Handbook_Volume III

368 di bloccare l’azione tossica sull’uroepitelio del catabolita dell’acroleina; la cateterizzazione e l’irrigazione vescicale continua (Continuous Bladder Irrigation, CBI), anche se sull’efficacia di quest’ultima misura la letteratura è discordante [1,2,3,4,8,9]. Il mesna può essere somministrato sia in infusione continua che a boli. La durata del trattamento con mesna deve essere uguale a quella del trattamento con ossazafosforine maggiorata del tempo necessario perchè la concentrazione dei metaboliti urinari delle ossazafosforine ritorni a livelli non tossici. Questo avviene di solito entro 8-12 ore dalla fine del trattamento con ossazafosforine, ma può variare in dipendenza del modo di somministrazione delle ossazafosforine [3]. Per la profilassi della cistite emorragica ad esordio tardivo viene consigliata la somministrazione della ciprofloxacina per la prevenzione della riattivazione del BKvirus, anche se non tutti gli studi concordano nella sua utilità [3,8]. 3. Diagnosi La diagnosi di HC si basa su uno stretto monitoraggio del paziente sottoposto a HSCT. L’infermiere valuta la comparsa di sintomi riferibili a disturbi minzionali, quali disuria, pollachiuria, stranguria e globo vescicale, la comparsa di microematuria (mediante stick urine almeno due volte/die durante la somministrazione dei farmaci del condizionamento potenzialmente tossici per l’urotelio) o macroematuria. In caso di ematuria, è necessario effettuare esame urine, urocoltura, ricerche virali su sangue e urine (poliomavirus BK e JC, citomegalovirus, adenovirus)[2]. L’ecografia vescicale permette di valutare l’ispessimento delle pareti, la presenza di eventuali coaguli intravescicali e la presenza di idroureteronefrosi [8,16]. 4. Trattamento Se viene effettuata diagnosi di cistite emorragica, diversi sono i trattamenti che possono essere adottati, in base al grado di cistite evidenziato e alla tipologia di agente eziologico. Un primo livello di trattamento prevede iperidratazione sistemica con soluzione glucosalina o soluzione fisiologica, accompagnato alla sospensione di ogni farmaco proemorragico (eparina) e sospensione dei farmaci procoagulanti (acido tranexamico) che possono favorire la formazione di coaguli intravescicali. Durante il trattamento di iperidratazione il paziente deve essere attentamente monitorato (parametri vitali, peso, bilancio idroelettrolitico, indici di funzionalità renale) [7]. Nella cistite emorragica di grado medio-severo (difficoltà ad urinare, presenza o meno di coaguli intravescicali) si consiglia il posizionamento di un caterere urinario. Il catetere urinario di tipo Foley viene utilizzato in assenza di coaguli intravescicali allo scopo di garantire un drenaggio costante e mettere a riposo la vescica facendone collabire le pareti. In caso di coagulazione massiva intravescicale con blocco minzionale, stranguria e globo vescicale, si può intraprendere un lavaggio endovescicale a flusso continuo (CBI). Questo metodo permette di sciogliere progressivamente i coaguli presenti in vescica (se di recente formazione). Il catetere urologico a tre vie è il catetere elettivo per la rimozione dei coaguli dalla vescica, ha un diametro minimo di 18 Ch e presenta una punta a becco di flauto (meno ostruibile ai coaguli), buchi laterali per consentire il lavaggio continuo, pareti armate che non collabiscono all’aspirazione energica. Il posizionamento del catetere vescicale a tre vie con pareti rigide che non collabiscono con l’aspirazione richiede la consulenza dello specialista urologo [7]. Per alleviare la sintomatologia dolorosa correlata agli spasmi vescicali, dovuta alla presenza di coaguli intravescicali e dal posizionamento del catetere vescicale, si consiglia la somministrazione di miorilassanti (ossibutinina) e analgesici (paracetamolo, oppiacei). I farmaci miorilassanti vanno sospesi almeno 24 ore prima della rimozione del catetere vescicale per favorire la ripresa della contrattilità del muscolo detrursore [2,7]. Nel paziente con HC il supporto trasfusionale è uno dei presidi terapeutici più importanti ed utilizzati [4]. È necessario mantenere il livello di piastrine su valori di sicurezza (trasfondere se valore PLT < 50 x 10^9/L), correggere le perdite ematiche e mantenere il valore di emoglobina su livelli di sicurezza (Hb > 10 g/dl) mediante emotrasfusione (emazie irradiate e deleucocitate). L’infermiere deve perciò conoscere le proprietà e le caratteristiche dei vari emoderivati in modo da richiederli e infonderli nelle situazioni appropriate, oltre a riconoscere precocemente segni e sintomi di reazioni avverse [2]. L’utilizzo di farmaci antivirali è raccomandato per le cistiti di origine virale [5,12,13,14,15,16,17]. Quando ci si trova di fronte ad una cistite emorragica poliomavirus BK correlata, di grado superiore a III o comunque secondo giudizio clinico, può essere utile somministrare cidofovir. La somministrazione di cidofovir va associata a probenecid orale ed idratazione per la prevenzione della nefrotossicità da cidofovir. Per la HC correlata all’adenovirus si suggerisce l’antivirale ganciclovir, per la HC citomegalovirus correlata il foscarnet sodico [3,7,16,17]. L’instillazione endovescicale di gel piastrinico è da riservare alle forme particolarmente refrattarie o persistenti di cistite emorragica [7]. Si tratta di un concentrato piastrinico della consistenza di gel e del volume di 40-80 ml che viene preparato dal centro trasfusionale. È un prodotto di derivazione ematica che promuove la riparazione tissutale e influenza il comportamento di altre cellule tissutali modulando l’infiammazione e la neoformazione di vasi sanguigni. Prima della somministrazione del gel piastrinico è necessario sospendere/ ridurre l’apporto di liquidi endovenosi un’ora prima della prevista instillazione del gel (per evitare la formazione di globo quando si clamperà il catetere vescicale). Attraverso il catetere vescicale viene applicato all’interno della vescica, si clampa e si lascia in sede per almeno 1 ora. Riaperto il catetere vescicale, si riprende con l’idratazione endovenosa dopo almeno 1 h e 30’ dall’instillazione del gel [17]. In caso di non risposta al trattamento di supporto o antivirale, si può valutare l’inizio della terapia iperbarica per 2 – 4 settimane. L’ossigeno terapia iperbarica è un trattamento in grado di aumentare significativamente la quantità di ossigeno disciolto nel plasma, aumentan-

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