Handbook_Volume III

305 5. Complicanze precoci osservazione > 2 anni e pazienti non affetti da tumore di pari età, è stato riscontrato che le infezioni fungine (assieme alle infezioni batteriche) sono risultate più frequenti nei pazienti sottoposti a TCSE rispetto agli altri gruppi: rispettivamente 15,8 episodi per 1000 persone/anno nel TCSE, 8,2 episodi per 1000 persone/anno nei pazienti con tumore e 0,7 episodi episodi per 1000 persone/anno nei soggetti sani. Questa differenza, pur diminuendo negli anni successivi, si manteneva significativa anche dopo osservazione > 5 anni dal TCSE [16]. Nel periodo tardivo post-TCSE la profilassi antifungina non è raccomandata per tutti i pazienti ma deve essere modulata in base al rischio effettivo. La profilassi antifungina non è raccomandata nei pazienti senza segni clinici di GVHD cronica e non in trattamento steroideo. Una profilassi per Candida spp. è invece raccomandata nei pazienti a rischio standard di infezione fungina come i pazienti con GVHD cronica de novo o in terapia con immunosoppressori non steroidei (esempio solo con ciclosporina). I farmaci indicati in questo caso sono il fluconazolo, il voriconazolo e l’itraconazolo oppure un’echinocandina. La profilassi per miceti filamentosi, in particolare aspergillo, è raccomandata invece per i pazienti ad alto rischio di infezione fungina come i pazienti con GVHD acuta persistente grado II-IV, GVHD cronica estesa preceduta da GVHD acuta, GVHD resistente alla terapia steroidea, GVHD in pazienti che hanno ricevuto un trapianto da donatore familiare parzialmente compatibile, oppure un trapianto da donatore volontario non familiare o un trapianto da unità di cordone da banca I farmaci indicati per la profilassi contro i funghi filamentosi sono i triazoli (posaconazolo, voriconazolo, itraconazolo) oppure l’amfotericina B liposomiale [17]. Tra le cause di infezione nel periodo tardivo post-TCSE vi è il Pneumocystis jirovecii, un fungo ubiquitario, responsabile della polmonite da P. jirovecii (PCP) nei pazienti con deficit dell’immunità cellulare (HIV, trapiantati di cellule staminali emopoietiche e trapiantati di organo solidi, pazienti con tumore trattati con radioterapia e alte dosi di steroidi, pazienti affetti da leucemia o linfoma trattati con fludarabina, rituximab, ciclofosfamide, pazienti con immunodeficienza primitiva, pazienti trattati con steroidi > 4 settimane). La profilassi con trimetoprim-sulfametossazolo somministrata in modo intermittente 2-3 volte a settimana si è dimostrata in grado di ridurre l’incidenza di PCP del 91% e di ridurre dell’83% la mortalità associata a PCP. La profilassi universale è pertanto raccomandata in tutti i pazienti a trapiantati a partire dal periodo post-attecchimento (giorno 30 dal TCSE) per almeno 6 mesi o fintanto che il paziente riceve un trattamento immunosoppressivo significativo. In caso di allergia o intolleranza al trimetoprim-sulfametossazolo, sono indicati come alternativa la pentamidina per aereosol, oppure il dapsone o l’atovoquone per via orale [18] . Infezioni virali Le infezioni virali possono complicare il periodo tardivo post-TCSE, ma l’incidenza, morbidità e mortalità dipendono dal grado di recupero immunitario del paziente. Si distinguono 2 tipi di infezioni virali: quelle dovute a riattivazione virale di virus già presente nel paziente allo stato latente e quelle contratte dal paziente, perlopiù per via respiratoria, mediante contatto familiare o sociale/comunitario. Al primo gruppo appartengono l’infezione da Citomegalovirus (CMV), l’infezione da Herpes Varicella Zoster (HVZ) e l’infezione da virus di Epstein-Barr (EBV). Al secondo gruppo appartengono l’Influenza, le infezioni da virus respiratori come il Parainfluenza, il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), il Metapneumovirus, il Coronavirus umano, il Rinovirus, il SARS-CoV-2, il morbillo, la rosolia e la parotite. L’infezione da CMV, tipica nel secondo terzo mese post-TCSE, può insorgere anche successivamente, dal terzo al sesto mese dopo il trapianto. I principali fattori di rischio sono la presenza di GVHD cronica, il trattamento della stessa con farmaci immunosoppressori, incluso il cortisone, la linfopenia < 100 linfociti/mmc a 100 giorni dal trapianto, l’insufficiente recupero immunologico con CD4+ < 50/mmc a 100 giorni dal trapianto, la sospensione di una pregressa profilassi con letermovir o ganciclovir e un pregresso episodio di infezione o malattia da CMV. La prevenzione si basa sull’uso della profilassi secondaria con letermovir e sul monitoraggio settimanale della CMVDNAemia per guidare l’introduzione precoce della terapia antivirale [19,20]. Il trattamento indicato è il ganciclovir somministrato endovena oppure il suo profarmaco orale valganciclovir, o in alternativa il foscarnet endovena o il cidofovir endovena [3]. Un’altra infezione virale che può interessare, nei primi 24 mesi post-TCSE fino al 50% dei pazienti, è l’infezione da HVZ. Raramente si tratta di un’infezione primaria in un paziente sieronegativo per HVZ. La quasi totalità dei casi è dovuta ad una riattivazione virale in pazienti che erano HVZ positivi prima del trapianto. I fattori di rischio sono l’avere una terapia immunosoppressiva in corso, la GVHD cronica, la diagnosi di leucemia o altra malattia linfoproliferativa, l’età avanzata, il trapianto da donatore parzialmente HLA compatibile con il ricevente, il trapianto con condizionamento mieloablativo e la T-deplezione ex vivo [21]. Nei pazienti HVZ positivi è raccomandata la profilassi con aciclovir 400 mg ogni 8-12 ore, oppure valaciclovir orale 1000 mg ogni 8-12 ore, fino 12 mesi dopo il TCSE o, in alternativa, per tutta la durata della terapia immunosoppressiva. La profilassi ha l’obiettivo di prevenire l’insorgenza dello Zoster cutaneo, ridurre il rischio della nevralgia post-herpetica, prevenire le riattivazioni con interessamento viscerale (polmonite, encefalite, epatite) e le forme di HVZ a decorso grave e fulminante. Le forme gravi o disseminate richiedono il trattamento con aciclovir per via endovenosa. Nelle forme resistenti all’aciclovir il trattamento di seconda linea è il foscarnet per via endovenosa (60 mg/kg ogni 12 h) o il cidofovir (5 mg/kg una volta alla settimana associato a probenecid e idratazione, per 2-3 settimane, e successivamente, una volta ogni 2 settimane) [21,22]. Per la prevenzione dello zoster e della nevralgia post-herpetica è disponibile un vaccino basato sulla glicoproteina E dell’HVZ ottenuta mediante tecnica ricombinante. Il vaccino viene somministrato per via intramuscolare in 2 dosi, una a 60-70 giorni post-TCSE e la seconda dopo almeno 8 settimane dalla prima. Attualmente l’indicazione è limitata all’adulto, sottoposto a trapianto autologo ma dati preliminari hanno mostrato che è sicuro anche nel trapianto allogenico e studi di efficacia sono in corso in questa popolazione [23,24]. La riattivazione da virus EBV si può verificare nei pri-

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