Handbook_Volume III

166 tuali sugli effetti a breve, medio e lungo termine e sulla necessità di effettuare un follow-up prolungato nel tempo. Deve, inoltre, essere esplicitata l’eventualità di un secondo prelievo di CSE per effettuare un secondo trapianto in caso di fallimento del primo o di donazione di linfociti (DLI), e rendere note le conseguenze cliniche della mancata donazione [14]. In relazione alla modalità di donazione mediante aferesi, in particolare, gli infermieri operanti nel settore condividono con il team la responsabilità di informare il donatore in merito al processo di raccolta delle cellule staminali, e di eventuali reazioni avverse alla somministrazione del fattore di crescita e alla procedura di aferesi. La somministrazione di fattore di crescita deve essere effettuata previa acquisizione di consenso informato. Durante la fase di mobilizzazione, deve essere garantita al donatore la disponibilità di un sanitario esperto, da contattare in caso di reazioni indesiderate. Almeno la prima somministrazione del fattore di crescita deve essere eseguita in presenza di un medico [3]. L’infermiere espleta un ruolo primario nell’assistere il donatore nella gestione del diario di somministrazione del fattore di crescita, sia rispetto al trasferimento al donatore delle informazioni di pertinenza, sia rispetto alla gestione della somministrazione. Deve, pertanto, conoscere i meccanismi di azione degli agenti mobilizzanti, e saperne dare opportuna comunicazione al donatore. Nelle competenze infermieristiche rientra la valutazione degli accessi vascolari del donatore di CSE, determinante ai fini dell’efficienza della procedura aferetica per il raggiungimento del target cellulare stabilito. A tal fine, è essenziale un’adeguata esperienza e competenza in materia di dispositivi per gli accessi vascolari periferici e centrali, in considerazione soprattutto dell’attuale disponibilità di accessi a breve e medio termine (midline), a cui si può far riscorso per il donatore allogenico, e di procedure ecoguidate per l’inserimento dell’accesso [15]. Nell’ambito del servizio di Aferesi, l'infermiere gestisce tecnologie complesse, potendo selezionare il separatore più adatto alle specifiche procedure, anche in relazione alla tipologia di soggetto coinvolto (donatore/ paziente). Egli è primariamente responsabile di diverse attività, quali la verifica quotidiana di temperatura ed igiene degli ambienti dedicati, il controllo delle tecnologie e dei materiali necessari, inclusi farmaci e presidi del carrello di emergenza, defibrillatore, separatori cellulari, saldatori, kit e soluzioni impiegate. Per ciascuna procedura, si occupa direttamente del montaggio e del priming del circuito monouso, controllandone il corretto funzionamento e gestendo eventuali allarmi. La donazione di CSE allogeniche, o di linfociti allogenici, è identificata in modo univoco, secondo quanto prescritto dalla normativa vigente; deve essere identificato il ricevente designato sull’etichetta applicata all’unità e su apposita documentazione di accompagnamento [3]. Al momento della raccolta, l’infermiere è coinvolto primariamente nella identificazione del donatore, eseguita alla presenza di due operatori sanitari. Egli procede con l’inserimento dei dati anagrafici del donatore nel sistema gestionale, identificando con etichetta dedicata la corrispondenza di scheda anagrafica, provette e sacche, nella etichettatura di fine raccolta del prodotto biologico (sempre in presenza di un secondo operatore), e nella consegna all’istituto dei tessuti. Procede, inoltre, con la rilevazione prima, durante e alla fine della procedura dei parametri vitali. Deve, infine, riconoscere gli eventuali eventi avversi che possono insorgere durante la mobilizzazione (eventuali alterazioni dei valori ematochimici, piastrinopenia, sintomatologia dolorosa, rottura della milza) o in fase di raccolta di CSE da sangue periferico (lesioni ai tessuti coinvolti, ematomi, dolore nelle sedi di venipuntura, allergie, puntura arteriosa, pseudoaneurisma arterioso, trombloflebite, sindrome compartimentale brachiale, tetania da citrato, emolisi, ed altri) [16]. In merito alla procedura di raccolta mediante espianto di midollo osseo, l’infermiere partecipa, con il medico trapiantologo, alla pianificazione della raccolta di CSE, all’allestimento della Sala Operatoria, alla preparazione del materiale di sala per la raccolta midollare ed alla identificazione del donatore. È coinvolto nella etichettatura di fine raccolta del prodotto biologico, eseguita da doppio operatore, secondo le modalità previste dalla normativa vigente, e nel confezionamento e trasporto del prodotto [17]. In alcuni Centri, l’infermiere del Centro Trapianti è coinvolto nella procedura di espianto con il ruolo di strumentista; ciò consente di avere in sala operatoria personale con elevata expertise e specificità che fa da trait d'union con quello di sala, che invece opera in un ampio ventaglio di contesti diversi. L’infermiere operante nell’unità di raccolta midollare è, poi, a conoscenza delle principali reazioni avverse che possono insorgere in corso di prelievo midollare, quali allergie, reazione durante l’anestesia o l’infusione di liquidi, ipotensione, bradicardia, anafilassi, laringospasmo, infezione locale, sepsi, lesione a strutture nervose o vascolari nella sede di raccolta o lesioni ossee alla cresta iliaca. Egli è coinvolto primariamente nella cura e gestione del donatore al termine dell’anestesia [17]. Il personale infermieristico partecipa alla gestione del follow-up post donazione, con la programmazione di visite e prelievi per l’esecuzione degli esami ematochimici con cadenze prestabilite (per dieci anni dopo la donazione sia da midollo, che da sangue periferico e per 6 mesi dopo la donazione di linfociti). 5. Conclusioni La figura infermieristica, nel corso degli anni, ha acquisito crescenti competenze scientifiche e tecnico-assistenziali, supportate da una formazione continua, sempre più articolata e completa, conseguendo, così, una piena autonomia anche in molti degli aspetti che riguardano la gestione del donatore. L’infermiere, a seconda delle fasi del processo di donazione in cui è coinvolto, ed alla specifica struttura in cui opera, si occupa di aspetti che vanno dal ruolo di coordinamento ed organizzazione, al ruolo tecnico altamente specializzato (aferesi, espianto); è dirimente, dunque, per il conseguimento degli obiettivi, un’adeguta formazione ed un’alta specificità degli infermieri operanti nel team. In tale contesto, considerate le necessarie azioni di task shifting nella gestione complessiva delle attività, è possibile una sempre maggiore attribuzione di responsabilità di processo, anche in funzione della formazione accademica, nella visione di una corretta condivisone e suddivisione delle competenze.

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