328 la febbre), dell’andamento degli indici di flogosi e della normalizzazione o dal miglioramento degli esami radiologici, precedentemente risultati positivi per infezione (Rx, TC) nel momento di risoluzione della neutropenia severa (numero di neutrofili assoluti pari a 500/mm^3). 3. Gestione del paziente con neutropenia ad alto rischio 3.1. Anamnesi Un paziente neutropenico ad alto rischio è un paziente che necessita di cure ospedaliere perché clinicamente instabile. Una corretta anamnesi è essenziale per definire se il paziente è ad alto rischio infettivo, per cui occorre esaminare: a. Natura e durata della terapia antineoplastica ricevuta; b. Storia recente del trapianto di midollo osseo (data, trattamento di condizionamento, tipo di trapianto); c. Accesso vascolare (data di inserimento della linea centrale, tipo e sito della linea centrale); d. Farmaci attuali (in particolare antibiotici recenti, filgrastim, pegfilgrastim o lenograstim); e. Storia recente di trasfusione di emoderivati; f. Comorbilità (insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza renale, ostruzione cronica malattia polmonare) g. Precedenti di allergie o reazioni avverse ai farmaci; h. Infezioni precedenti; i. Viaggi recenti, esposizione di animali da compagnia. 3.2. Esami obiettivi Completata l’anamnesi, monitoreremo il paziente valutando i seguenti parametri vitali: a. Temperatura; b. Frequenza cardiaca; c. Pressione sanguigna; d. Saturazione di ossigeno; e. Frequenza respiratoria. Inoltre andremo alla ricerca di eventuali fonti di infezioni, esaminando i distretti corporei più a rischio: a. Orofaringe; b. Seni paranasali; c. Polmoni; d. Pelle e unghie; e. Sito di accesso vascolare; f. Siti di biopsia; g. Cnetre nervoso centrale (compresi i segni di rigidità del collo); h. Tratto gastrointestinale e esame addominale; i. Perineo e area perirettale. Va altresì detto che eventuali segni di infezione possono essere lievi o assenti in quanto i pazienti neutropenici possono presentare poco o nessuna risposta infiammatoria. 3.3. Esami diagnostici In un paziente neutropenico ad alto rischio è fondamentale eseguire giornalmente (anche più volte nello stesso giorno, in determinati casi) esami ematici di controllo, come: a. Emocromo e differenziale (per determinare il conteggio dei neutrofili); b. Elettroliti, urea, creatinina; c. Test di funzionalità epatica; d. C Proteina Reattiva (PCR) e Pro Calcitonina (PCT); e. Lattati; f. Coagulazione completa (INR, Ddimero, AT3); In casi sospetti anche: g. Ricerca dell’antigene dell’aspergillo; h. Ricerche virali (CMV DNA, tampone influenzale, SARS-COV2). L’esecuzione di emocolture durante lo stato febbrile e/o l’insorgenza di brividi scuotenti è fondamentale per tentare di isolare il batterio e somministrare così una terapia antibiotica mirata. Nello specifico: • Se il paziente non è portatore di accessi venosi centrali (CVC): prelevare 2 set di emocolture nell’arco di 2060 minuti (ogni set comprende un campione per il flacone di aerobi e uno per anaerobi; l’intervallo tra i due prelievi varia in funzione dell’andamento della febbre e dell’urgenza con cui si ritiene di dover iniziare la terapia antibatterica empirica) [5]; • Se il paziente è portatore di CVC: prelevare 1 set dal sangue periferico e 1 set da un lume del CVC. Dopo circa 10-45 minuti prelevare un altro set da sangue periferico e un altro set da un secondo lume del CVC (qualora il CVC fosse monolume, eseguire il secondo set dallo stesso lume, se il CVC fosse di tipo trelumi, eseguire 1 set di emocolture alla seconda puntata febbrile dal terzo lume) [5]. Nota bene: Non lavaggiare il lume del CVC prima del prelievo di sangue per eseguire le colture. Non eseguire lo scarto del sangue (i primi 10 ml prelevati devono essere usati per le colture). Una volta iniziata la terapia antibatterica empirica è inutile ripetere le emocolture nelle prime 72h, a meno che non si presentino marcata ipotensione e/o brivido o che la curva termica assuma modifiche rilevanti. Vi è indicazione a ripetere le emocolture dopo 72h qualora persista febbre, si sospetti la colonizzazione del CVC o una nuova infezione sistemica. In caso di persistenza del quadro febbrile a 72 ore è indicato richiedere Rx e/o TC e il monitoraggio del quadro respiratorio mediante emogasanalisi, se in atto un peggioramento degli atti respiratori (FR > 24) e della saturazione d’ossigeno (SpO2 < 92%).[2] Ulteriori esami diagnostici verranno presi in considerazione in base alle condizioni cliniche del paziente. Devono essere sempre esguiti esami colturali di sospette sedi di infezione, compatibilmente con le condizioni cliniche del paziente (coprocoltura, urinocoltura, escreato coltura, tampone lesione cutanea, coltura del liquor, etc...). 3.4. Durata del trattamento e dimissione La durata della terapia antibiotica nel paziente neutropenico, affetto da un’infezione documentata clinicamente o microbiologicamente, non dovrebbe essere inferiore ai 10-14 giorni anche in presenza di miglioramento del quadro infettivo radiologicamente documentato. Per i pazienti con febbre di origine sconosciuta, responsiva al trattamento antibiotico empirico, è consigliato proseguire il trattamento fino alla risoluzione del quadro neutropenico, salvo diversa indicazione clinica. È possibile una dimissione precoce con gestione ambulatoriale, anche senza un recupero completo del quadro neutropenico (conta assoluta dei neutrofili > 1000/ mm^3), proseguendo il trattamento per via orale, in presenza delle seguenti condizioni: • pazienti sfebbrati per almeno 2 giorni consecutivi; • malattia di base sotto controllo;
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