207 3. Terapie di supporto Clinica, la Psichiatria, l’Oncologia e le Scienze Biologiche che, oltre agli aspetti etici, sociali e spirituali della malattia, si occupa della sofferenza psichica che la accompagna [2]. Scoprire di essere malati di cancro suscita reazioni di paura, preoccupazione, tristezza, sconforto e sgomento non solo nel paziente, ma anche nelle persone che gli sono vicine. L’elaborazione dell’impatto psicologico della diagnosi, richiede in ciascuno un significativo sforzo di adattamento, che consenta di mantenere un adeguato equilibrio emotivo, nonostante i limiti e le difficoltà imposte dalla condizione di malattia [3] [4]. Le aree di funzionamento individuale, familiare, sociale e lavorativa sono spesso interessate e compromesse in misura diversa e anche lo schema corporeo può andare incontro ad alterazioni (reversibili e irreversibili) come conseguenza dell’impatto della malattia e dei suoi trattamenti. La natura dell’adattamento psicologico può essere, pertanto, particolarmente complessa, in quanto coinvolge aspetti di natura socio-culturale (lo stigma associato al cancro e alle problematiche psicologiche), medica (effetti dei farmaci, responsività alle cure, regime terapeutico, presenza/assenza di dolore neoplastico), individuale (età, pregressa storia di disturbi mentali, caratteristiche di personalità) e socio-relazionale (presenza/assenza di una rete di relazioni familiare e sociale di supporto), che influenzano il paziente nella gestione degli importanti cambiamenti esistenziali correlati alla malattia [5]. Il timore di essere affetti da un male incurabile, l’incertezza del futuro (proprio e quello dei propri cari) e il senso di afflizione dovuto alla perdita delle proprie consuetudini di vita, sono tematiche molto comuni [6]. Alla luce di queste considerazioni, è comprensibile che un certo grado di distress emozionale sia piuttosto frequente nei pazienti oncologici [8]. Il distress può intendersi come una forma di sofferenza psicologica, variabile lungo un continuum che va da normali sentimenti di preoccupazione, vulnerabilità, tristezza e paura fino a forme più severe e clinicamente rilevanti, in cui i sintomi di ansia e depressione sono spesso presenti. Nei casi più severi, il distress psicologico può interferire con l’abilità del paziente di far fronte al cancro e ai suoi sintomi fisici, con la qualità della vita, può, inoltre, compromettere l’aderenza ai trattamenti e, in alcune circostanze, può condizionare l’esito delle cure e le possibilità di sopravvivenza [8] [9] [10]. Alla luce di queste considerazioni, l’IPOS (International Pycho-Oncology Society) ha suggerito di considerare il distress emozionale come sesto parametro vitale (oltre alla temperatura, al respiro, al battito cardiaco, alla pressione arteriosa e al dolore), sottolineando la necessità di monitorarne l’andamento, non solo in prossimità della diagnosi, ma in tutte le fasi della traiettoria di malattia, dando, in tal modo, un ulteriore impulso all’integrazione delle terapie psicologiche nella cura globale del cancro. A tal fine il National Comprehensive Cancer Network (NCCN) raccomanda l’utilizzo del Termometro del Distress come strumento di screening [4]. I pazienti affetti da patologie onco-ematologiche, che sempre più spesso vengono sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche (TSCE), si vedono costretti ad affrontare un regime di cure lungo e aggressivo, che impone un periodo di isolamento protratto nel tempo e un’attenzione continua alla propria condizione di salute, che va ben oltre la fase del trapianto. Inoltre i centri specializzati in trapianti non sempre sono facilmente accessibili e spesso i pazienti sono costretti ad allontanarsi dalla propria città e dai propri cari per l’intera durata del ricovero e, talvolta, anche oltre. Inquietudini di vario tipo, timori sulle prospettive future, angosce di una possibile recidiva, sono tutte dimensioni psicologiche rilevanti nei pazienti onco-ematologici sottoposti a TCSE, dalla pre-ospedalizzazione al ricovero, fino a vari anni dopo il trapianto e, talvolta, anche dopo la remissione completa della malattia [13]. Pertanto, nel contesto di un regime terapeutico che mette a dura prova il paziente, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico, appare di notevole importanza monitorare, parallelamente ai parametri fisiologici, il livello di distress, non solo durante il periodo di trattamento ma lungo tutto l’iter di malattia. 2. Disturbi più frequenti I disturbi psicologici sono caratterizzati da sintomatologie reattive alla diagnosi o, in altre circostanze, da condizioni psicopatologiche preesistenti, che possono essere aggravate dallo stress associato al cancro [16] [21]. Nei pazienti oncologici la presenza di sintomi di ansia e depressione è significativamente più elevata rispetto alla popolazione generale [5] [17]. I disturbi dell’adattamento, spesso contraddistinti da presenza di sintomatologia ansiosa, sono comunemente diagnosticati nella popolazione oncologica [4]. Alcuni dati evidenziano che un atteggiamento di relativa negazione, che non comprometta l’esame di realtà e una adeguata aderenza ai trattamenti, può avere, in alcune circostanze, un favorevole impatto sul processo di adattamento psicologico alla malattia [18]. L’ansia è una condizione psicologica definita da uno stato di allerta e di inquietudine, in cui “l’anticipazione di una minaccia futura” rappresenta uno degli aspetti principali. I sintomi dell’ansia sono, generalmente, caratterizzati da aspetti cognitivi, emotivi e somatici. In riferimento ai primi, il paziente esperisce preoccupazioni diffuse, difficoltà di concentrazione e tendenza a catastrofizzare; tra le dimensioni emotive troviamo paura, panico e nervosismo; i sintomi fisici più comuni sono tachicardia, sudorazione, problemi gastrointestinali, vertigini, tensione muscolare, tremori, sensazione di soffocamento e ipervigilanza. Nei pazienti candidati al TCSE, l’ansia può manifestarsi, in particolare nei giorni che lo precedono, sotto forma di preoccupazioni e paure concernenti l’esito del trapianto, soprattutto nei casi in cui la compatibilità del donatore non sia totale, con conseguente riduzione delle probabilità di successo [22]. La condizione di isolamento in camera sterile, associata
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