Handbook_Volume III

248 3.2. L’educazione personalizzata: i destinatari Dalla revisione della letteratura, è emersa la necessità di personalizzare l’educazione per alcune categorie specifiche quali il paziente giovane adulto, il paziente anziano, il caregiver ed il paziente straniero, nonostante gli studi a supporto siano scarsi. 3.2.1 L’educazione al giovane adulto e alla famiglia I giovani adulti costituiscono un gruppo unico che richiede cure e attenzioni particolari, poiché quasi tutti gli elementi della vita personale sono in una fase di riorganizzazione e instabilità (ad esempio, l’avvio di una carriera, l’emancipazione dai genitori, etc…) [20]. I dati sui pazienti diagnosticati e trapiantati di età compresa tra 18 e 39 anni sono scarsi. Dalla letteratura disponibile, è emerso che per le famiglie non essere a conoscenza delle morbilità a lungo termine delle patologie ematologiche riguardanti i figli rappresenta un ostacolo alla capacità di prendere decisioni [20]. Un tema particolarmente rilevante in questa fase di vita risulta essere la percezione della propria immagine e la gestione della propria sessualità. In uno studio svedese è emerso che più del 80% dei partecipanti non ricordava di aver affrontato questo tema con il personale sanitario [5]. L’immagine corporea alterata può modificare la percezione di sé come essere sessuale e portare ad una minore soddisfazione sessuale [10]. Gran parte della ricerca disponibile sull’immagine corporea riguarda pazienti con relazioni in atto, ma poco si conosce rispetto ai bisogni o alle preoccupazioni di persone single. I pazienti inoltre spesso hanno difficoltà a rivelare il loro stato di salute in nuove relazioni sentimentali [10]. Vi sono diversi cambiamenti di ruolo durante il percorso del trapianto in un giovane adulto come, ad esempio, quando in una giovane coppia il coniuge diventa caregiver e l’altro paziente e/o il genitore diventa anch’esso un caregiver [10]. Gli studi riportano una scarsa comprensione dell’impatto di queste transizioni e di come vengono affrontate. Infine, nel giovane adulto la preoccupazione relativa al mantenimento della propria occupazione durante i trattamenti sanitari è molto rilevante e richiederebbe un’attenzione maggiore nella programmazione di accessi ospedalieri e ricoveri [10] (Tabella 1). 3.2.2 L’educazione al paziente anziano Il TCSE risulta essere una potenziale opzione di trattamento per pazienti sempre più anziani, particolarmente preoccupati per le complicanze che possono insorgere durante il trapianto correlate anche all’età e alle comorbidità presenti, e per la loro capacità di tollerare il trapianto ed affrontare il recupero [1]. Durante il processo educativo relativo a questo gruppo di pazienti è importante dare una quantità limitata di informazioni al colloquio pre-trapianto, utilizzando un linguaggio semplice per favorire la loro comprensione. È emerso inoltre che i pazienti anziani beneficiano del sostegno tra pari, quali altri pazienti trapiantati, leader religiosi e familiari [1] (Tabella 1). 3.2.3 L’educazione al paziente straniero Alcuni studi hanno analizzato l’esperienza dei pazienti stranieri sottoposti a TCSE, sottolineando diversi problemi emersi relativi a barriere di carattere linguistico. La mancanza di comprensione aumenta nel paziente straniero la paura e di conseguenza diminuisce la sua capacità di comprendere, in un circolo vizioso [3]. Questo, in molti pazienti stranieri, porta a provare la sensazione di non aver ricevuto un’adeguata informazione e all’incapacità di comprendere ciò che effettivamente vivranno durante il percorso di trapianto, lasciandoli sorpresi di fronte a sintomi ed effetti collaterali che non si aspettavano di affrontare [3]. Altri pazienti hanno invece sottolineato l’importanza della figura dell’infermiere nello spiegare maggiormente i concetti non compresi e del confronto con altre persone sottoposte a trapianto [3]. 3.2.4 L’educazione al caregiver Dalla revisione della letteratura è emerso che educare il caregiver sia necessario in quanto, rispetto alla popolazione generale, i caregiver dei pazienti trapiantati riportano una qualità di vita, un’incidenza di depressione ed alterazioni del sonno peggiori e manifestano sintomi fisici quali affaticamento, disfunzioni cognitive e problemi sessuali [25]. Inoltre, un elevato disagio del caregiver può predire una ridotta qualità di vita del paziente [25]. I caregiver Figura 1. Contenuti educativi in relazione alle tre fasi del TCSE [20, 22-24]

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