Handbook_Volume III

418 collo di monitoraggio infermieristico [4]. I cambiamenti alla strategia di supporto dovrebbero essere frutto dei risultati del piano nutrizionale e condivisi nel team multidisciplinare [47]. 4.3 Aspetti assistenziali al paziente in nutrizione artificiale Supplementi orali, nutrizione enterale e parenterale sono le modalità di supporto nutrizionale più diffuse ed utilizzate nei programmi trapianto. Sono soggette a prescrizione medica, pertanto il loro utilizzo dovrebbe essere calibrato sui bisogni del paziente e frutto del confronto nel team nutrizionale. Gli infermieri sono responsabili della gestione e applicazione dei supporti e dovrebbero possedere competenze aggiornate e documentate circa il loro utilizzo. La gestione della nutrizione parenterale (NP) impone abilità e conoscenze nella corretta gestione degli accessi vascolari utilizzati e nella applicazione di tecniche asettiche. L’osmolarità delle soluzioni ed il loro pH vanno attentamente valutati in relazione al tipo di device vascolare, prima di procedere ad una NP. E’ consigliabile disporre di una via dedicata per la NP, evitandone la miscelazione con altri farmaci ed evitando l’utilizzo della via per scopi multipli. La NP comporta un aumentato rischio di infezione catetere correlata, pertanto è indicato sostituire le linee in cui si effettua l’infusione di NP almeno ogni 24 h e monitorare lo stato febbrile del paziente. Le soluzioni infuse devono terminare entro le 24 h. E’preferibile utilizzare formulazioni commerciali, nel caso si debba optare per la preparazione in loco, occorre preparare le soluzioni parenterali in ambiente protetto. L’infermiere è responsabile della corretta manipolazione e conservazione delle sacche ed utilizzare tecniche asettiche durante il collegamento alla linea infusionale. E’importante monitorare gli esami ematochimici, in particolare il profilo elettrolitico (incluso fosforo), quello lipidico e gli indici epato-renali. Il bilancio idrico, la presenza di edemi e segni e sintomi di colestasi vanno monitorati, specie per lunghi periodi di utilizzo [3]. La nutrizione enterale (NE) attraverso sonda nasogastrica o nasodigiunale è meno utilizzata in ambito di TCSE malgrado le raccomandazioni dicano il contrario [24]. L’approccio alla NE richiede attenzione al counseling nutrizionale che deve essere condotto in sinergia con il team. Gli infermieri devono essere competenti nel posizionamento e gestione della sonda e dei devices di infusione. La NE deve essere infusa secondo i modi, tempi e dosaggi prescritti; è consigliabile adottare strategie che prevedono dosaggi incrementali nei primi step di utilizzo per scongiurare effetti sul transito gastrointestinale. Il paziente deve essere monitorato per gli effetti correlati all’inizio dell’infusione che includono nausea, vomito, diarrea, tosse, dolore, distensione gastrica, ed occorre fare molta attenzione alla possibilità di dislocazione del sondino, nel caso si sospetti una dislocazione (o malposizionamento) occorre interrompere immediatamente l’infusione. L’unico test, ad oggi, che garantisce di poter apprezzare il corretto posizionamento del sondino è la radiografia, tutti gli altri tests (ph, insuflazione di aria, aspirazione) non sono sicuri e dipendono parecchio dall’expertise del professionista posizionatore. La scelta del tipo di sondino è fondamentale per la compliance del paziente e la buona riuscita della NE. E’bene scegliere sondini nasogastrici di dimensioni minime rispetto ai volumi che si devono infondere, scegliere sondini in poliuretano o silicone che garantiscono un minor impatto sulla mucosa. E’consigliato mantenere il paziente in posizione anti-reflusso (inclinata 35-40°), almeno nelle prime fasi di infusione, la valutazione del residuo può essere utile in quanto indice di velocità eccessiva, ed occorre avere un protocollo di gestione dei lavaggi della sonda o per la somministrazione concomitante di acqua. E’fondamentale che venga controllato il vomito anche attraverso l’uso di farmaci, i sistemi chiusi di somministrazione della NE possono essere sostituiti ogni 24-48 ore, mentre i sistemi aperti non devono rimanere in uso più di 24 ore, ed occorre fare molta attenzione alle contaminazioni [52]. 4. Conclusioni Il supporto nutrizionale dei pazienti sottoposti a TCSE è un processo complesso, che presuppone decisioni difficili e non è scevro da complicazioni, anche severe, dettate da incuria o da elementi misconosciuti. Occorre oggi affrontarlo in maniera multidisciplinare, aumentando la presenza nelle unità di trapianto di dietisti e/o nutrizionisti. Il ricorso al digiuno, specie se prolungato senza un valido motivo clinico è ormai considerato una pratica sbagliata in ambito trapiantologico, in quanto disponiamo di tecnologie e supporti in grado di poter essere somministrati con sicurezza in quasi tutte le situazioni. La de-adozione della dieta a bassa carica microbica è una realtà ormai imminente, occorre procedere gradualmente in questa direzione, ma con molta cautela soprattutto in relazione ad aspetti di supervisione dell’intero processo di gestione dell’alimentazione dei pazienti, che potrebbe portare dei vantaggi economici se ben gestita, ma anche degli svantaggi laddove le ristrettezze economiche abbiano colpito le attività di controllo e supervisione della filiera.

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