Handbook_Volume III

275 4.Aspetti clinici ed assistenziali trasversali In particolare, lo sviluppo di strategie di trapianto aploidentico basate sull’'infusione di CSE purificate ha portato a descrivere un ruolo estremamente interessante mediato dalle cellule Natural Killer (NK), in grado di mediare una particolare forma di alloreattivita’, anch’essa basata sull’incompatibilita’ HLA tra donatore e ricevente, ma attraverso un different principio (infatti tali cellule rispondono all’assenza nel ricevente di molecole HLA che erano presenti nel donatore). Oltre a mediare un’attivita’ contro il tumore indipendente da quella dei linfociti T, l’alloreattivita’ NK sembra essere associata a un rischio di indurre GvHD molto limitato, data l’assenza di ligandi attivatori di tali cellule sui tessuti sani [13]. Ancora piu’ recente e’ il riconoscimento di come le cellule del comparto mieloide midollare, cosi’ come gli elementi stromali, possano entrare in gioco nell’effetto GvT, e di come la loro funzione di modulazione delle risposte immuni possa essere ridirezionata dai tumori a proprio vantaggio [14]. 3. Evasione dall’Effetto GvT e Recidiva 3.1. Fattori limitanti l’effetto GvT Numerose variabili possono limitare l’instaurarsi di un effetto GvT efficace, o possono abrogarne l’attivita’. Tale fallimento dell’effetto GvT lascia alle cellule tumorali la possibilita’ di ricrescere, portando quindi alla recidiva clinica di malattia. Come menzionato nella sezione precedente, la deplezione delle cellule T dal prodotto trapiantologico infuso, cosi’ come quella effettuata in vivo tramite l’utlizzo di siero antilinfocitario, anticorpi monoclonali, o cliclofosfamide ad alte dosi, puo’ ridurre significamente la quota di linfociti T alloreattivi, riducendo il rischio di GvHD ma anche aumentando quello di recidiva. Allo stesso modo, una prolungata e profonda immunosoppressione post trapianto, o l’utilizzo protratto di corticosteroidi ad alte dosi per trattare la GvHD, limitano l’attivita’ dei linfociti T ostacolandone l’efficacia antitumorale. Anche le infezioni virali, problematiche frequenti nel paziente trapiantato, se inizialmente possono fungere da stimolo per attivare il sistema immunitario del donatore, alla loro progressione possono direttamente o attraverso le terapie impattare negativamente sulla funzione del trapianto, portando a mielosoprressione e facilitando la recidiva di malattia. Inoltre, se stimolate cronicamente, le stesse cellule T possono perdere la loro abilità antitumorale andando incontro ad esaurimento funzionale, esprimendo recettori inibitori (PD-1, Tim3, LAG-3) e riducendo la propria capacita’ di produrre INF-γ, di fondamentale importanza nell’effetto GvT [15], [16]. In aggiunta, anche l’efficace homing delle cellule immunitarie nei siti di malattia e’ fondamentale perche’ l’effetto GvT si estrinsechi correttamente: e’ infatti frequente osservare che dopo il trapianto allogenico di CSE la malattia ricompaia in siti extramidollari, quali la cute o il sistema nervoso centrale, in cui i linfociti T trafficano con maggiore difficolta’ o sono esposti ad un microambiente che ne limita il potenziale antitumorale. In questo contesto puo’ essere d’aiuto l’induzione di danno tissutale locale ed infiammazione, ad esempio tramite irradiazione, per stimolare il riconoscimento e l’eliminazione delle cellule tumorali [17]. 3.2. Meccanismi adottati dai tumori per evadere l’effetto GvT Mentre nella storia del trapianto allogenico di CSE e’ risultato rapidamente evidente che una riduzione dell’attivita’ del sistema immunitario trapiantato rappresenti un fattore favorente la recidiva, e’ molto piu’ recente la descrizione di una serie di meccanismi messi in atto dalle cellule tumorali per sfuggire all’effetto GvT e ricomparire. La pressione esercitata dal sistema immunitario nei confronti di cellule attivamente proliferanti e geneticamente instabili puo’ infatti portare alla selezione di varianti del tumore iniziale che siano resistenti al riconoscimento immune, e grazie a questo possano proliferare indisturbate originando la recidiva clinica [18]. Uno tra i meccanismi di evasione dall’effetto GvT ad oggi meglio caratterizzati e’ la perdita dei geni codificanti per le molecole HLA paziente-specifiche (“HLA loss”), che come descritto nella sezione precedente sono in grado di catalizzare robuste risposte di alloreattivita’ da parte dei linfociti T del donatore. Attraverso un raffinato meccanismo di mutazione, denominato “copy neutral loss of heterozygosity” le cellule tumorali eliminano permanentemente i geni codificanti gli HLA incompatibili, sostituendoli con una copia di quelli condivisi con il donatore, che in quanto tali non sono riconosciuti come diversi dal suo sistema immunitario e non ne elicitano l’eliminazione delle cellule leucemiche. Questo meccanismo, che rende conto di circa un terzo delle recidive dopo trapianto da donatori familiari aploidentici, ha importanti ripercussioni terapeutiche: in questi casi infatti l’infusione di dosi aggiuntive di linfociti T del donatore (DLI), che rappresenta una delle strategie cardine nel trattamento delle recidive post-trapianto, non e’ in grado di sortire alcun effetto antitumorale, pur continuando a portare con se’ un rischio consistente di scatenare una GvHD, rendendo indicato l’analisi di eventuale HLA loss prima di procedere con la procedura di DLI [19], [20]. Piu’ recentemente sono stati descritti cambiamenti del profilo immunologico delle cellule tumorali che pero’ non sono associati a mutazioni del loro corredo genico, suggerendone un’origine primariamente epigenetica. In particolare e’ stato descritto che le cellule tumorali per sfuggire al riconoscimento dei linfociti T CD4 possono silenziare i geni codificanti per le molecole HLA di classe II, da essi riconosciute. A differenza pero’ del meccanismo di HLA loss descritto sopra, questo silenziamento epigenetico colpisce sia le molecole HLA compatibili che incompatibili, e data la sua natura non genetica e’ potenzialmente reversibile esponendo le cellule a stimoli infiammatori o a farmaci ad azione epigenetica attualmente in fase di sperimentazione e capaci di riattivare l’espressione dei geni silenziati [21]–[23]. Altri meccanismo di immuno-evasione recentemente descritti sono l’overesperssione sulle cellule tumorali di ligandi inibitori dei linfociti T (che ne “spengono” le risposte) o l’attivazione da parte delle stesse cellule di processi metabolici quali il rilascio di acido lattico

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