Handbook_Volume III

39 1. Aspetti Generali zienti pediatrici con LMC. Può tuttavia rappresentare una valida opzione terapeutica nei soggetti che non rispondono ai TKI, che recidivano dopo trattamento con TKI di seconda generazione o che progrediscono verso fasi di malattia avanzata [16]. 2.4. Sindromi mielodisplastiche (MDS) e leukemia mielomonocitica giovanlie (JMML) La citopenia refrattaria del bambino (RCC) rappresenta la forma più frequente di mielodisplasia dell’età pediatrica. La RCC è generalmente caratterizzata da un midollo osseo ipocellulato, assenza di aberrazioni cromosomiche e un basso rischio di progressione verso forme avanzate. Tuttavia, circa un 10-15% dei pazienti con RCC presenta un cariotipo anomalo con monosomia del cromosoma 7, del(7q) o ≥ 2 aberrazioni citogenetiche. Queste forme sono ad alto rischio di progressione e quindi da candidare ad allo-TCSE. Un altro sottogruppo di pazienti con RCC da indirizzare a trapianto sono i soggetti con severa neutropenia o dipendenza trasfusionale [17]. Tutti i pazienti con mielodisplasia ad eccesso di blasti (MDS-EB), così come i soggetti con MDS secondarie a pregressi trattamenti chemio/radioterapici, hanno indicazione a trapianto allogenico. Per quanto concerne la JMML, l’unica opzione curativa attualmente disponibile è rappresentata dall’allo-TCSE. Tuttavia, alcuni pazienti, connotati da mutazioni germinali di PTPN11, NRAS, KRAS o CBL, possono sviluppare quadri mieloproliferativi transitori che si giovano di una strategia “watch-and-wait” [18]. 2.5. Linfomi La stragrande maggioranza dei pazienti pediatrici e degli adolescenti affetti da linfoma di Hodgkin (LH) e non-Hodgkin (LNH) ottiene la guarigione definitiva con gli attuali protocolli chemioterapici. Per tale motivo, solo una piccola parte di questi soggetti necessita di un trapianto allogenico. Tra questi rientrano principalmente i pazienti con LNH recidivato/ refrattario e i soggetti con LH ricaduto dopo trapianto autologo, recidivato almeno due volte o refrattario alle terapie di salvataggio [19]. 3. Patologie non maligne 3.1. Errori congeniti dell’immunità (Inborn errors of immunity, IEI) Gli errori congeniti dell’immunità costituiscono un ampio ed estremamente eterogeneo insieme di patologie ereditarie, che racchiude oltre 450 diversi difetti genetici, ciascuno connotato da un peculiare grado di immunodeficienza, talvolta associato a fenomeni di immuno-disregolazione e autoimmunità. Le variabilità fenotipica che caratterizza gli IEI è dovuta sia allo specifico gene interessato, sia alla tipologia di mutazione coinvolta, potendo coesistere ampia diversità di espressione clinica anche tra soggetti con la medesima diagnosi. In un contesto di così spiccata eterogeneità fenotipica, ne consegue che anche le indicazioni a trapianto allogenico siano altamente variabili. Per alcune diagnosi, come le immunodeficienze combinate gravi (SCID) e le linfoistiocitosi emofagocitiche (HLH), l’indicazione ad allo-TCSE è perentoria in quanto questo costituisce un vero e proprio trattamento salvavita. In questi pazienti, il trapianto va effettuato quanto prima (compatibilmente con le condizioni del paziente) e indipendentemente dalla tipologia di donatore disponibile (anche impiegando donatori alternativi). Le SCID rappresentano la forma più severa di IEI e sono invariabilmente fatali in giovanissima età senza adeguato intervento curativo. Negli ultimi anni sono stati ottenuti risultati eccellenti anche utilizzando donatori aploidentici e, per alcuni specifici difetti molecolari, con approcci di terapia genica [20, 21]. In assenza di donatori HLA-compatibili, il ricorso a famigliari aploidentici è ampiamente considerato anche nelle HLH, sebbene l’outcome sia storicamente inferiore a causa di un più elevato tasso di rigetto e TRM [22]. Il trapianto allogenico trova ampia applicazione nella sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS), immunodeficienza combinata che si associa a piastrinopenia, eczema e predisposizione a fenomeni autoimmuni e neoplasie. Per questa patologia è disponibile uno score mirato a definire la gravita: per i gradi ≥3 vi è ampio consenso rispetto all’indicazione trapiantologica, anche ricorrendo a donatori alternativi [23]. Promettenti risultati, nella WAS e in alcune forme di SCID, sono stati ottenuti con approcci di terapia genica mediante vettori lentivirali [24]. Nell’ambito delle immunodeficienze combinate rientra un ampio gruppo di difetti genetici dalle manifestazioni proteiformi, nei quali l’allo-TCSE viene sempre maggiormente considerato. Tali disordini, per quanto non invariabilmente fatali in tenera età, condizionano comunque in maniera profondamente negativa la qualità della vita dei pazienti affetti, oltre a tradursi in un significativo accorciamento dell’aspettativa di vita. Le principali forme di immunodeficienza suscettibili di intervento curativo mediante allo-TCSE sono riassunte in Tabella 3. E’ importante ribadire come, nell’ambito delle immunodeficienze combinate, l’indicazione trapiantologica non sia assoluta ma vada ponderata sulla base dei parametri immunologici, severità delle manifestazioni cliniche e del danno d’organo (presenti o prevedibili) e tipologia del donatore disponibile. In passato, in questi contesti, il trapianto veniva effettuato solo in presenza di un germano HLA-identico o di un donatore volontario perfettamente HLA-compatibile. Con il miglioramento dei risultati del trapianto da donatori alternativi, anche questa opzione è attualmente contemplata sempre più di frequente. Questi pazienti, infatti, pur non presentando un quadro invariabilmente letale in giovane età, se non vengono trattati quando le condizioni cliniche lo consentono, possono successivamente sviluppare importantissime comorbidità, tali da compromettere pesantemente la riuscita di un trapianto allogenico. Anche alcuni difetti di numero e funzione dei fagociti possono giovarsi di un approccio curativo mediante trapianto allogenico. Nei pazienti con Neutropenia Congenita Severa il trapianto è indicato nelle forme che non rispondo al G-CSF o che ne richiedono dosi molto elevate, al fine di prevenire il rischio di infezioni gravi o proliferazioni clonali. L’approccio trapiantologico va preso in considerazione anche nei pazienti con Malattia Granulomatosa Cronica con manifestazioni severe e attività ossidasica marcatamente ridotta, idealmente prima che sviluppino un danno d’organo troppo marcato [25].

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