306 4.Aspetti clinici ed assistenziali trasversali mi 6 mesi post-TCSE ed è legata alla persistenza del deficit dell’immunità T-cellulare. La forma sintomatica si manifesta come malattia linfoproliferativa che può progredire a linfoma. I fattori di rischio sono correlati all’immunosoppressione del paziente trapiantato (uso di siero antilinfocitario o alemtuzumab nel condizionamento, T-deplezione ex vivo o trapianto da donatore volontario, trapianto da donatore volontario o familiare parzialmente compatibile, trapianto con unità di sangue cordonale da banca) e all’uso di un donatore EBV positivo. La prevenzione si basa sul monitoraggio settimanale della EBV-DNAemia nel paziente a rischio per guidare l’intervento precoce qualora il valore aumenti oltre la soglia di sicurezza (in genere 1000 copie/ml sangue). La terapia consiste nella riduzione dell’immunosoppressione, laddove possibile, e nella somministrazione di rituximab, un anticorpo monoclonale anti-CD20, 375 mg/ m2/settimana per 2-4 dosi. Nei pazienti non responsivi al rituximab o ad alto rischio di PTLD la ricostituzione immunitaria EBV specifica dopo il TCSE può essere accelerata mediante la somministrazione di linfociti EBV specifici ottenuti in laboratorio a partire da linfociti del donatore o da un a donatore terza parte [25,26]. Le infezioni virali respiratorie di comunità possono verificarsi in qualsiasi momento del periodo post-TCSE. Nelle fasi precoci del trapianto, nelle quali il paziente è ricoverato o accede spesso all’ospedale, il contagio avviene per contatto con personale o care giver malati, mentre nelle fasi più tardive il contagio è legato alla ripresa dei contatti sociali, della vita in comunità e dell’attività lavorativa. In linea generale, queste infezioni inizialmente interessano le vie respiratorie superiori (tosse, raffreddore, faringite, febbre o febbricola), ma nei pazienti più immunocompromessi tendono più facilmente ad interessare le vie respiratorie inferiori (polmonite, broncopolmonite, polmonite interstiziale) ed esitare in insufficienza respiratoria. I fattori di rischio sono legati all’entità del recupero immunologico del paziente e, in particolare, i pazienti con linfopenia < 200 linfociti/mmc sono i più a rischio. La prevenzione si basa sull’isolamento a domicilio o sull’attenzione dei contatti, sull’evitare luoghi affollati, e sull’uso di dispositivi di protezione e misure igieniche (mascherina filtrante, lavaggio mani). Per l’influenza è disponibile la vaccinazione che deve essere eseguita annualmente tra ottobre e novembre prima del periodo epidemico influenzale, a partire dal terzo mese post-TCSE, e ripetuta ogni anno fino a che il paziente è considerato immunodepresso. In caso di contatto o di sintomi influenzali è disponibile l’antivirale oseltamivir (75 mg 1-2 volte al giorno per 5-10 giorni se peso > 40 kg; 30-60 mg/kg 1-2 volte al giorno se peso < 40 kg per 5-10 giorni). Per le altre infezioni virali stagionali non esiste una terapia specifica eccetto per le infezioni da VRS gravi in cui viene utilizzata la ribavirina per aereosol o per os. Pertanto, il trattamento delle infezioni da virus respiratori di comunità è perlopiù sintomatico mentre le forme più gravi possono richiedere un supporto respiratorio intensivo [27]. Dal 2020 si è diffusa in Europa e poi in tutto il mondo la pandemia dovuta al nuovo coronavirus 2019 proveniente dalla Cina (città di Wuhan) responsabile della sindrome acuta grave da coronavirus di tipo 2 (SARSCoV-2) e della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19). Quest’ultima si presenta come una sindrome influenzale (febbre, tosse, stanchezza, dolori ossei e muscolari), associata fino al 50% dei casi a sintomi gastrointestinali come vomito, diarrea, nausea (figura 1). Caratteristico è anche, in alcuni casi, la comparsa di alterazioni del gusto (disgeusia) e dell’olfatto (disosmia, anosmia). Figura 1. La figura mostra la sintomatologia più frequente all’esordio del COVID-19 Il contagio avviene prevalentemente per via respiratoria con efficienza via via superiore da parte delle varie varianti comparse successivamente al ceppo originale Wuhan, in particolare la variante Delta nel 2021 e la variante Omicron nel 2022. La sintomatologia iniziale è dovuta alla fase viremica del virus che dura 5-7 giorni a cui fa seguito una fase infiammatoria indotta dal danno virale sui tessuti ed organi e dall’attivazione del sistema immunitario in risposta all’infezione (tempesta citochinica). La fase infiammatoria è responsabile della grave compromissione d’organo del paziente che può portare alla morte per insufficienza respiratoria, insufficienza renale, coagulazione intravascolare disseminata. L’età avanzata, la presenza di comorbidità (ipertensione, diabete, obesità, malattia cardiovascolare, malattie polmonari croniche), il trattamento per tumore o il paziente immunodepresso per trapianto di organo solido o di cellule staminali emopoietiche rappresentano dei fattori di rischio per la mortalità da COVID-19 che nel 2020, in assenza di terapie efficaci è arrivata anche al 20-30% dei pazienti affetti [28]. Nel giro di 2 anni la prevenzione e la terapia del COVID-19 sono migliorate e oltre alle misure igienico ambientali (lavaggio mani, quarantena dei contatti, isolamento dei malati, uso di dispositivi di protezione come la maschera facciale filtrante, l’evitamento di assemblamenti e luoghi affollati) sono stati introdotti vaccini e farmaci efficaci. Il cardine della prevenzione è la vaccinazione che deve essere effettuata a partire dal terzo-sesto mese post-TCSE e proseguita con la somministrazione di booster secondo i tempi raccomandati dalle autorità sanitarie competenti. Nei soggetti a rischio di COVID-19 grave, non responsivi alla vaccinazione o nei quali la vaccinazione non è indicata ma sono, è possibile attuare una immunoprofilassi passiva con la somministrazione di anticorpi monoclonali anti-proteina Spike del virus prima dell’espo-
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