Handbook_Volume III

133 L’analisi multivariata ha mostrato che i fattori sono associati ad una ridotta NRM sono: una diagnosi di leucemia acuta (HR 0.65), HCT-CI basso (HR 0.74) e KPS 90-100 (HR0.69). L’analisi multivariata su OS ha mostrato, invece, che il sesso maschile del ricevente (HR 1.15), una malattia non in remissione al momento del trapianto (HR 1.68), un donatore aploidentico (HR 1.22) e il cordone ombelicale come sorgente di cellule staminali (HR 2.07) sono fattori significativamente associati ad un ridotto outcome a lungo termine. 6. Discussione e prospettive future Il trapianto allogenico nel paziente anziano è in continua esponenziale crescita. Come descritto in precedenza, questo fenomeno si spiega con l’incremento dell’età media della popolazione generale e con il conseguente aumento delle diagnosi di malattie oncoematologiche (soprattutto leucemie acute) per cui il trapianto allogenico è indicato [2, 3]. Accanto a questo aspetto, va segnalato che le condizioni cliniche generali dei pazienti di età superiore a 60 anni portati al trapianto sono progressivamente migliorate negli anni, come suggerito dal nostro studio GITMO: anche a fronte di un HCT-CI più spesso alto, I pazienti hanno un KPS migliore. Come si spiega questa apparente discordanza? E’ importante sottolineare che lo score HCT-CI fotografa le comorbidità: è atteso che queste aumentino con l’età, ma non è necessariamente scontato che più comorbidità corrispondano a peggiori condizioni cliniche. Lo dimostra il fatto che il KPS dei pazienti del nostro studio è progressivamente diventato migliore, grazie ad una migliore selezione clinica. Questi due aspetti, assieme al fatto che l’HCT-CI sembra avere perso potere predittivo di NRM negli anni più recenti, suggeriscono che per il paziente anziano le comorbidità non siano meno importanti dello stato di minore o maggiore fragilità, meglio rappresentato dal KPS. In altre parole, un paziente anziano può avere una frazione di eiezione non ottimale, oppure una funzione respiratoria parzialmente compromessa, ma può essere in grado di affrontare un trapianto allogenico, in quanto dotato di una “riserva funzionale”: in altre parole una capacità di adattamento ad un evento di “stress” come il trapianto allogenico (resilienza). Certamente occorre considerare che il trapianto allogenico nell’anziano, negli anni più recenti, è stato progressivamente adattato, per esempio utilizzando anche regimi di condizionamento mieloablativi, ma a ridotta tossicità e utilizzando farmaci meno tossici sulle mucose del tubo digerente, come ad esempio il treosulfano. A questo si è aggiunto un progressivo miglioramento della profilassi della GVHD, con l’utilizzo dell’ATG anche nel trapianto da donatore familiare HLA identico [13 - 16] e l’utilizzo della ciclofosfamide post-trapianto [17] prevalentemente nel setting del trapianto aploidentico, per la quale è nota l’efficacia nella prevenzione della GVHD soprattutto cronica. Quali sono dunque le prospettive future? I dati dello studio GITMO, ancorchè retrospettivi, suggeriscono che i livelli di intervento per migliorare i risultati del trapianto allogenico nell’anziano dovranno verosimilmente assumere queste tre frincipali direzioni: 1. Riduzione ulteriore della NRM, attraverso una personalizzaizone del regime di condizionamento. Questo dovrà essere sempre di più adattato alle caratteristiche del paziente anziano, cercando di mantenere il concetto che la dose di farmaci del condizionamento ha un ruolo nel controllo della malattia, ma che dosi troppo elevate di farmaci con eccessiva tossicità possono far perdere l’efficacia in termini di OS. In questo contesto il treosulfano risulta essere il farmaco più pomettenre [18 - 22]. 2. Riduzione della CIR, che è ancora eccessivamente levata. Anche in questo contesto, con riferimento soprattutto alle leucemie acute, occorre consolidare quanto già suggerito da alcuni studi clinici: il mantenimento post trapianto, laddove fattibile, è probabilmente fondamentale (ad esempio inibitori di Flt3 nelle leucemie mielodi acute Flt3-ITD positive). Accanto al mantenimento, occorre valutare prospetticamente strategie di terapia pre-emptive della recidiva, ad esempio in pazienti con marcatori di malattia minima residua positivi (leucemie NPM positive) per cui la terapia con demetilante e venetoclax potrebbe essere particolarmente efficace [23, 24]. Questi due approcci, infine, dovranno essere integrati ai più tradizionali approcci di immunoterapia adottiva come quelli derivanti dall’uso dei linfociti del donatore. 3. Ottimizzazione della selezione dei pazienti con score di rischio che associno l’HCT-CI alla valutazione della fragilità e vulnerabilità, includendo anche marcatori biologici che al meglio possano rappresentare la complesità dell’invecchiamento [25 – 29]. E’ motlo verosimile, quindi, che il trapianto nell’anziano diventi progressivamente sempre più personalizzato, con l’idea che non esiste un trapianto uguale per tutti i pazienti, ma esistono verosimilmente, diverse piattaforme trapiantologiche per diverse categorie di pazienti. 1. Aspetti Generali

RkJQdWJsaXNoZXIy ODUzNzk5