Handbook_Volume III

290 La tabella mostra le principali caratteristiche delle due diverse metodiche di effettuazione della procedura (29). A prescindere dalla tecnica utilizzata, devono essere valutate attentamente alcune caratteristiche importanti ai fini di una procedura ottimale, in particolare: - parametri ematologici del paziente (valore di ematocrito, conta piastrine, globuli bianchi) - quadro lipidico e livelli di bilirubina del paziente (per valori di bilirubina molto elevato la linea di separazione del buffy coat può risultare molto difficoltosa) - calcemia (importante quando di utilizza ACD-A come anticoagulante del sistema) Accessi vascolari L’accesso vascolare durante la procedura di fotochemioterapia extracorporea deve consentire flussi di prelievo di 40/70 ml/min. La vena ideale per l’aferesi è una vena superficiale preferibilmente agli arti superiori che consenta un flusso costante e regolare con minime oscillazioni di portata ed assenza di effetti collaterali (ematomi, flebiti, trombosi). Nei pazienti da avviare ad ECP per il trattamento della GVHD, gli accessi vascolari periferici rappresentano la via più sicura rispetto al posizionamento di un catetere venoso centrale se è disponibile un accesso periferico valido ed adeguato. E’ quindi necessario poter disporre di almeno una vena di dimensione e rigidità adeguate per pressioni di ritorno e prelievo in fossa antecubitale e in altre vene grandi delle braccia (basiliche o cefaliche). Si utilizzano quindi ago fistola di calibro adeguato (dai 17 ai 19 Gauge). Il posizionamento può essere effettuato con modalità ecoguidata o meno. Il ruolo del PICC o di accessi preesistenti risulta appropriato per le procedure di aferesi a velocità di reinfusione ridotte per non ridurre la QOL del paziente ed evitare fattori di rischio infettivo associato al posizionamento di un secondo dispositivo. Il PICC in genere non consente tuttavia flussi superiori a 30-35 ml/min. Gli accessi venosi centrali a lungo termine (CVC tunnellizzati bilume) si rendono tuttavia spesso necessari sia per la difficoltà di reperire accessi periferici validi sia per il programma di trattamento che spesso prevede un numero di procedure ripetute nel breve tempo (anche 12/mese). Il CVC ideale per ECP dovrebbe avere doppio lume per prelievo e ritorno, portata maggiore di 50ml/min, consistenza sufficiente per prevenire il collasso ad alta velocità di prelievo e flessibilità sufficiente per evitare pieghe, resistenza alle infezioni.

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