Handbook_Volume III

287 4.Aspetti clinici ed assistenziali trasversali Le indicazioni condivise alla procedura di ECP secondo indicazioni ASFA (5) con vari gradi di livello d’indicazione e di evidenza scientifica sono le seguenti: • Trattamento della GVHD - GVHD acuta refrattaria alla prima linea di terapia (classe II) - GVHD cronica refrattaria alla terapia steroidea (classe II) • Trattamento delle malattie cutanee - Prima linea nella Micosi Fungoide (eritroderma generalizzato) e Sindrome di Sezary (classe I) - Trattamento del pemfigo, LES, sclerosis sistemica, psoriasi • Rigetto di organi solidi - Cuore (classe II), polmone (classe II), rene (rigetto/ prevenzione; classe III) Meccanismo di azione Il paziente (6) viene avviato ad una procedura di linfomonocitoaferesi tramite separatore cellulare. Il concentrato cellulare raccolto tramite aferesi viene trattato con 8-MOP, un intercalante del DNA. L’8-MOP è in grado di attraversare la membrana cellulare e di legarsi al DNA cellulare. Tramite fotoattivazione con raggi UVA il farmaco determina l’apoptosi del prodotto cellulare raccolto in aferesi danneggiando la membrana cellulare ed il DNA. Il prodotto così trattato viene reinfuso al paziente innescando una reazione immunomodulante (FIG 1). Risposta immune / tolleranza indotta Sebbene la fotoaferesi extracorporea sia da diversi anni una strategia riconosciuta per il trattamento della malattia del trapianto contro l’ospite (graft-versus-host disease, GVHD) e del rigetto del trapianto di organo solido, il suo meccanismo di azione non è ancora del tutto chiaro (7). Esperimenti su modelli animali, e successivi studi clinici hanno mostrato che il trattamento con ECP non è immunosoppressivo ma immunomodulante. L’ECP agisce su diversi elementi del sistema immunitario ed è in grado di ridurre il numero di linfociti T alloreattivi ma anche di indurre uno switch citochinico da uno stato infiammatorio Th1 ad uno immunotollerante Th2 (8). L’attivazione dello psolarene (8-MOP) post-irradiamento con raggi ultravioletti-A (UVA) induce l’apoptosi dei linfociti T alloreattivi tramite alterazioni del metabolismo mitocondriale e l’esposizione sulla membrana cellulare di fosfatidilserina che indurrà la successiva fagocitosi di queste cellule da parte del sistema reticolo-endoteliale del paziente (9). Inoltre, il “rolling” dei monociti sulla plastica del circuito del sistema di ECP induce cambiamenti nel citoscheletro delle cellule e l’attivazione di codesti elementi; l’esposizione ai raggi UVA consentono la differenziazione dei monociti attivati in cellule dendritiche immature (iDC) (10). Tale popolazione cellulare, una volta reinfusa nel paziente, è in grado in indurre lo switch citochinico menzionato sopra a seguito della fagocitosi di linfociti in apoptosi consentendo la presentazione di antigeni peptidici e di indurre immunotolleranza; tale processo è noto come transimmunizzazione ed è uno degli elementi chiave per il successo della ECP nelle patologie mediate da attivazione abnorme dei linfociti T. L’ECP inoltre induce un cambiamento dei livelli di citochine con progressiva riduzione dei livelli di IL-2, IL-1, interferone alfa (INF-a) e di tumor necrosis factor alpha (TNF-a); contemporaneamente si assiste ad un progressivo incremento dei livelli di IL-4, IL-10 e di transforming growth factor beta (TGF-B)(11-12) (figura 1). Tali processi sono fondamentali per creare un ambiente citochinico di tipo Th2 che consente l’aumento di linfociti T regolatori (Tregs) con conseguente riduzione dell’attività dei linfociti e delle cellule presentanti l’antigene (APC) del paziente coinvolti nella genesi della GVHD. In tale ambiente immunotollerante, le fasi afferente ed efferente della GVHD andranno progressivamente a scemare e si assisterà alla risoluzione delle manifestazioni cliniche. L’ECP è anche in grado di ridurre lo stato flogistico agendo sugli elementi cellulari dell’immunità innata: sebbene i neutrofili costituiscano la frazione più grande di leucociti trattati e infine resi apoptotici dall'ECP (13), è stata descritta che l'infusione di leucociti trattati con ECP mobilita rapidamente nella circolazione le cellule soppressorie di derivazione mieloide (MDSC) del paziente. Le MDSC potrebbero sopprimere le risposte Th1 e Th17 e studi longitudinali hanno mostrato una relazione tra la risposta terapeutica all'ECP e il progressivo aumento della frequenza delle MDSC nel sangue periferico (14). In conclusione, il successo della ECP nel trattamento della GVHD si basa sulla riduzione dei linfociti T alloreattivi, sullo switch citochinico da un ambiente infiammatorio ad uno immunotollerante ed infine sul reclutamento di MDSC. Allo stato attuale non è ancora chiaro se vi sia un elemento preponderante o se l’azione a diversi livelli del sistema immune siano gli elementi che determinano la risposta clinica. Diversi studi sono in corso al fine di identificare bio-

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