Handbook_Volume III

177 3. Terapie di supporto ed efficacia preliminare della terapia con VST per il trattamento della PML (29,30). Nell’ambito della riattivazione di HHV6 post TCSE allogenico, sempre nello studio di Tzannou et al, due pazienti sono stati trattati con cellule T specifiche per U11, U14 e U90 ottenute da terza parte (14). Un paziente è stato trattato per l'encefalite da HHV6 e l'altro per la viremia da HHV6 sintomatica (febbre, citopenia da soppressione midollare). Entrambi i pazienti hanno mostrato una diminuzione della carica virale e risoluzione del quadro clinico. 2.5.Esperienze con linfociti T multi-virus specifici La maggior parte dell'esperienza di terapia cellulare riguarda il trattamento delle infezioni da CMV ed EBV. Tuttavia, i pazienti con infezioni multiple hanno un outcome peggiore (9) e nella popolazione pediatrica o nei trapiantati da TCSE allogenico, l'impatto di altre infezioni virali, come ADV o HHV6, ha importanti implicazioni per la sopravvivenza globale (5,31). Pertanto, la possibilità di produrre in un unico processo VST specifici per più virus è fondamentale per ottenere miglioramenti rilevanti. Sono stati condotti studi proof-of-concept che hanno dimostrato la fattibilità e l'efficacia preliminare del controllo delle riattivazioni virali dopo TCSE allogenico mediante VST multivirus specifici ottenuti da donatore di CSE o da donatore terza parte, mediante stimolazione ex-vivo con linee cellulari linfoblastoidi EBV (32), cellule dendritiche nucleofettate con plasmidi codificanti per proteine ​virali o pulsate con peptidi virali, o direttamente con pool di peptidi 15-mer da proteine ​virali immunogeniche (14). La somministrazione profilattica o terapeutica in 82 pazienti trattati con cellule derivate da donatori di CSE e 96 pazienti trattati con cellule da donatori terza parte hanno mostrato risposte rispettivamente nell'80-95% e 70%-100 % dei casi. Il beneficio clinico è stato dimostrato anche nei pazienti trattati per infezioni multiple concomitanti (14). Sebbene siano state registrate risposte cliniche per tutti i virus inclusi nelle specificità, l'evidenza dell'espansione di linfociti T virus-specifici nel sangue periferico dei pazienti trattati si osserva principalmente per i virus che inducono grandi pool di cellule memoria, come CMV ed EBV, mentre, a causa della ridotta frequenza di linfociti memoria, le risposte immunitarie ad ADV o HHV6 non sembrano essere potenziate, salvo che non sia in corso una riattivazione. Infatti, la competizione antigenica che si manifesta durante la stimolazione con diversi antigeni target nella stessa coltura determina un'espansione preferenziale dei linfociti T specifici per le proteine immunodominanti dei virus che elicitano alte frequenze circolanti di cellule memoria. Ciò ha un impatto sulla composizione dei prodotti delle cellule T multivirus specifiche, poiché i linfociti T diretti verso antigeni non immunodominanti, o verso determinanti antigenici di virus che stimolano basse frequenze di cellule memoria, possono essere sottorappresentati. Questo fenomeno può determinare un impatto negativo sull'efficacia della terapia cellulare. 3. Limiti attuali della terapia cellulare anti infettiva Esistono diversi ostacoli che concorrono a limitare l'uso e l'efficacia clinica della terapia con cellule T in caso di infezioni. Innanzitutto, l’attività produttiva è stata per lo più limitata a pochi centri accademici con competenze e strutture adeguate per produzione secondo GMP (Good Manifacturing Practice), che per loro natura hanno limiti logistici che impediscono una diffusione capillare di queste terapie. Inoltre, per alcune categorie di pazienti, come i trapiantati da donatori naïve ai patogeni, l'espansione di prodotti a base di cellule T contro patogeni potrebbe non essere realizzabile. Tuttavia, non sono stati ancora stabiliti il timing appropriato per l’infusione dei linfociti T, così come la dose di linfociti T o la composizione ottimale del prodotto cellulare, a causa della presenza di molte variabili confondenti, tra cui il tipo di trapianto e il diverso rischio infettivo, la deplezione dei linfociti T in vitro o in vivo e i regimi immunosoppressivi. Questi problemi dovranno essere affrontati in futuri studi comparativi controllati. Infine, i trapiantati trattati con steroidi o inibitori della calcineurina (IC) per GVHD sono tra quelli a più alto rischio di complicanze infettive. Tuttavia, in questi pazienti la terapia cellulare ha le minori possibilità di successo, poiché gli steroidi hanno un effetto citopatico diretto e gli IC alterano il potenziale di espansione delle cellule T. Recentemente, studi preclinici hanno dimostrato la fattibilità della produzione di cellule T patogeno-specifiche rese resistenti agli steroidi o all'IC mediante modificazione genetica, e sono in corso studi clinici per valutare la sicurezza e efficacia. 4. Strategie per espandere l’accesso alle terapie cellulari 4.1 Produzione di cellule T virus specifiche da donatori antigene-sieronegativi I riceventi pediatrici che riattivano infezioni virali dopo TCSE da donatore virus-naïve sono ad alto rischio di sviluppare complicanze. È stato dimostrato che è possibile innescare risposte primarie antigene-specifiche attraverso la stimolazione con cellule presentanti l’antigene professionali co-incubate con antigeni tumorali o virali, in presenza di citochine attivanti/omeostatiche (33,34). Uno studio proof-of-principle ha dimostrato la fattibilità di ottenere VST da donatori EBV-sieronegativi mediante stimolazione con cellule dendritiche pulsate con EBV LCL, o direttamente con EBV-LCL, in presenza di citochine quali IL-7 e/o IL-12 (34). I CTL EBV-specifici ottenuti con la metodica descritta sono stati utilizzati con successo per trattare una PTLD disseminata, non responsiva a rituximab e chemioterapia, in un ricevente pediatrico di TCSE da donatore non consanguineo EBV-sieronegativo. Le cellule T multivirus (CMV, EBV e adenovirus)-specifiche sono state attivate ed espanse da sangue cordonale, mediante stimolazione con cellule dendritiche-ADV o EBV-LCL pulsate con un pool di peptidi derivati dalla proteina CMV-pp65, in presenza di IL-7, IL-12, e IL-15. Le cellule ottenute erano in grado di riconoscere solo epitopi atipici di pp65, ma quando somministrate a riceventi di trapianto da sangue cordonale sono state in grado di mediare attività immune CMV-specifica in un paziente con riattivazione virale. 4.2 VST da donatore terza parte Le infusioni di cellule T virus specifiche derivate dal donatore di CSE non sono sempre fattibili nella pratica clinica, a causa delle difficoltà nell’ottenere materiale

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