Handbook_Volume III

265 4.Aspetti clinici ed assistenziali trasversali tente che integri l’approccio globale più empatico ed inclusivo. La sinergia tra l’approccio globale al dolore e un atteggiamento tecnico-scientifico permette una vera presa in carico globale del malato oncologico, necessaria in ogni fase della sua malattia [3] [4]. Il dolore da cancro ha peculiarità che lo differenziano dal dolore cronico non oncologico, che vanno considerate per un inquadramento completo e che vengono analizzate di seguito. Spesso il dolore non è l’unico sintomo presente, ma fa parte di una sintomatologia complessa e il suo trattamento è più efficace se inserito in una strategia di trattamento palliativo globale. Il dolore oncologico si inscrive in una malattia di base, spesso estesa; una adeguata conoscenza dello stato della neoplasia permette un miglior inquadramento diagnostico e terapeutico del dolore. Nella maggior parte dei casi il dolore da cancro è a fisiopatologia di tipo misto nocicettivo-neuropatico. L’obiettivo del trattamento del dolore da cancro più frequentemente è la riduzione del sintomo finalizzato ad un miglioramento della qualità di vita, ma non il pieno recupero funzionale. La durata del trattamento spesso è limitata, pertanto i timori sulle possibili conseguenze dell’uso di oppiodi trovano in questo contesto uno spazio molto limitato [4]. La ricerca clinica e le strategie terapeutiche, in particolare la Scala Analgesica a tre gradini della OMS, si sono sviluppate in gran parte per la gestione del dolore da cancro [2]. Il dolore da cancro rimane tuttora un sintomo molto diffuso e ad elevato impatto, nonostante la crescente consapevolezza degli operatori sanitari e la maggior diffusione di una cultura di attenzione a tale problematica. La prevalenza globale del dolore da cancro nei malati oncologici è superiore al 50%, ed è più elevata nei pazienti affetti da neoplasia del distretto testa-collo (70%), con una prevalenza complessiva pari al 64% nella malattia avanzata o metastatica [5]. 2. Eziopatogenesi, valutazione e gestione del dolore da cancro La classificazione del dolore da cancro è stata recentemente ridefinita ad opera della IASP e della International Classification of Diseases (ICD): viene ritenuto superato il concetto di “dolore come malattia” poiché il dolore da cancro possiede un’eziopatogenesi molto precisa. Il dolore di origine neoplastica può rappresentare la prima manifestazione di una neoplasia misconosciuta, un sintomo di ripresa/progressione di una neoplasia nota, o l’espressione di un danno iatrogeno. Il dolore neoplastico può essere acuto oppure cronico in funzione della sua manifestazione nel tempo. In una suddivisione didattica dei processi alla base del dolore da cancro, possiamo identificare tre ambiti principali di genesi: da effetto massa, come sindrome paraneoplastica e dolore iatrogeno. Il dolore da effetto massa è legato a compressione o irritazione di tessuti o organi contigui alla neoplasia, ad esempio se la neoplasia costituisce un ostacolo alla canalizzazione intestinale o infiltra e irrita un plesso nervoso. Il dolore come sindrome paraneoplastica è invece mediato da citochine infiammatorie e dal sistema monocita-macrofagico, nell’articolata interrelazione tra neoplasia e ospite; esso contribuisce alla genesi di sindromi dolorose complesse, fenomeni di resistenza agli analgesici e di iperalgesia. Il dolore iatrogeno è comunemente legato a chirurgia, radioterapia, chemioterapia, immunoterapia o terapia ormonale; infine ricordiamo anche il dolore da iperalgesia osservato in corso di terapia cronica con oppiacei; in sintesi, il dolore iatrogeno è riconducibile a danno diretto su cute o mucose, danno/irritazione a strutture nervose periferiche, espansione di compartimenti ematopoietici e infine a squilibrio idro-elettrolitico o scompenso metabolico [2]. Le modalità con cui il dolore si manifesta possono essere sostenute da diversi meccanismi fisiopatologici, così classificabili: • nocicettivo da invasione/ulcerazione di tessuti • infiammatorio, attraverso l’attivazione dei meccanismi della flogosi acuta • da spasmo della muscolatura liscia • da tensione di capsule parenchimali o fasce muscolari • da insufficienza d’organo • neuropatico periferico o centrale. In un inquadramento generale del dolore da cancro, è necessario considerare la complessità delle interrelazioni tumore/ospite, degli esiti dei trattamenti, e della contemporanea presenza di meccanismi diversi nella genesi del sintomo dolore [3]. La misurazione del dolore oncologico si declina nella rilevazione di tre principali caratteristiche: l’intensità, lo sviluppo temporale (frequenza ed esacerbazioni) e il sollievo (effetti del trattamento) [6]. Esistono inoltre numerose caratteristiche utili a definire meglio il dolore, come gli aspetti qualitativi, l’interferenza con le attività quotidiane, e la soddisfazione rispetto al trattamento, ma la necessità di metodi di misurazione facilmente fruibili impone una semplificazione. Per quanto riguarda l’intensità, esistono tre principali scale unidimensionali, riconosciute come equivalenti in validità ed affidabilità: la scala analogico visiva (Visual Analogue Scale, VAS), la scala numerica (Numerical Rating Scale, NRS) e la scala verbale (Verbal Rating Scale, VRS). L’uso della NRS a 11 livelli (0=nessun dolore, 10 peggiore dolore immaginabile) può essere raccomandato per la buona adesione dei pazienti a questa scala e per la sua sensibilità al cambiamento [2]. Per i pazienti con deficit cognitivo è opportuno ricorrere a scale verbali con un numero limitato di livelli o ricorrere all’utilizzo di scale non verbali, come ad esempio il PAINAID, che rileva la presenza di dolore dall’osservazione dell’espressione del viso, dell’atteggiamento corporeo e dai vocalizzi del paziente [7]. L’osservazione dello sviluppo temporale del dolore è un altro elemento cardine per un suo corretto inquadramento. Si raccomanda la misurazione dell’intensità del dolore di base e delle sue eventuali esacerbazioni nelle 24 precedenti alla rilevazione. Nel dolore da cancro,

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