Handbook_Volume III

279 ragioni. In primo luogo, l’insieme degli interventi legati al TCSE dal condizionamento alla prfilassi antibiotica esercitano un effetto distruttivo sul MI ed i ricoveri prolungati rendono possibile caratterizzarne la traiettoria temporale. In secondo luogo, l’immunoricostituzione nel ricevente permette di approfondire la relazione tra il MI ed un sistema immunitario in maturazione. In ultimo il TCSE rappresenta una piattaforma privilegiata per la modulazione interventistica del MI ai fini di ottimizzare la procedura trapiantologica in termini di efficacia e riduzione delle complicanze. 2. Modificazione del microbiota intestinale durante il trapianto Come detto, il TCSE esercita un effetto profondamente impattante sulla struttura e la composizione del MI[5]. In particolare, tutte le procedure correlate al trapianto, quali il regime di condizionamento, la massiva esposizione ad agenti antibiotici, le modificazioni dietetiche e la profilassi antiacida, rappresentano eventi destruenti la normale composizione e funzione dell’ecosistema microbico[6,7]. È certamente da ricordare poi che la maggior parte dei pazienti ricevono un trapianto per patologie neoplastiche maligne e presentano quindi un MI già alterato prima del trapianto a causa delle precedenti terapie citotossiche [6]. L'elevata biodiversità, cioè il numero delle specie presenti nel MI, misurate tramite l’indice di α-diversità (referenza sull’alfa diversità), che tipicamente caratterizza un MI sano, è solitamente diminuita dopo la procedura. Inoltre, il MI subisce delle modificazioni anche relativamente al tipo di specie presenti ed alla loro funzione. Durante il trapianto, infatti, si osserva frequentemente un significativo aumento di Enterococcus spp. o di Streptococcus spp., specie con alto potere patogeno con capacità di dominare l’ecosistema, cioè di rappresentare più del 30% delle specie presenti[8]. Anche la funzionalità dell’ecosistema viene modificata durante il TCSE portando ad alterazioni nei profili di espressione genetica, come l’acquisizione di geni mediatori di antibiotico resistenza, e cambiamenti nella produzione di metaboliti derivati dal MI, con diverse funzioni sull’ospite[9,10]. È stato stimato che siano necessari almeno due mesi perché il MI possa riassumere una configurazione simile a quella prima del trapianto[11]. L’insieme di queste modificazioni nella struttura e funzione del MI può avere un profondo impatto sugli outcomes trapiantologici (Figura 1), come ad esempio le infezioni, la malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease, GvHD) ed il rischio di recidiva. In particolare, è stato dimostrato che più profonde sono le modificazioni del MI a seguito del TCSE e maggiori e più severe sono le complicanze. Da questo punto di vista la prima ricostituzione emopoietica post-trapianto rappresenta un momento criciale in quanto l’α-diversità al momento dell'attecchimento delle cellule staminali è stata correlata in maniera statisticamente significativa alla overall survival (OS)[12]. La relazione del MI con le variabili trapiantologiche risulta tanto più forte nei TCSE T-repleti[12] testimoniando lo stretto legame tra l’ecosistema microbico e la ricostruzione immunologica post-TCSE[13]. Queste osservazioni hanno portato ad un aumento dell'interesse della ricerca nel caratterizzare la composizione ed il ruolo del MI nella genesi delle principali complicanze del TCSE come di seguito meglio dettagliato. 3. Microbiota intestinale e complicanze trapiantologiche 3.1. GvHD La GvHD intestinale è la principale complicanza immuno-mediata del TCSE associata ad una morbidità nel 30-70% dei casi. La GvHD può colpire diversi organi, molti dei quali sedi di uno specifico microbioma, come Figura 1. outcomes trapiantologici 4.Aspetti clinici ed assistenziali trasversali

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