Handbook_Volume III

123 2. Regime di condizionamento In età pediatrica vengono usualmente utilizzati regimi di condizionamento mieloablativi, considerata l’assenza di comorbidità specifiche dei pazienti adulti, mentre l’utilizzo dei regimi non-mieloablativi o a ridotta intensità (RIC) rimane quasi sempre confinato ai pazienti sottoposti a secondo trapianto, con particolari tossicità d’organo, o con maggiore rischio di tossicità per patologia di base. Vi sono infatti alcuni pazienti pediatrici intrinsecamente “fragili”, poiché affetti da sindromi genetiche (ad es. l’Anemia di Fanconi), le cui cellule sono estremamente sensibili ai farmaci alchilanti impiegati a dosaggi mieloablativi e che richiedono pertanto l’impiego di regimi di condizionamento RIC studiati ad hoc per garantirne la massima tollerabilità(7). Nella scelta del regime di condizionamento, particolare attenzione è stata altresì posta sull’inclusione/esclusione della TBI, considerati i suoi noti effetti a lungo termine, particolarmente invalidanti in un soggetto in fase di accrescimento. Lo studio FORUM (Phase III For Omitting Radiation Under Majority age) ha tuttavia confermato la superiorità dei regimi di condizionamento TBI-based vs chemo-based nei pazienti affetti da LLA, con particolare riferimento non solo all’OS, ma soprattutto all’incidenza cumulativa di recidiva di malattia a 2 anni: 0.12 (95% CI, 0.08–0.17) vs. 0.33 (95% CI, 0.25– 0.40), rispettivamente. Particolare rilevanza ha la possibilità di somministrare dei regimi chemioterapici con dosi “personalizzate”, adeguate alla farmacocinetica pediatrica, oggi già consolidata per la somministrazione del busulfano per via endovenosa(8,9), di cui è possibile determinare la concentrazione ematica e modulare la dose somministrata, e in fase di studio per ATG-thymoglobuline(10) e per il treosulfano(11). 3. Fonte di CSE La principale fonte di cellule staminali utilizzata in pediatria rimane il midollo osseo, che risulta essere scelta ottimale nelle patologie non maligne, soprattutto nel caso di anemia aplastica(12,13). Tuttavia, anche per i pazienti sottoposti a trapianto per patologia maligna in età pediatrica, è preferibile l’utilizzo delle cellule ematopoietiche midollari, rispetto alle cellule staminali periferiche, poiché quest’ultime sono correlate a un maggior rischio di GvHD cronica, maggior NRM, senza peraltro dare un vantaggio rispetto al rischio di recidiva post trapianto (14,15). Alternativa valida, ma sempre meno utilizzata anche in età pediatrica, principalmente per i rischi correlati all’attecchimento ritardato rispetto alle altre fonti, rimane il sangue da cordone ombelicale, che risulta essere però ancora particolarmente utile in pazienti di basso peso e con patologie che richiedano un’urgenza nel procedere alla procedura trapiantologica, come per esempio le immunodeficienze congenite(16,17), o in pazienti con meno di un anno d’età con leucemia mieloide acuta senza donatore alternativo, nei quali comunque ha dimostrato risultati comparabili al midollo osseo in termini di OS (68% a 4 anni) e incidenza contenuta di recidiva e NRM (18,19). 4. Scelta del donatore L’algoritmo di scelta del donatore rimane fondato sulla scelta preferenziale del donatore familiare identico, sibling, sia per le patologie oncoematologiche, sia per le patologie non maligne. In particolare, nei casi di pazienti affetti da anemia a cellule falciformi, la disponibilità di un donatore familiare identico è decisiva relativamente al timing per procedere al TCSE in quei pazienti candidabili alla procedura (laddove disponibile il donatore sibling, l’indicazione è infatti di procedere precocemente con il trapianto stesso per ridurre la NRM)(20). Poiché solo per il 25% dei pazienti è disponibile un donatore sibling, è indicato procedere alla ricerca di un donatore volontario non correlato (MUD) HLA identico. E’ ormai ben noto in letteratura come l’outcome del TCSE da donatore MUD o sibling identici sia sovrapponibile, tanto per le patologie maligne (21) quanto per le non maligne (16). In particolare, Peters e colleghi hanno evidenziato come il trapianto da donatore MUD nei bambini affetti da LLA sia sovrapponibile al trapianto da fratello sibling in termini di EFS, OS, e CIR, non solo nei casi di MUD 10/10, ma anche nei donatori con singolo mismatch (9/10) (21). Inoltre, anche per i piccoli pazienti sottoposti a TCSE per patologie congenite non maligne, è stata registrata OS a 10 anni molto simile tra i due tipi di donatore (90% nel caso di donatore sibling, 79% nel caso di MUD)(22). Qualora non sia disponibile nessuno dei due donatori citati, è indicato procedere con la scelta di un familiare aploidentico. Ciò si realizza frequentemente nei casi di pazienti appartenenti ad etnie ancora poco rappresentate nei registri interazionali, in cui l’alternativa del trapianto aploidentico può rivelarsi cruciale e l’esperienza del centro influenza l’outcome. Nel trapianto aploidentico, le piattaforme di deplezione T-cellulare sia in vitro (deplezione TCR alpha/beta)(23,24), sia in vivo (PTCY, ciclofosfamide post trapianto)(25), hanno registrato, in particolare per quanto concerne il paziente pediatrico, risultati eccellenti e paragonabili alle altre tipologie di donatori, indipendentemente dalla patologia di base trattata. Nella maggior parte dei casi, il donatore aploidentico scelto nel paziente pediatrico è rappresentato da uno dei genitori. La scelta tra madre e padre è ancora oggetto di dibattito, ma è stato descritto un miglioramento nella sopravvivenza, grazie a una riduzione dell’incidenza di recidiva e della NRM, in caso di madre donatrice, suggerendo che il graft materno eserciti la propria alloreattività prevalentemente nei confronti della neoplasia, senza incremento dell’incidenza di GvHD(26). Tale fenomeno 1. Aspetti Generali

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