attraverso cabine [4], in modo tale che la luce UVA-1 emessa possa penetrare nello strato reticolare del derma. Gli effetti collaterali più comuni sono: eritema, abbronzatura, iperpigmentazione, prurito e riattivazioni di herpes simplex [2], [3], [6], [12]. Mentre l’invecchiamento della pelle e l’insorgenza del cancro della pelle si possono verificare in conseguenza al trattamento con UVA-1 a lungo termine [4], [12]. Tuttavia, dato che il trattamento può richiedere un tempo di esposizione alla fonte di calore prolungato, può essere per questo motivo poco tollerato dal paziente e in alcuni soggetti (soprattutto quelli con pelle chiara) potrebbero verificarsi fotodermatosi e reazioni fototossiche [4], [12], [3]. Inoltre, non è stata riscontrata nessuna interazione con farmaci potenzialmente fototossici o immunosoppressori sistemici [2]. Con “Psoralen Ultra-Violet A” (PUVA) si indica il trattamento mediante il quale lo psoralene (farmaco fotosensibilizzante) viene utilizzato in combinazione con UVA (320-400 nm), in quanto ha una bassa energia. Sebbene il meccanismo non sia ancora ben conosciuto, l’immunosoppressione è dovuta all’azione dello psoralene che, attivato dagli UVA, lega e reticola le coppie di basi del DNA inibendo la proliferazione cellulare [3]. In relazione agli effetti esercitati sulla cute, il metodo PUVA è utilizzato anche in altre patologie della cute quali: psoriasi, eczema atopico, lichene planus, sclerodermia localizzata e linfoma cutaneo a cellule T [7], [11]. Nel trattamento con PUVA, l’8-metossipsoralene (8MOP), può essere somministrato per via orale (un’ora prima dell’irradiazione) oppure per via topica, tramite immersione in una soluzione di 0,5 mg/L di psoralene (per 20 minuti prima del trattamento) [3], [4], [7]. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti da considerare rispetto alla duplice modalità di somministrazione. Il trattamento per immersione (bagno), sebbene più laborioso, può essere consigliato in pazienti con grave compromissione epatica [7] e nelle forme di GVHD cronica sclerodermiforme [3]. L’8-MOP orale, invece, è raccomandato nella forma lichenoide della GVHD cronica [3] ma potrebbe causare nausea [3], [7], vomito e vertigini [7]. Gli effetti collaterali comuni alla via di somministrazione (topica e orale) sono: eritema e fototossicità [3]. I pazienti possono essere trattati da 2 a 4 volte alla settimana e la dose (da 3.8 a 1.094 J/cm2) di irradiazione UVA può essere aumentata in base alla tolleranza del paziente e alla risposta [3]. 2.6. UVB Il trattamento attraverso i raggi UVB (280-320 nm) prevede la loro emissione sotto forma di banda larga, BB-UVB (280-320 nm) o banda stretta, NB-UVB (311-313 nm). È stato dimostrato che l’irradiazione con UVB e NB-UVB riduce le cellule di Langerhans CD1a+, aumenta la produzione di IL-10 nei cheratinociti e nei macrofagi (azione antinfiammatoria) ed è associata alla produzione di 1,25-diidrossivitamina D3 (potenziando l’attività immunosoppressiva) [3]. Questo trattamento viene somministrato attraverso una cabina rivestita da pannelli di lampade ad emissione UVB a banda larga o a banda stretta [3], ed è utilizzato per il trattamento delle malattie infiammatorie della pelle, psoriasi e GVHD cronica lichenoide refrattaria [3], [7]. Dato che le radiazioni UVB producono i loro effetti nell'epidermide è utile trattare le lesioni cutanee lichenoidi, al contrario, per trattare il tessuto sclerodermico, è necessario penetrare più profondamente nel derma [2], [11]. I trattamenti vengono somministrati tra 2 e 5 volte a settimana e vengono ridotti nel momento in cui i pazienti mostrano una risposta positiva al trattamento [7]. Considerando il rischio di cancerogenicità a lungo termine, la fototerapia UVB è considerata migliore rispetto alla terapia P-UVA [7], inoltre, gli eventi avversi riportati relativamente a UVB e NB-UVB sono limitati a lievi reazioni eritematose reversibili [2]. Tuttavia, il trattamento con UVA risulta migliore, rispetto a NB-UVB, nel trattamento delle condizioni con sclerosi cutanea (in quando penetra più in profondità), mentre, i pazienti con lesioni cutanee prevalentemente infiammatorie o superficialmente sclerotiche [4], [13] o in assenza di lesioni sclerotiche cutanee e fasciali [2], possono essere trattati con NB-UVB [4]. 3. Fotoaferesi L’ECP è una terapia che prevede tre fasi consecutive: leucoaferesi, fotoattivazione (tramite l’utilizzo di metos-

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